La clonazione artificiale di mammiferi è stata ottenuta 25 anni fa con la nascita della pecora Dolly. All’ovulo di una pecora si è asportato il nucleo, contenente metà delle informazioni necessarie per produrre un nuovo individuo. Gli ovuli, infatti, contengono metà del corredo cromosomico e di solito non possono dare origine a nuovi individui se non interviene uno spermatozoo a fornire il resto del corredo. Per avere Dolly, invece, si è presa una cellula con tutto il corredo genetico e le si è tolto il nucleo, impiantandolo nella cellula uovo denucleata. L’unione tra il corredo femminile e quello maschile, in questo caso, ha avuto luogo al momento della fecondazione dell’individuo che ha donato il nucleo alla cellula uovo denucleata. A questo punto la cellula uovo con il nucleo di un’altra cellula, prelevata da un individuo adulto le cui caratteristiche devono essere mantenute invariate, viene impiantata nell’utero di una pecora (un utero in affitto) dove ha luogo la gestazione. Dolly ha avuto tre madri: quella che ha prodotto l’ovulo denucleato, quella che ha donato il nucleo, e quella che l’ha partorita. Suo padre è il padre della pecora a cui si è prelevata la cellula il cui nucleo è stato impiantato nella cellula uovo.
Il processo non è facilissimo, nei mammiferi, e la nascita di Dolly ha fatto scalpore.
Dolly, comunque, andò incontro a senescenza precoce e acquisì in breve tempo l’età biologica della pecora donatrice di nucleo.
Un nucleo “vecchio” inserito in una cellula “nuova” porta a un individuo apparentemente giovane ma con una vita più breve. Un po’ come mettere un motore con duecentomila chilometri in una carrozzeria bella nuova.
La riproduzione sessuale è un miracolo della natura perché permette la variabilità su cui si fonda l’evoluzione per selezione naturale ma, prima di tutto, perché permette di avere individui giovani a partire da individui vecchi. Se si salta questo passaggio si propagano individui vecchi, e tutti uguali tra loro.
Eliminare la variabilità, per conservare caratteristiche a noi favorevoli, espone le specie allevate o coltivate a serissimi rischi. Individui identici non esprimono la variabilità genetica con cui l’evoluzione “risolve” problemi generati, ad esempio, da patogeni. Se i milioni di olivi del Salento sono il prodotto di clonazione, l’arrivo di un batterio virulento (come Xylella) può sterminarli tutti. Con la variabilità il batterio diventerebbe l’agente selettivo che favorisce gli assetti genetici che non soffrono dei suoi attacchi.
La clonazione è una grande conquista scientifica, ma le considerazioni di Darwin sono attuali più che mai. Plasmare le specie per soddisfare i nostri desideri, alla lunga, produce individui di bassa qualità. Finché tutto va bene abbiamo grandi vantaggi, ma sappiamo che non è conveniente investire risorse in un solo tipo di azioni. Con la clonazione facciamo proprio questo. Come spesso avviene i grandi vantaggi nel breve termine si possono pagare cari nel medio e lungo termine.
[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online del 22 febbraio 2022]