Ma, come dicevo poco fa, questo libro è in parte anche una storia autobiografica in quanto l’autrice entra a far parte della vicenda negli ultimi tredici anni di vita di Antonietta Pesenti Treves, a partire dal primo incontro avvenuto nel 1966, come lei stessa racconta, con doti autentiche di narratrice, nel seguente brano:
Un giorno, alla Civica, mi colpì una signora anziana, dall’abbigliamento démodé, con un berrettino da ciclista a scacchi bianchi e blu, uno stiffelius grigio scuto fino alle caviglie, calzature di velluto a piccole coste. Nel volto, solcato da rughe sottili, due occhietti miopi. La studiosa, accompagnata da un gentiluomo fin de siècle, consultava documenti rari, volumi annosi, giornali impolverati, prendeva appunti. Più che ottuagenaria, a prima vista, pareva una dama decaduta costretta a guadagnarsi da vivere. Poi, un bel giorno, d’improvviso, mostrò di avere il mio stesso interesse per il “Crepuscolo”, il periodico redatto da Carlo Tenca nel decennio 1850-1859. Da allora incominciammo a impegnarci a chi arrivava prima in biblioteca per consultare quell’opera e ci guardavamo in tralice. Ma una mattina di febbraio, particolarmente rigida, io, che ero sul punto di tornare nella mia Puglia solatia anche in pieno inverno, invitai la signora “innominata” a prendere un tè al Caffè Alemagna in via Manzoni. E lì, reciprocamente incuriosite e divertite, cominciammo a conversare amabilmente. Ma tentai invano di pagare il conto. L’altra vantò un diritto di priorità. Era tanto più anziana di me. E sorrise, battendo le ciglia con un’espressione enigmatica.
Intuimmo che quell’incontro non sarebbe stato l’ultimo. Iniziò infatti un sodalizio, destinato a durare nel tempo. Lei, però, da principio pareva poco propensa a parlare di sé (p. 14).
Ecco, da questo primo incontro nasce un’amicizia destinata a durare fino alla morte di Antonietta e che ora Lina Iannuzzi ha sentito il bisogno di rievocare insieme alla ricostruzione della biografia di questa donna, che è rimasta a lungo una figura poco nota. Infatti solo di recente è stato possibile saperne di più grazie alla pubblicazione del carteggio intercorso tra lei e d’Annunzio, pubblicato dalla Casa editrice Ianieri nel 2005 a cura di Franco Di Tizio e di quello tra il poeta e i Treves curato da Gianni Oliva. L’autrice del libro si serve dunque abbondantemente di questi carteggi ma anche di lettere inviate alla donna da altri personaggi, nonché di quelle della Treves spedite a lei stessa, oltre che di altri documenti, articoli, ecc.
Vediamo allora di ripercorrere anche noi le tappe principali della sua vita seguendo la ricostruzione che ne fa l’autrice. Antonietta Pesenti nasce a Milano il 12 febbraio 1882, figlia primogenita di un colonnello e di una contessa. Ha tre fratelli, uno dei quali diventerà potestà di Milano, e una sorella che muore in giovane età. Ma Lina Iannuzzi non si sofferma sul primo periodo della sua vita. Il suo racconto parte dal matrimonio della donna con Guido Treves avvenuto il primo luglio 1909. Testimone delle nozze per parte dello sposo fu d’Annunzio. Da qui il soprannome di “Comarella” datole dallo scrittore che nelle lettere la chiamava anche con altri nomignoli da lui inventati come Suor Dolcina, Antho, Nietta.
Di ritorno dal viaggio di nozze, gli sposi danno vita a un salotto letterario nella loro bella casa milanese di via San Damiano, del quale fanno parte scrittori, musicisti, artisti, giornalisti, attori e attrici famosi. Nel dicembre 1924 i due si trasferiscono in una casa nuova, sita in via Leopardi 24. Intanto continua il rapporto di amicizia con d’Annunzio il quale nelle sue lettere si rivolge a lei per alcune commissioni (profumi, stoffe), ma anche per informarla della sua attività letteraria. In particolare, ci troviamo di fronte qui all’ultimo periodo della carriera dannunziana e infatti le opere più frequentemente citate nelle lettere sono: Il Notturno, Le faville del maglio, La contemplazione della morte, Il venturiero senza ventura, Il compagno dagli occhi senza ciglio, Il libro segreto e altre ancora.
Nelle missive che i due si scambiano emergono però anche aspetti privati dei corrispondenti, come un sentimento di vera e propria venerazione e di forte attrazione da parte della donna, di cui l’autrice del libro riporta questa eloquente lettera che risale al 9 dicembre 1922:
Caro Compagno,
se sapeste quanta gioia avrei avuto di venirvi a dare il mio saluto di Mussulmana fedele – non rifedele! Dall’ultima volta che vi ho lasciato conservo un desiderio insistente di passare con voi solo qualche ora e dirvi così tante cose nate e vissute nella mia anima, come una fiamma viva che non si estingue mai!
Tante volte rimpiango, anzi soffro di non avervi rivelato il mio segreto. Ma lo avrete perché forse siete l’unico che ha capito tutto il mio bene ed il mio male. Sento che verrò prestissimo da voi e che sarete guarito dalle mie mani forse troppo sincere nel groviglio di questa vita così strana, così terribile quando si deve tacere e fingere delle banalità. Ho avuto e avrò sempre un affetto unico per voi che considero come un mio piccolo Dio segreto. Vi ho per questo inviato l’incenso e gli aromi come dimostrazione quasi sovrumana. Sono folle della vostra anima così bella, così vicina alla mia, così immensa in tutte le sue creazioni. Sono folle di questo luogo che mi parla di voi, solo di voi.
Distruggete (p. 35).
Tra il 1921 e il ’25 si colloca pure la problematica vicenda della pubblicazione dell’Opera Omnia con la Casa editrice Treves, con cui d’Annunzio concluse un contratto che viene rescisso nel 1925. L’Opera Omnia venne poi pubblicata, com’è noto, da Mondadori e anche di questo ci sono riferimenti nelle lettere.
Intanto il 13 maggio 1932 Guido Treves, che era in precarie condizioni di salute, muore e lo scrittore invia ad Antonietta una lunga lettera di condoglianze in cui – scrive Iannuzzi – “fece quasi una sorta di confessione venata di tristezza e carica di rimpianto” (p. 52). Con la morte di Guido termina un periodo della vita della donna che quello stesso anno si trasferisce in una piccola abitazione in piazza Cinque Giornate 4, dove rimase fino a quando in età avanzata si ritirò a Brivio sull’Adda nella casa avita dei parenti materni, i conti di Marsciano.
Anche questo però è un periodo intenso della vita di Antonietta che ricostruisce la Casa editrice Treves, diventata Treves-Treccani-Tumminelli, e nel 1933 dona la preziosa biblioteca del marito e un suo ritratto al Comune di Milano. Continua anche il rapporto epistolare con D’Annunzio, caratterizzato sempre da un profondo affetto reciproco e quasi complicità. La donna cerca infatti con le sue parole e la sua presenza di confortare il vecchio scrittore spesso preda della depressione. Nel 1936 gli fa conoscere una bella signora, Evelina Morasso Scapinelli, che diventa – scrive l’autrice – “gioia e tormento dell’ultimo d’Annunzio” (p. 81). Le lettere tra i due continuano fino al 1937, cioè fino quasi agli ultimi mesi di vita dello scrittore che si spense il 1° marzo 1938.
Qui si conclude il secondo periodo della vita di Antonietta. A questo punto la storia riprende sostanzialmente dal 1966, l’anno in cui la conosce l’autrice del libro. La quale, dopo essere entrata in contatto con lei a Milano, presso la Biblioteca civica, va a trovarla a Brivio dove è intenta a raccogliere materiale sull’attività editoriale di Emilio Treves ma anche ad aiutare Giovanni Titta Rosa a scrivere un libro su d’Annunzio a Milano. Di questo informa nelle sue lettere Lina Iannuzzi che in tal modo si rende conto della sua grande generosità evidente anche nell’aiuto offerto disinteressatamente a studenti e giovani studiosi, ai quali regalava libri, lettere e forniva informazioni e materiale utili per le loro ricerche. E la stessa Iannuzzi confessa di essere stata aiutata da lei nei suoi studi sul carteggio Tenca-Maffei e sul periodo milanese di Verga.
Spesso poi il frutto delle sue ricerche va a finire nelle mani di altri come in quelle di Piero Chiara, che dopo la morte di Titta Rosa riesce ad avere il materiale su d’Annunzio di cui si serve per stendere la nota biografia. Per quanto riguarda la monografia su Treves, invece, Antonietta trova l’estensore attraverso la mediazione di Marino Moretti, in un giovane scrittore, Massimo Grillandi e la casa editrice nella UTET. Grillandi all’inizio si dimostra riconoscente a Antonietta e gliene dà atto nelle lettere. Poi i rapporti si incrinano perché lo scrittore tarda nella stesura dell’opera che, prevista per il 1971, esce soltanto nel 1977.
Ma ormai siamo all’epilogo del libro di Lina Iannuzzi e della vita di Antonietta. La corrispondenza epistolare si dirada, anche se fino all’ultimo la donna continua a dedicarsi a ricerche bibliografiche per amici e sconosciuti. Negli ultimi anni regalò o vendette i libri residui della sua biblioteca e una parte di essi andò anche all’Università di Bari. Antonietta Treves muore “senza clamore. Secondo il suo desiderio” (p. 148), come scrive Lina Iannuzzi, il 2 ottobre 1978, alla bella età di 96 anni.
[Presentazione del vol. di L. Iannuzzi, D’Annunzio e la Comarella (Lecce, Auditorium del Museo Provinciale “S. Castromediano”, 6 maggio 2009); poi in «Apulia», a. XXXV, n. 4, dicembre 2009 e in A. L. Giannone, Scritture meridiane. Letteratura in Puglia nel Novecento e oltre, Lecce, Edizioni Grifo, 2020 ]