La lanterna di Diogene e la lampada di Aladino. Filosofie film narrazioni 11. Totò e l’esistenzialismo. Schede di lettura

D’altro canto, è discutibile parlare di una filosofia di Totò se rimaniamo alle sceneggiature dei suoi film, perché non si presentano come testi di per sé con contenuti filosofici ed anche perché Totò non ne fu l’autore. Però, per filosofia qui pensiamo a qualcosa di molto meno strutturato e disciplinare. La accogliamo in una accezione amplissima: quella di un modo di concepire la vita e la morte, i valori correnti e la società, la cosiddetta civiltà e il gusto delle cose non artefatte… Insomma: una Weltanschauug mai “inerte”. Tutto ciò è nei film e negli scritti, nelle interviste di Totò. Potremmo trovare anche una critica anticipata del consumismo: “Caro Bongo, questa è la civiltà: hai tutto quello che non vuoi quando non ti serve” (Totòtarzan, 1950).

Nel testo di Fofi è riportato un immaginario dialogo tra Antonio De Curtis e la maschera- Totò. A questa Antonio de Curtis fa dire:

“Vedrai che il pubblico alla fine ci vorrà bene, perché gli faremo patire un sacco di piacere”. Disse proprio il verbo patire, quel buffone, ignorantissimo di filosofia come tutte le maschere, ma armatissimo di esperienze preziose, cioè a dire ricco di guai, di beffe subite, di appetito arretrato, esperienze che servono alla legge del contratto comico. In fondo senza la miseria e le disgrazie non esisterebbe Pulcinella[8].

Totò esprime un concetto che oggi la filosofia accetterebbe: “patire il piacere”. Nonostante questo, Totò è “ignorantissimo di filosofia, come tutte le maschere”, a detta di Antonio De Curtis. È pleonastico aggiungere che De Curtis non fu “filosofo” ma crediamo che una sua implicita, spontanea, immediata filosofia possa essere scoperta. Si può aggiungere che, per scoprire questa presunta filosofia, potremmo limitarci alle sue – di De Curtis – poesie, alle interviste, alle conversazioni depositate in vari libri, ma non dovremmo trascurare neanche i dialoghi dei suoi film, perché sicuramente Totò interveniva sui copioni e chi li scriveva lo faceva sapendo che dovevano incardinarsi in una figura, in una icona che si erano autocostruite. Inoltre l’attore, come è noto, spesso metteva da parte il copione e recitava spinto dall’estro del momento.

Totò si era progettato come una “macchietta” che, nell’immediato dopoguerra e anche nel periodo del cosiddetto boom italiano, non aveva paura a rappresentare la sporcizia morale, la miseria, la fame (“Dicono che l’appetito vien mangiando… Non è mica vero: l’appetito viene a star digiuno”; Totò al Giro d’Italia,1948; Totò e Cleopatra, 1963), l’indigenza, la prepotenza del potere e della politica (“I ministri passano, gli uomini restano”; Totò, Peppino e… la dolce vita, 1961).

Possiamo trovare una filosofia popolare, elementare che non sfugge i temi cruciali come l’amore, la vita e, soprattutto, la morte:

La morte è un fatto inevitabile e averne paura è da fessi. Io, appena ho guadagnato un po’ di soldi, ho comprato una cappella al cimitero di Napoli per andarci ad abitare quando non ci sarò più, speriamo il più tardi possibile. È già pronta con tanta di lapide, busto di bronzo, nome e data di nascita. C’è da riempire solo uno spazio in bianco, per segnare il giorno della mia morte. Ho pensato a tutto[9].

Basterebbe la poesia sulla “livella” per darci il senso che ha per Totò la morte vissuta non solo come ultima linea rerum, ma anche come evento finale che rende tutti eguali. Così egli ha affrontato, a neanche settant’anni, il passaggio che attende tutti, dicendo ai medici, la notte della morte: “Adesso basta, lasciatemi morire”. La morte, come talvolta avviene, lo ha reso un piccolo mito ed un personaggio su cui ci si interroga non solo dal punto di vista della critica cinematografica o teatrale, ma anche dal punto di vista estetico, sociologico, culturale.

2. Totò e l’esistenzialismo sartriano

Volendo essere più precisi sul rapporto con la filosofia, non va dimenticato che Totò ha irriso anche una certa “filosofia di maniera” e di moda. Pensiamo all’esistenzialismo su cui ironizzò in modo feroce nel periodo della massima notorietà della filosofia di Sartre, delle caves parigine, di Juliette Greco che ne era diventata la musa in nero.

Già nel ’48 in Fifa e arena, avevamo trovato una irrisione di quella filosofia: “Sei fatalista, pessimista o esistenzialista? Totò: Ma veramente… io sono farmacista…”. Sembrava voler dire che sull’esistenza non si può fare filosofia né una filosofia che paia voler giocare con la vera penuria, l’angoscia, la sofferenza. E poi l’esistenzialismo, al di là delle intenzioni, era divenuta una moda crepuscolare ed estetizzante.

Ma è in un film del 1955, Totò all’inferno, che l’esistenza trascorsa tra le caves parigine e il café “Flore” viene irrisa in maniera sistematica. La regia di è Mastrocinque; ma l’idea è di Totò, che è anche fra gli sceneggiatori[10], quindi egli non poteva essere all’oscuro di quel fenomeno di pensiero e di costume. L’esistenzialismo è presentato sotto le categorie della sregolatezza, della noia, del lutto, della sporcizia. Tutte cose viste come mere pose culturali.

Qui se ne danno alcuni passaggi, la cui trascrizione è ripresa non dalla sceneggiatura ma direttamente dai dialoghi del film[11]. Totò, uscendo dall’inferno, si infila in un buco e ne esce dall’altra parte, in un luogo che non è poi molto diverso dall’inferno. Si tratta di una caverna-scantinato (potremmo dire che è una cave) da cui proviene musica jazz. Il posto è arredato con un gusto un macabro “a metà tra i Miro e i saloon del Far West”. Mentre Totò sta provandosi un giubbotto abbandonato lì da qualcuno, sopraggiunge un uomo con pipa, occhiali, barbetta lunga, cappellino e camicia a quadri.

Cri-Cri [l’attore è Mario Castellani] – Fermo là!

Totò (alza le mani) – E chi è?

Cri-Cri (squadra per un attimo Totò, poi gli si avvicina entusiasta) – Meraviglioso! Ma chi siete? Non vi ho mai visto. Da dove venite?

Totò – Signore… veramente… io vengo dall’inferno…

Cri-Cri – Ah, capisco, sì: dall’inferno dei vivi…

Totò – Eh: vivi, morti…

Cri-Cri -Avete fatto molto bene a rifugiarvi qui nel mio cabaret, nel mio locale.

Totò – Cabaret? Locale? Ma scusate: dove mi trovo?

Cri-Cri – Siete in uno scantinato degli esistenzialisti. Oh, amico mio: qui tutto è pace, tranquillità, sporcizia, lerciume… Sapete chi sono io?

Totò – Il direttore della Nettezza Urbana?

Cri-Cri – Ma no, io sono il proprietario di questo cabaret.

Totò – Ah.!

Cri-Cri – Naturalmente siete esistenzialista…

Totò – Io no.

Cri-Cri – No? Astrattista?

Totò – No, no, no, no.

Cri-Cri – Ah ho capito… Cubista!

Totò – Ma nemmeno per sogno!

Cri-Cri – Ma amico mio, allora chi siete?

Totò – Romanista democratico. Però qualche volta tifo per il Napoli.

Cri-Cri – (ride di gusto,  fra i denti) Esistenzialista puro: non c’è dubbio. Noi esseri superiori ci si riconosce subito: noi siamo la classe elevata dell’umanità. Come dire l’aristocrazia dello sporco, gli atleti dell’ozio, gli scienziati della nausea. Ah, tutto ci annoia, tutto ci fa schifo… (Prende posto dietro il bancone bar)A proposito, amico mio: appena mi avete visto, che cosa avete pensato di me?

Totò – Beh, lasciamo perdere…

Cri-Cri – No, suvvia: dite la verità.

Totò – (fa il timido)No, no, no, no…

Cri-Cri – Ditela: se sono io che vi prego!

Totò – Va a finire che litighiamo, sa.

Cri-Cri – Ma neanche per sogno: sono io che vi prego, su..

Totò – La verità?

Cri-Cri – Si.

Totò – Appena l’ho vista?

Cri-Cri – Eh.

Totò – Ho pensato fra me e me: dico, ma chi sarà mai quello schifoso?

Cri-Cri – No… Voi mi adulate…

Totò – No, dico la verità.

Cri-Cri – Grazie assai.

Totò – Prego.

Successivamente si avverte che, nella sala attigua del locale, si sta facendo musica: “si ride (anzi si piange) e si balla. Un omaccione dall’aria funebre, intona la sua triste e funesta canzone”. Tutto ciò richiama quanto si era visto in L’imperatore di Capri (del 1950, regia di Comencini). Ora “accampati qua e là per il locale, gli esistenzialisti ascoltano annoiati. Molti fumano, molti guardano nel vuoto, qualcuno balla stancamente”.

Cantante esistenzialista [l’attore è Galeazzo Benti] (cantando) –

Quand’ero morto

su quel funereo lago

una barca a casa riportò

un mucchio d’ossa,

soltanto un mucchio d’ossa.

Invece d’una fossa

le misi in un comò,

e nei cassetti lo scheletro cantò

quella canzone che non potrò scordar;

ossa incrociate

pericolo di morte,

dolce sorte

incutere terror.

(parlato) Il diciassette di venerdì.

Ma anche Totò e il padrone del locale entrano in scena vestiti “da esistenzialisti”:

Cri-Cri – Ahi!

Totò – Scusa. Eh, scusa. (Gli fa una doppia carezza). Vogliamo incominciare?

Cri-Cri – Pronti.

Totò – Andiamo. (Va al contrabbasso e inizia a suonare, accompagnando Cri-Cri nella sua performance sonora).

Cri-Cri – (cantando) Siamo esistenzialist,/ si vede a prima vist:/ noi siamo sempre trist,/ ci costi qual che cost;/ suonando il contrabbasso… […]

Cri-Cri – (riprende a cantare) Pensiamo sempre a Proust. […]

Cri-Cri – (riprende a cantare)… però poi tutto quest… […] è fumo senz’arrost…

Ma, mentre Totò e Cri-cri, assistono ai fuochi d’artificio usciti dal contrabbasso che stavano suonando, scende in sala una “bellona di nero vestita, anzi di nero svestita: spalle nude, abitino aderente, gonna con maxi-spacco”. Potrebbe essere la parodia di Juliette Gréco, che però preferiva blousons noirs e pantaloni neri attillati.

Miss Angoscia [attrice: Maja Jusanova]– Basta, basta! È terribile, è terribile…

Totò (a Cri-Cri) – Terribile?

Cri-Cri – (indicando la nuova arrivata) Non ci far caso: lei trova tutto terribile.

Totò – È carina, però, eh?  […]

Cri-Cri – (lo presenta a Miss Angoscia)

Totò –  (togliendosi il cappello, cerimonioso). Buonasera signora.

Miss Angoscia – Chi è questo?

Cri-Cri – È il nuovo entraîneur.

Totò – Sì, sì, sono un ragazzo squillo. Se vuole…

Miss Angoscia – (gli dà la mano) Schifo.

Totò – A chi? A me? (a Cri-Cri) Eh no, eh! Eh no, m’ha offeso!

Cri-Cri – Ma no.

Totò – M’ha detto “schifo”.

Cri-Cri – Ma sì: da noi non si usa dire più “piacere”, “fortunatissimo!”…

Totò – Ah no?

Cri-Cri – È tutto sorpassato!

Totò – Ah sì? È tutto soppressato?

Cri-Cri – Ma sì! (Rifà le presentazioni). Antonio Marchi. Miss Angoscia.

Totò – Quella lì? Miss Angoscia?

Cri-Cri – Sì.

Totò – (guardandole le cosce nude) Guardi che quella è Miss due Belle Angosce…

Cri-Cri – (ridacchia) […]

Miss Angoscia – (A Totò) Hai l’aspetto ripugnante che attrae…

Totò – Eh no, eh… Adesso basta!

Cri-Cri – Che c’è?

Totò – Dice che ho l’aspetto ripugnante…

Cri-Cri – E tu rispondi ad hoc..

Totò – Ma io vorrei rispondere a lei!

Cri-Cri – Appunto: a lei, ad hoc.

Totò – Ah sì? A Occo? (a Miss Angoscia) Senta, signora Occo… Pardon, signora Occa… Permette? Nausea. (Le dà la mano).

Miss Angoscia – Grazie.

Quindi abbiamo un altro squarcio con i luoghi comuni sull’esistenzialismo tenebroso e luttuoso:

Miss Angoscia – Io vorrei vivere con te, in una solitudine angosciosa, fare delle lunghe passeggiate in un viale di cipressi…

Totò – Hai capito? Vuol vivere con me in una solitudine angosciosa, vuol fare delle passeggiate nel viale dei cipressi…

Cri-Cri – (sognante) Bello…

Totò – (a Miss Angoscia) Sì, cocca…

Miss Angoscia – Oh…

Totò – Cocca, coccolina! Io direi una cosa: perché non andiamo a prendere una boccata d’aria al cimitero, eh? Io là conosco dei morti: brava gente…

Miss Angoscia – (eccitata) Sì.

Cri-Cri – Ah, che bello…

Ancora un altro topos: quello della sporcizia degli esistenzialisti e per ora si tratta solo della sporcizia fisica ed esteriore:

Miss Angoscia – (annusa Totò) Ma… Ma dimmi… Tu ti lavi?

Totò – E certo che mi lavo!

Cri-Cri – (a Totò) No, no, no: di’ che non ti lavi!

Totò – (correggendosi) No, no… Eh, sì, mi lavavo… mi lavavo… Ma che, scherziamo? Da ragazzo, una volta, sono stato a Bagno Maria…

Cri-Cri – Eh, già, lo credo: sei stato talmente sporco che t’hanno messo a bagnomaria!

Totò – Cos’hai capito? A Bagno Maria, lo stabilimento balneare: Bagno Maria.

Cri-Cri – Allora è un bagno di mare…

Totò – Eh già: bagno di mare.

Guasconate volgari di Totò, oppure… Sicuramente, tutto questo non poteva che essere riconducibile ad un sarcasmo antintellettualistico, qualunquista[12], di maniera. Ma era solo un fatto di guitti? Non così: nel 1952 François Mauriac aveva scritto un articolo su Sartre dal titolo Les tribulations d’un rat visqueux[13]Tanto per rimanere sul leggero, il filosofo era definito topo viscido. E due anni prima, un cinegiornale del 1950 aveva presentato questo servizio:

Saint-Germain-des-Prés. Speaker: Conoscete il quartiere di Saint-Germain-des-Prés ? Un quartiere provinciale dove si può, dopo la romantica piazzetta di Furstemberg, dare  un’occhiata all’atelier dove Delacroix sconvolgeva la pittura del suo tempo. Il Flore, per esempio, un caffè? No, un tempio, con le sue ancelle e i suoi pontefici. Il loro apostolato implica la rinunzia a ogni pompa di abbigliamento. L’esempio viene dall’alto, da Greco la prima vestale d’un culto di cui Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir hanno forse involontariamente scatenato le manifestazioni che si richiamano alla loro filosofia dell’esistenza. – Ah, sì, l’esistenzialismo! – Noi stiamo per entrare insieme nei luoghi dove lo si conosce. La libreria, dove tutto ciò che ha tratto all’esistenzialismo si trova condensato in un magazzino eccezionalmente situato a tre metri sotto il livello del mare. Qui, lo spirito si abbevera, il corpo anche d’altronde. Da Les mains sales fino al Deuxième sexe, tutti i vangeli vi sono riuniti. Ma è veramente nella danza che l’esistenzialismo trova la sua più bella espressione. Il club Saint-Germain, 23 metri sotto il livello del mare, la cave per eccellenza, e sotto l’occhio degli dei, i topi, i topi danzanti, i topi pensanti, i topi adulatori. Poi i topi africani, i topi americani. E molti sì, topi, topi, topi. Che volete che vi dica, io? È questo, l’esistenzialismo![14]

La ferocia lessicale di alcuni intellettuali, anche se fosse stata totalmente fondata, rispetto alle lievità del film comico, farebbe pensare a situazioni più rancorose che critiche. Totò, nella sua irrisione da vulgata popolare e comica, aveva, quanto meno, l’alibi millenario del “ridendo castigat…”.

Tutto ciò è una conferma che non esistono paratie assolute, diaframmi, discontinuità totale tra arte, cinema, cultura e società. Per quanto ognuna di quelle realtà abbia propri  linguaggi, propri codici, un proprio pubblico quasi sempre diverso, l’oggetto dipanato è comunque il momento storico e il vissuto dei soggetti.

Note

[6] F. Faldini e G. Fofi, Totò: l’uomo e la maschera, Feltrinelli, Milano 1977.

[7] Per conoscere meglio la persona si ricorda che, in un’intervista pubblicata su la Repubblica del 14 aprile 2007, intitolata Goffredo contro tutti e rilasciata in occasione dei suoi settant’anni, egli spiega gli scioperi al rovescio che consistevano, per esempio, nell’asfaltare una strada bianca con un gruppo di disoccupati e rivendicare il diritto al lavoro. I carabinieri, in una occasione di queste, gli firmarono il foglio di via “per avere insegnato senza percepire stipendio”.

[8] G. Fofi, Totò e Pulcinella, in Totò: l’uomo e la maschera, cit., p. 90. Il corsivo è di Fofi.

[9] A. De Curtis, Totò si nasce e io, modestamente, lo nacqui, a c. di M. Giusti, Mondadori, Milano 2000, p. 262.

[10] Gli altri sceneggiatori sono V. Metz, F. Nelli, M. Mangini, I. De Tuddo, C. Mastrocinque, L. Fulci

[11] Da Enrico Giacovelli, Poi dice che uno si butta a sinistra, Gremese, Roma 1994, pp. 91-97. Anche le didascalie messe tra doppi apici sono nel testo che riproduce il film così come è andato in circolazione.

[12] Su questo tema tema cfr. D. Confrancesco, La sublimazione poetica del qualunquismo: il principe Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis di Bisanzio Gagliardi alias Totò, nel volumeTotò. Tocchi e ritocchi (Il raggio verde, Lecce 2009). Il volume, illustrato da Giancarlo Montelli, contiene anche il saggio qui pubblicato e questi altri testi: P. Ortoleva, Un confronto tra la comicità di Chaplin e quella di Totò, F. Bertini, Totò interprete plautino, M. Nacci, Le due Italie dell’Italiano Totò, M. Forcina, Totò e le donne nei suoi film, A. Fulvio, Totò e Napoli. Totò è Napoli, L. De Maria, Totò, il teatro della vita. E i giovani d’oggi?

[13] Su “Le Figaro”, agosto 1952, ripreso nel suo volume Mémoires politique , Grasset, Paris 1967.

[14] Ripreso in J.-P. Sartre, La mia autobiografia in un film. Una confessione, ed. it. a c. di G. Invitto, Marinotti, Milano 2004, pp. 112-113.

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