Scrivere un diario

Ho detto in classe che il diario può avere effetti curativi. Poi ho fatto un sondaggio su chi tiene un diario e ho appurato che solo io mi sobbarco questa fatica. Lo studente mi ha chiesto: “Prof, parla anche di noi nel suo diario?”. Qualcuno ha aggiunto: “Magari un giorno il suo diario verrà pubblicato e noi saremo famosi…”. Ho risposto: “… se non decido prima di bruciarlo…!”. Sgomento! Ho avuto l’impressione che l’intera classe fosse lusingata di essere oggetto della mio diario.

Conviene tener fuori dal diario la maldicenza, l’irritazione momentanea o persistente contro qualcuno o qualcosa, ogni atteggiamento vittimistico o lamentevole. Il diario deve contenere una scrittura ascetica, essenziale, veridica.

Non ha un gran senso scrivere un diario solo per dire quel che si è fatto durante la giornata. Il diarista-ragioniere non fa per me. Quel che importa è l’idea risolutiva. Le idee infatti servono a risolvere, cioè a sciogliere i nodi della vita e a mantenersi liberi. Per questo occorre scrivere un diario.

Ripenso alla faccia meravigliata di una mia allieva che, vedendomi scrivere su di un quaderno in classe prima dell’inizio della lezione, mi dice: “Cosa fa, prof?”. Rispondo: “Scrivo il mio diario”. Dice “Davvero?”. Si è avviata verso il suo banco, voltandosi a destra e a sinistra per dirlo ai suoi compagni che mi hanno guardato straniti.

[“Il Galatino” anno XLVIII n. 18 del 13 novembre 2015, poi in Quel che posso dire, Edit Santoro, Galatina 2016, pp. 107-109]

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