di Antonio Lucio Giannone
Il primo problema che pone questo libro (Le figlie di Federico. Cronache e racconti dal Medioevo, Nardò, Besa, 2004) è il genere a cui appartiene. Sicuramente non è un romanzo, ma non è nemmeno una raccolta di racconti. Come spiega il sottotitolo, si tratta di “cronache e racconti”, un genere un po’ ibrido, a metà strada tra l’invenzione narrativa e il resoconto giornalistico, ma anche la saggistica divulgativa. Per usare altri termini (più vicini all’attività dell’autore), potremmo dire tra fiction e documentario storico, un po’ alla maniera di quelli televisivi di Piero Angela. Ciononostante è un libro unitario proprio come un romanzo perché i cinque “pezzi”, i cinque testi qui riuniti (tre cronache e due “storie”) sono accomunati dalla presenza di un personaggio che sovrasta tutti gli altri, l’imperatore Federico II, a cui si fa riferimento anche nel titolo, e da un preciso avvenimento, la sua morte, avvenuta a Castel Fiorentino, presso Lucera, il 12 dicembre 1250.
La cronaca, infatti, prende l’avvio proprio dalle prime ore del giorno seguente la scomparsa dell’imperatore e termina il giorno dopo, allorché hanno inizio i preparativi per il funerale. Un breve, brevissimo arco di tempo dunque, durante il quale però si prende in esame un periodo molto più lungo e complesso, oltre mezzo secolo, che coincide con l’intera vita e poi, in particolare, con gli anni del dominio di Federico II. La narrazione è condotta in terza persona da un immaginario cronista perfettamente informato dei fatti, anche se spesso usa delle formule quasi di cautela, come “che noi si sappia” (p. 19) e “possiamo tentare solo delle ipotesi” (p. 19). Questo narratore è anche coinvolto negli avvenimenti che racconta: una volta afferma che le notizie gli sono state passate da Bertoldo, un valletto e consigliere dell’imperatore; un’altra volta scrive di aver “incontrato ieri appena giunti a Castel Fiorentino” Maryam, una figlia adottiva di Federico, e di aver saputo direttamente da lei tutta la sua storia; un’altra volta ancora sostiene di aver notato nel palazzo imperiale una giovane donna, che poi si rivela essere Violante, una delle figlie naturali dell’imperatore.
Attraverso quindi i resoconti di questo cronista, la descrizione che egli fa dei fatti immediatamente seguiti alla morte di Federico, incominciano ad emergere personaggi e storie grandi e piccole di quegli anni. Innanzitutto la figura dell’imperatore, che resta sempre il protagonista principale, ma anche altre figure, reali o d’invenzione, come, in primo luogo, le sue due figlie, o altre minori, come la figlia del capo dei musulmani di Sicilia (la prima figura femminile del libro), che preferisce uccidersi dopo aver lottato fino allo stremo delle forze, o ancora Michele e Livia, una coppia di giovani innamorati, il primo un valletto dell’imperatore e lei figlia di una coppia di fornai di Castel Fiorentino. Ma, più in generale, emerge anche la vita quotidiana delle popolazioni nelle terre di Federico e anche usanze, tradizioni tipiche di quegli anni.