Dimenticare il superfluo per preservare l’essenziale

In quel bellissimo romanzo filosofico che si intitola Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, Robert M. Pirsig scrive: “Viviamo in un’epoca di sconvolgimenti, le vecchie forme di pensiero sono inadeguate alle nuove esperienze. Si dice che è soltanto quando si rimane bloccati che si impara veramente; allora, invece di ampliare i rami di quello che già si conosce, bisogna fermarsi e lasciarsi andare alla deriva finché non ci si imbatte in qualcosa che consenta di ampliare le radici”. 

Sempre più frequentemente si deve rinunciare alle convinzioni, alle certezze, alle concezioni del mondo, a volte anche con lo sgomento di non riuscire a comprendere il senso di una nuova idea, di un’altra verità. Sempre più frequentemente ci si ritrova a fare i conti con la caduta dei riferimenti, con il disorientamento nell’immensità incontrollabile del sapere. Ci si rende conto che occorre imparare a camminare accanto al dubbio, alla crisi, che diventa indispensabile prendere atto che le cose che si sapevano ieri, da ieri a oggi si sono trasformate, che l’intatta conservazione, la riproposta senza varianti, la categorizzazione definitiva, l’ordine prestabilito della conoscenza non sono possibili quasi mai, che alla conoscenza di qualcosa si può giungere soltanto passando per incognite, per infinite interrogazioni, per avventure, per prove, per ritorni e deviazioni, con tempi sempre differenti, con modi e strumenti che non sono mai identici.

Forse bisogna dimenticare molto per avere la possibilità di ricordare meglio quelli che sono i significati essenziali delle cose che ci riguardano e delle storie che attraversano il mondo. Forse bisogna ridurre quell’ingombro nella memoria che viene prodotto dalle valanghe di informazione che ogni giorno, ogni ora si abbattono su di noi e  ci travolgono. Rifiutare il superfluo, il superficiale, la forma che non ha sostanza. Concedere alla memoria il privilegio di rimuovere tutto quello che non è consistente, che non serve portare oltre la soglia del presente, che non può lievitare generando significati ulteriori, apprendimenti sempre nuovi o comunque costantemente rinnovati. Forse bisogna ricomporre i frammenti e restituire una compattezza al sapere, ripristinare la sua armonia o la bellezza della sua disarmonia. Forse bisogna recuperare la dimensione della profondità, il valore imprescindibile della riflessione.  Forse è dei significati che provengono dalla riflessione che abbiamo davvero necessità.  

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, domenica 13 febbraio 2022]

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