Sul pittore di Tuglie influiscono dunque, da un lato, la lezione di Moro, di Arturo Tosi, del postimpressionismo e del tonalismo lombardo, dall’altro quella di Ciardo, del suo espressionismo. del “suo modo di dipingere a pennellate vigorose e piene, a virgola, quasi di tipo vangoghiano”[3]. Il rapporto con Ciardo, sempre “improntato a viva cordalità” e “non solo produttivo sul piano artistico ma anche su quello dell’esperienza umana”[4] è stato accuratamente ricostruito di recente da Luigi Scorrano, anche attraverso le lettere che il maestro inviò al suo discepolo. Fu proprio Ciardo, in occasione della mostra personale di Sponziello, tenutasi al Circolo Cittadino di Lecce dal 6 al 21 marzo del 1947, a presentarlo in catalogo con uno scritto nel quale, dopo aver rievocato il momento in cui lo aveva conosciuto, metteva in rilievo la capacità del giovane artista di cogliere nelle sue opere “l’essenziale” del paesaggio pugliese, “sia nel senso formale, che in quello poetico”.
Non sempre ― continuava Ciardo ― si avverte nelle sue opere la saldatura dei due obiettivi, anzi spesso il sentimento va più lontano di quanto non lo consenta il mezzo tecnico. Ma è notevole in ogni lavoro ― e questa esposizione ne è buona testimonianza ― l’impegno di realizzare con chiarezza discorsiva il proprio mondo, un po’ trasognato e malinconico [5].
Pubblicò una recensione di quella mostra, sul settimanale leccese “Libera Voce”, il pittore Lino Paolo Suppressa, il quale, dimostrando anche in questa occasione il suo notevole acume critico, collocava giustamente la produzione artistica di Sponziello “nell’ambito di una esperienza impressionistica lombarda quasi perfettamente individualizzata”,
Resta ad ogni modo ― precisava Suppressa ― all’indagine critica un che di primitivo, di semplice ed intima disposizione creativa che conserva pur attraverso quegli elementi che gli si offrono apertamente. Ciardo […] crediamo sia quello che abbia potuto suggerirgli il sentimento poetico, dolce, soffuso di malinconia che ha il nostro paesaggio nel suo aspetto esteriore[6].
E concludeva la nota sostenendo che “Sponziello è certamente un pittore di talento”, anche se “ancora allo stato di ricerca, di individuazione del proprio mondo”[7].
Quello con Suppressa è stato un altro sodalizio importante per Sponziello, soprattutto nella prima fase della sua attività artistica. Lo testimoniano le numerose lettere inviategli dall’amico, messeci gentilmente a disposizione dal pittore. Le prime, che risalgono all’agosto del 1947, cioè qualche mese dopo la personale d’esordio, accennano a una visita compiuta da Suppressa a Sponziello nella sua abitazione di Sannicola e rispecchiano l’atmosfera di trepido entusiasmo in cui vivevano allora i due giovani artisti. In quella ciel 22 agosto ’47, ad esempio, facendo riferimento a una immagine di Sponziello che lo aveva particolarmente colpito, riguardante il temporale che “a S. Nicola ringhia e abbaia come un cane senza mordere e tenuto al guinzaglio” (lettera del 18-8-’47), così il pittore leccese scrive a un certo punto:
Se ringhiasse il cane tieni ben stretta la catena: non lasciartelo sfuggire. Se poi ti porterai scalzo ai piedi dell’ulivo, sacro quanto quello di Getsemani, abbraccialo da parte mia. quasi fosse creatura umana; volgiti poi all’orizzontc e grida forte la nostra fede nella pittura.
Nelle lettere degli anni successivi i due amici si scambiano informazioni relative a mostre e a manifestazioni alle quali partecipare o da seguire. In quella del 16 aprile 1952, ad esempio, Suppressa chiede a Sponziello, che s’era recato a Milano, ragguagli su un’importante mostra di Van Gogh:
Bene! t’invidio, invidio i tuoi periodici viaggi nel nord. Hai visto la mostra di Vincent? il grande Vincent: credo che dovesse contenere pezzi importanti, mi sarebbe proprio piaciuto ammirare il “caffè di notte” e i paesaggi.
E più avanti, quasi confessandosi:
Sto lavorando; lavoro; e come possiamo farne a meno? Magari! si vivrebbe più tranquilli. Ma sono sempre tanto scontento e sempre incerto: non so nemmeno io che cosa m’accade per stabilire l’equilibrio.
Quando nel 1953 Sponziel1o si trasferisce definitivamente nel capoluogo lombardo, il pittore leccese rievoca con un certo rimpianto il periodo passato insieme:
Quanto mi ha fatto piacere sentirti a Monza a insegnare: tu sei tanto buono e anche bravo che avrai sempre fortuna! È per me un dispiacere saperti lontano … irraggiungibile; perché la schiera dei miei veri amici si è tanto assottigliata da non vederne più ? [lettera del 4 dicembre 1953].
In una lettera del 27 maggio 1956 Suppressa informa invece l’amico di una mostra di Ciardo tenutasi a Lecce, rivelando ancora apertamente certi aspetti del suo lavoro, di notevole interesse anche ai fini della ricostruzione della sua vicenda artistica[8]:
Come sai il Maestro tenne una mostra personale a Lecce (andò tutto, ti dico tutto a ruba) e io potetti informarmi e confermarmi compiutamente sulla sua elevata opera. Non mi è stato difficile quindi (certo le mie doti critiche sono modeste) vedere dentro la sua opera e scriverne come ho potuto. Sono stato compensato dal fatto che il Maestro l’ha gradito e l’ha trovato azzeccato. Sono contento che il tuo lavoro proceda bene e felice di sentire che la tua opera viene apprezzata. Io pure in questi ultimi tempi credo di aver fatto un lavoro conclusivo (ho disegnato moltissimo; il disegno per me è tutto; ho disegnato tanto e ti dico anche bene, ora mi resta di realizzare con il colore quello che so fare con il disegno) e mi auguro che mi convinca: che il mio lavoro convinca me. Solo poche volte ho potuto credere di avere raggiunto qualcosa ma poi l’inquietudine mi ha ripreso e sono tornato più scontento e indeciso di prima. Forse, accidenti! non avrei dovuto leggere troppo, informarmi troppo. È per questo che la lezione di Cìardo intesa come coerenza, serenità, tenacia, volontà creativa mi sta giovando. Chissà che non capisca pure io che bisogna aver fiducia e credere nel miglioramento del proprio lavoro. Ho quindi tanto da lavorare, ma se riesco a trovare la chiave di quello che ho chiuso dentro, allora … Per questo anno limito la mia partecipazione a mostre solo a quelle di Bari e Francavilla; ma se il lavoro va bene e riuscirò a dipingere con la disinvoltura e persuasione con la quale disegno mi muoverò lesto e come se avessi le ali.
In un’altra ancora, risalente al giugno 1958, descrive a Sponziello, un po’ polemicamente, l’ambiente artistico leccese, esprimendo giudizi piuttosto severi sui pittori più giovani:
Tu adesso vorresti sapere notizie artistiche di quaggiù, di Lecce. Ahimé! non posso dartene di buone. A Lecce non c’è un gruppo di artisti, un circolo culturale, una équipe di individui aventi interessi comuni. Sono rimasto solo a battermi. C’è una pletora di giovincelli unicamente smaniosi di mostrarsi e di farsi aprire le mostre da Eccellenze, Prefetti, Senatori e onorevoli. Ma, a mio modesto parere, neppure uno che dia affidamento. Noi oramai (non siamo più tanto giovani) possiamo pure esprimere qualche giudizio: oltrecché la passione per la pittura. c’è l’esperienza dell’età.
Negli anni successivi i due pittori continuano a restare in contatto, anche se diminuiscono sempre più le occasioni di incontro, limitate di solito ai mesi estivi.
Dopo la prima personale leccese del ’47, intanto, Sponziello prosegue la sua attività partecipando a mostre di importanza nazionale e conseguendo lusinghieri riconoscimenti che lo mettono in luce come uno dei più validi pittori della regione. Non a caso Vittorio Bodini, nel 1950, tracciando un panorama delle arti e delle lettere pugliesi, lo cita come uno dei migliori paesaggisti pugliesi: “Due paesaggisti delicati ha la provincia, verso il Capo di Leuca: sono Cosimo Sponziello, un discepolo di Ciardo, con un suo esile filo di poesia, e Luigi Gabrieli[9]…”.
Il primo successo lo coglie a Gravina, dove nel ’48 ottiene il secondo premio nel Concorso regionale di pittura “Pomarici Santomasi”. Era quasi la premessa a quel prestigioso Premio per il Paesaggio pugliese che conquista alla prima edizione della Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” nel 1951, ex aequo con Vito Stifano. C’è da notare che in quella stessa manifestazione, che doveva valorizzare tanti artisti salentini. al sodale e coetaneo L. P. Suppressa viene attribuito il Premio Primavera, ex aequo con Rosa Gusmai. Quello stesso anno Sponziello ottiene il Premio acquisto del Ministero della Pubblica Istruzione alla IV Mostra nazionale “Golfo della Spezia”, ex aequo con Gino Gorza. Un altro importante riconoscimento arriva nel 1952: una sua opera, Paesaggio pugliese, esposta alla V[ Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, viene acquistata dal Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi. Sempre nel ’52 partecipa, con due paesaggi, alla seconda edizione del “Maggio di Bari”, manifestazione alla quale sarà presente ancora nel 1953-’54-’58-’59-’60. Sponziello fa parte ormai stabilmente del drappello di punta dei pittori salentini, che in quegli anni spiccavano nel più ampio contesto artistico meridionale, tenendosi fedeli, come ebbe a scrivere Vittorio Pagano proprio in occasione del secondo “Maggio” barese, “al colore ed al senso della nostra terra, al calore e al fremito della nostra anima”[10].
Anche il 1953, per Sponziello, è un anno molto fitto di partecipazioni a rassegne a carattere nazionale. Per invito partecipa, a Roma, alla memorabile mostra “L’arte nella vita del Mezzogiorno d’Italia”, che serve a fare il punto sulla ripresa delle arti nel Sud. Di quella mostra ci resta una foto di rilevante interesse storico-documentario, che ritrae Sponziello in mezzo ad alcuni dei maggiori rappresentanti della cultura artistica e letteraria meridionale, riunitisi a festeggiare l’avvenimento in una trattoria romana: scrittori come Rocco Scotellaro, Vittorio Bodini, Vittore Fiore, pittori come Nino Della Notte, Pasquale Morino, Roberto De Robertis, Mario Palumbo , scultori come Aldo Calò, Guido Gremigni e ancora Carlo Levi. Linuccia Saba. ecc. Sempre nel ’53 viene ammesso, in seguito a una selezione, alla “Biennale Nazionale d’Arte della città di Milano” organizzata dalla Permanente, una grande esposizione di pittura e scultura, con la quale si riprendeva il ciclo interrotto dalla guerra e alla quale Sponziello partecipa anche in successive edizioni (’55, ’57, ’59, ’61, ’63, ’67).
Quello stesso anno il pittore salentino si trasferisce a Milano. avendo accettato l’insegnamento di “figura disegnata” nel Liceo Artistico di Monza. Ha così inizio la seconda fase della sua attività, che dura fino al 1989, anno in cui, raggiunta l’età pensionabile, decide di ritornare nella terra natia, fissando la sua residenza a San Simone, una frazione di Sannicola. In tutti questi anni Sponziello vive nel capoluogo lombardo, dove ha insegnato anche, nel 1960-’61, presso la Scuola Superiore d’Arte applicata all’industria del Castello Sforzesco e poi, dal 1961, presso la Scuola Superiore degli Artefici e presso la Scuola Libera del Nudo dell’Accademia di Brera, dove è stato titolare della cattedra del Nudo. È questo un ambiente assai fervido e stimolante per il pittore, che da allora prende parte costantemente alle manifestazioni organizzate dalle principali associazioni artistiche milanesi (la “Famiglia artistica milanese”, la Società “Artisti e Patriottica”, la “Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente”), e ha modo di conoscere e frequentare numerosi esponenti di primo piano dell’arte italiana: da Carrà a Tosi, da Umberto Lilloni a Pio Semeghini, da Domenico Cantatore a Gian Filippo Usellini, da Contardo Barbieri a Ernesto Treccani, da Tito Varisco ad Andrea Cascella. Ma in questo periodo viene in contatto anche con scrittori e giornalisti come Dino Buzzati, Raffaele De Grada, Leonardo Borgese, ecc.
Intanto, insieme con le sempre più frequenti apparizioni delle sue opere, si va sviluppando anche un discorso critico su Sponziello. Oronzo Valentini, ad esempio, giù nel 1951, in un articolo sulla “Gazzetta del Mezzogiorno”, dedicato al primo “Maggio” di Bari, individuava subito la discendenza da Ciardo, ma riconosceva anche che “su siffatte basi egli ha innestato una sua fresca facoltà di interpretazione e di resa pittorica”[11]. Successivamente Valentini è ritornato anche altre volte su Sponziello, cadendo spesso in palese contraddizione, come quando auspicava una “liberazione” dagli influssi ciardiani, per poi rimpiangere la sua pittura, quando “questa si manteneva, in certi limiti, sulle orme del maestro”[12].
Anche altri critici (G, Sciortino, L. Bertacchini, C. Barbieri) hanno messo in luce, un po’ genericamente, questa discendenza da Ciardo. Per avere qualche nota critica più acuta, bisogna aspettare la mostra personale del 1955, che Sponziello tiene alla galleria “Le Grazie” di Milano insieme con un altro pittore, Romano Conversano. Mario Lepore notava ad esempio, in quell’occasione, che Sponziello “nella sua pittura innesta felicemente un fondo di postimpressionismo e di tonalismo lombardo, una sensualità e una vibratilità cromatica meridionale”[13]. Anche Mario Portalupi osservava che il pittore salentino era partito dal postimpressionismo lombardo, che aveva congiunto “con un misto di istinto meridionale […] per cui il colore fluisce largheggiante e sontuoso, tuttora intarsiato da pennellate sovrapposte che fanno vibrare la pittura, la rafforzano, la illuminano, stimolandola e liberandola”[14].
Nel 1956 Sponziello partecipa alla Vll Quadriennale d’Arte di Roma “con un bel quadro di Fiori, resi con forte plasticità”[15], e lo stesso anno, a Lecce, alla Mostra di pittura e scultura salentina, che radunava i migliori artisti di Terra d’Otranto, con un’opera che così fece scrivere a Gustavo D’Arpe: “Vinto il destino formale dei suoi fiori, Sponziello ci consegna una tonale emozione calibrata in un sapiente cromatismo”[16].
Nel 1958, in occasione dell’ottava edizione del “Maggio” barese, O. Valentini, riferendosi a Campagna salentina di Sponziello, ivi esposta, faceva rilevare il deciso passaggio “a una tavolozza in cui prevalgono, con una promettente registrazione di toni, i grigi”[17]. In quell’opera Franco Sossi, dal canto suo, notava “una salda ricchezza compositiva”[18]. Lo stesso anno Sponziello conquista il secondo premio alla mostra di pittura “Dalmine” con il quadro Fiume lombardo, giudicato da Augusto Belloni “un pezzo di squisita sensibilità, vivace, luminoso, equilibrato, composto con acuta finezza”[19].
Continuano intanto le personali. Nel 1961 ecco una nuova mostra a Verona, nella galleria Ghelfi, dove Sponziello espone venticinque dipinti ispirati in prevalenza a paesaggi lombardi e, in particolare, gardesani. Le tessere, le tacche di colore, le piccole campiture diventano in queste opere la sigla stilistica con cui il pittore salentino compone “i suoi incantati paesaggi a mosaico, dove il motivo naturalistico appare come rievocato in un contrappunto vibrante di toni fondi e luminosi, ricomposti dalla memoria in una sorta di penombra, densa di verdi, grigi, azzurri preziosi”[20]. Su “II Gazzettino” di Venezia così Carlo Segala descriveva i soggetti delle opere, cogliendone però anche le caratteristiche formali:
Paesaggi d’aperta campagna, laghi, costruzioni, case viste attraverso una trama sottile di verdi e di impareggiabili grigi, prati e boschi, ove il modulo costruttivo che sta alla base dell’opera è ripetuto ed esaltato in serie di fondi e di finestre scure che hanno il ruolo di suscitare idee, sentori d’ombra… [21]
Ancora un’altra personale, nel 1966, alla “Galleria della Torre” di Bergamo con una quarantina di dipinti, tra cui paesaggi, che ritraevano angoli delle Cinque Terre, marine, fiori, oltre a due autoritratti di diverse epoche. Due recensori della mostra, in quell’occasione, mettevano in relazione, molto acutamente, le opere di Sponziello con l’arte musicale. Angelo Geddo così scriveva, ad esempio, sul “Giornale di Bergamo”:
In termini poetici. Sponziello raccomanda le forme aperte, e vi intercala cesure di piacevole effetto; in termini musicali, le stesse cesure corrispondono a sospensioni della linea melodica, suggerite dalla natura della melodia. Ha, insomma, il pregio di non stancare, quantunque non tema di ripetersi, e di correre sul binario di una quasi monocromia. Verrebbe voglia di cercare dei rossi cupi, dei gialli intensi, forse anche dei neri pesanti. Nessuna concessione alla veemenza: tutto accordato ed equilibrato in una eccezionale unità di stile[22].
Anche Umberto Ronchi su “l’Eco di Bergamo” notava che
La pittura di Cosimo Sponziello, osservata e pensata nei suoi valori musicali e poetici, tende più alla sinfonia per l’armonizzazione degli accordi, che non alla trascinante esplosione lirica. E una pittura fatta di delicatezze raffinate, in cui si avverte una poetica fatta di sogni, di visioni appena intraviste attraverso velature e trasparenze che danno alla realtà di una figura, di una marina, di un paesaggio, di un fiore una misticità ed una lievità squisitamente musicali e tutto ciò nell’insistere di un tono e di una nota cromatica elegantemente giuocata sui grigi, ora perlacei, ora plumbei, ora serici, ora appena rotti da folgorazioni di sole o da bagliori temporaleschi[23].
Negli anni seguenti Sponziello ha proseguito la sua attività, conseguendo importanti riconoscimenti. Ne ricordiamo soltanto qualcuno: premio Comune di Castelleone (1960), 1° premio “Valli Bergamasche” (Milano, 1962), medaglia d’oro “Colori della Lunigiana” (Sarzana, 1964), 1° premio al “Premio Menaggio” di pittura (1965), medaglia d’oro del Comune di Milano alla Mostra nazionale “Il nostro Po” (1969). Numerose sono state anche le sue partecipazioni a collettive e manifestazioni di rilievo, quali i Premi Suzzara (1960, ’61) e Campione d’Italia (1961, ’64), la Mostra d’arte sacra “Angelicum” di Milano e la Biennale di Verona (1963), i Premi di pittura “Il nostro Po” (1969, ’71, ’73). Sono proseguite anche le personali a Legnano, Galleria “La Cornice” (1974), a Milano, Galleria Borromeo (1976) e a Tuglie, presso l’Aula Consiliare (1983), una mostra organizzata in suo onore dal Comune di nascita, dove presentò una piccola antologica, con opere dal 1951 all’82.
Nel 1982, quasi alla conclusione della lunga permanenza lombarda, Sponziello ha tenuto una personale presso la Galleria Carini di Milano, interamente dedicata a paesaggi della propria terra. La mostra, intitolata significativamente Il mio Salento, era presentata in catalogo da Raffaele De Grada, il quale così sintetizzava alla fine il suo giudizio sul pittore:
Per mio conto io vedo i paesaggi e le nature morte di Sponziello come un nostalgico ripensamento della stagione felice del postimpressionismo, un’idea del passato, quando le spiagge erano libere, dilatate in profonde lontananze, inserita in una dolce ma rassegnata coscienza del presente sempre ispirato dalle sue fonti primarie del Salento. Io mi ricordo di quando la faccia chiara e bonaria di Vincenzo Ciardo si animava nella descrizione degli uliveti, dei muretti bassi, delle pietre raccolte in cippi, del celeste degli ulivi e del rossiccio delle terre del suo Salento. Ebbene, quando vedo i dipinti di Sponziello ho l’impressione che egli abbia concentrato la lezione del suo Maestro adornandola di un velo che il tempo distende dilatando nella memoria le cose viste e godute verso un avvenire di pace e di ascolto. Vorrei definire Sponziello come un romantico del postimpressionismo vibrante di Ciardo, del fauvismo delicato, signorile di Gino Moro, il terzo in cotanto senno[24].
L’ultima apparizione del pittore salentino risale all’estate del 1991, allorché nei locali della Biblioteca comunale di Tuglie, dall’8 al 23 agosto, ha tenuto una limitata ma preziosa esposizione di opere recenti: una ventina tra paesaggi, fiori e ritratti, riproposti spesso con lievissime “variazioni”, che seguono la linea di ritmi sempre più interiorizzati, sganciati quasi completamente dalla realtà esterna. Il soggetto, infatti, è ormai poco più di un pretesto per una raffinata ricerca del colore, del colore-luce che scaturisce dall’interno dei dipinti, i quali, sotto un’apparente monocromia, rivelano invece una sorprendente ricchezza di toni, di impasti, di materia. Anche i paesaggi salentini, privati del tutto degli elementi accessori, decorativi, descrittivi, si sono come smaterializzati e sono diventati ormai puri luoghi mentali, paesaggi dell’anima, evocati da Sponziello ogni volta con intensa, irripetibile emozione.
[in «Sudpuglia», 3, settembre 1992,
pp. 127-138: poi in A. L. Giannone, Modernità
del Salento, Galatina, Congedo, 2009]
[1] Su questo particolare momento della cultura salentina si rinvia a D. VALLI, Cento anni di vita letteraria nel Salento (/860-1960), Lecce, Milella, 1985, pp. 92-131 e A. L. GIANNONE, Nino Della Notte e il rinnovamento artistico e letterario in Puglia negli anni Cinquanta, in La “permanenza” della poesia. Studi di letteratura meridionale tra Otto e Novecento, Cavallino di Lecce, Capone, 1989, pp. 97-104.
[2] C., Il ruolo di una scatola d’acquerelli nella vita del pittore Cosimo Sponziello, in “Il Gazzettino”, 26 maggio 1961
[3] G. GOZZI, Intervista a C. Sponziello, in “La Cucina Italiana”, luglio 1969, p. 868.
[4] L. SCORRANO, Cosimo Sponziello salentino a Milano, in “Nuovi Orientamenti Oggi”, a. XIX, 1988, n. 106-111, pp. 45-62.
[5] V. CIARDO, Cosimo Sponziello, presentazione scritta per la mostra personale del pittore, Circolo Cittadino di Lecce, 6-21 marzo 1947.
[6] L. P. SUPPRESSA, Il pittore Cosimo Sponziello al Circolo Cittadino, in “Libera Voce”, 14 marzo 1947.
[7] Ibid.
[8] Sul pittore leccese cfr. il catalogo della mostra Lino Paolo Suppressa. Quarant’anni di pittura, a cura di M. Venturoli, Milano, Electa, 1990.
[9] V. BODINI, Lettera pugliese. in Panorama dell’arte italiana, a cura di M. Valsecchi e U. Apollonio, Torino, Lattes, 1951, p. 170.
[10] P[agano], I pittori leccesi in rassegna a Bari, in “Paese Sera”, 8 giugno 1952
[11] O. VALENTINI, Conclusioni sulla mostra di pittura, in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 1 giugno 1951.
[12] VAL., Note d’arte. Pittori e scultori salentini nella Mostra al Castello Svevo, ivi, 25 dicembre 1954.
[13] M. LEPORE, Taccuino delle mostre d’arte, in “Corriere d’Informazione”, 19 maggio 1955.
[14] M. P., Rassegna delle mostre d’arte. Terra pugliese e Spagna trogloditica, in “La Notte”, 17-18 maggio 1955.
[15] L. FLAURET, Il contributo del Sud all’arte. Artisti pugliesi alla Quadriennale, in “Corriere del Giorno”, 16 marzo 1956.
[16] G. D’ARPE, Fra mostre e circoli di Lecce. Alla piccola Montmartre “fauves” e postimpressionisti, in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 10 gennaio 1956.
[17] O. VALENTINI, Le pericolose indulgenze e i sacrificati dell’8° Mostra di Pittura del “Maggio”, ivi, 1 giugno 1958.
[18] F. SOSSI, Il Maggio di Bari all’VIII edizione, in “Voce del Sud”, 24 maggio 1958.
[19] A. BELLONI, 1/ Premio Dalmine di Pittura 1958, in “Conversazioni”, luglio 1958.
[20] G. L. VER., Tre personali. Sponziello – Ciocci – Dragutescu, in “Il Giornale di Vicenza”, 26 maggio 1961.
[21] C. SEGALA, Cosimo Sponziello alla Galleria Ghelfi, in “Il Gazzettino”, 27 maggio 1961.
[22] A. GEDDO, L’arte a Bergamo. Cosimo Sponziello alla Torre, in “Giornale di Bergamo”, 18 aprile 1966.
[23] U. R., La “personale” di C. Sponziello alla Galleria della Torre, in “L’Eco di Bergamo”, 20 aprile 1966.
[24] R. DE GRADA, Presentazione alla mostra di C. Sponziello, 1/ mio Salento, Galleria Carini, Milano, 5-24 febbraio 1987.