La lanterna di Diogene e la lampada di Aladino. Filosofie film narrazioni 10. “Fahrenheit 451”, Word 97-2003. Questioni di memoria

Furono bruciati, quindi, quasi tutti i libri, anche “quelli che meritavano d’essere conservati” e fu murata la stanza dei libri in modo che don Chisciotte guarisse: cosa che avvenne solo dal punto di vista del malessere fisico, ma non scomparvero le fantasie del cavaliere. Don Chisciotte sarebbe diventato un visionario a causa della lettura, ma non era tanto folle se disse a Sancho: “Se un cavaliere errante diventa pazzo per qualche motivo, grazie tante! Il bello sta a impazzire senza motivo…”. Lo ricorda Piero Dorfles in un libro dedicato alla difesa della cultura, per la qualcosa si autodefinisce un dinosauro: Don Chisciotte riavrà il senno quando faranno il rogo dei suoi libri e anche Madame Bovary non potrà andare più in biblioteca perché, secondo sua suocera, la lettura corrompe[2]. Infatti, la suocera corse alla biblioteca di Rouen per interrompere l’abbonamento fatto a suo tempo dalla nuora.

Nell’ambito della librofobia e dei relativi roghi non possiamo, però, tralasciare l’episodio capostipite che fu l’incendio della Biblioteca di Alessandria d’Egitto dove di ciascuna opera si redigevano edizioni critiche, che venivano poi conservate all’interno della Biblioteca. Si presume che al tempo di Tolomeo II il Filadelfo, nel III secolo avanti Cristo quando la Biblioteca fu costruita, i rotoli conservati fossero circa 490.000; quando non bastò più lo spazio, venne edificata una seconda struttura, la Biblioteca del Serapeo. La Biblioteca fu distrutta tra il 270 e il 400 d. c. Il film Agorà (2009), di Alejandro Amenabar, dedicato a Ipazia d’Alessandria, presentata come matematica e filosofa che lotta contro l’oscurantismo religioso, accredita la versione secondo la quale l’incendio della Biblioteca e l’uccisione di Ipazia siano stati commissionati dal vescovo  Cirillo, evangelizzatore e inventore dell’alfabeto cirillico. Nel film Cirillo, poi divenuto dottore della Chiesa e santo, è presentato come sanguinario e nemico della cultura pagana. Paradossalmente, secondo un’altra tradizione, Santa Caterina d’Alessandria, protettrice dei filosofi, sarebbe la personificazione, creata dalla cultura cattolica, di Ipazia[3]. Ma in questa sede interessa l’evento della paura e, quindi, del rogo dei libri in quanto considerati strumento di perversione culturale, morale e politica.

Il rogo ha un valore emblematico rispetto alle altre forme di morte o di consunzione. Pensiamo alla scelta del rogo contro le donne-streghe e i roghi  nel periodo della Santa Inquisizione, dove dell’uomo non rimaneva niente, a parte la cenere. Se vogliamo parlare della fenomenologia e della utilizzazione meno cruenta dei roghi, possiamo parlare di quando il fuoco ha investito, su decisione umana, non solo i libri, per ridurli in cenere, ma anche opere cinematografiche. Pensiamo all’Ultimo tango a Parigi, film condannato, testualmente e materialmente, al rogo e successivamente riabilitato e riproposto grazie ad una copia che era rimasta nascosta.

2. Fantascienza?

Il rogo dei libri ritorna nel romanzo di fantascienza o di fantapolitica, scritto da Ray Bradbury. Il testo, apparso nel 1953 in Italia, si intitola Fahrenheit 451, edito da noi anche con il titolo Gli anni della Fenice. Il nome Fenice non è posto a caso perché, come è noto, questo uccello, nella mitologia, dopo essere vissuto per cinquecento anni, sentendo sopraggiungere la morte, si ritirava in un luogo appartato e costruiva un nido sulla cima di una quercia o di una palma dove accatastava ramoscelli di mirto, incenso, sandalo, legno di cedro, cannella e mirra. Con essi formava un nido a forma di uovo, vi si adagiava, lasciava che i raggi del sole l’incendiassero, e si faceva consumare dalle sue stesse fiamme mentre cantava una canzone. Dalla cenere emergeva poi una piccola larva o un uovo che i raggi solari facevano crescere rapidamente fino a trasformarli nella nuova Fenice nell’arco di tre giorni. La nuova Fenice volava ad Heliopolis e si posava sull’albero sacro. E così via.

Tornando al romanzo in questione, qualcuno ha parlato di pensiero distopico, cioè portatore e segnalatore di una utopia negativa. Ricordiamo che nel 1949, cioè quattro anni prima della pubblicazione dell’opera di Bradbury, era apparso 1984 di George Orwell.

Nel 1966 François Truffaut realizzò un film dallo scritto di Bradbury; attori principali Oskar Werner e Julie Christie. Fu il primo film a colori di Truffaut e ottenne una produzione straniera che garantiva un budget elevato. Ciò dice quanto Truffaut tenesse a questo scritto e, in genere, ai libri. Egli dichiarò, in un’intervista del 1971, che aveva assorbito l’amore per la lettura tramite la nonna materna e la stessa madre. Il cinema era stato per lui come il “continua” dei libri: “Un’evasione piuttosto bella, meglio, piuttosto forte, me la procuravano i romanzi. Leggevo romanzi per bambini ma anche i romanzi che leggeva mia madre, dunque di nascosto. Dopo ci sono stati i film. E i film rappresentavano probabilmente un’evasione ancora più forte. Come per i roman­zi, mi son messo a vedere i film di nascosto” [4].

Tra il romanzo di Bradbury e il film di Truffaut esistono alcune differenze, ma il messaggio complessivo rimane inalterato. Il futuro immaginato nel libro è collocato nel 1960. Nel paese in cui si svolge la storia, leggere libri è vietato dal potere politico. La motivazione dichiarata è che i libri rendono infelici i soggetti e antisociale l’umanità.

I libri, oggetto proibito, sono bruciati dai “pompieri”, termine oggi desueto, ma è quello con cui vengono chiamati nella versione italiana del film. Sono pompieri che danno oggetti alle fiamme invece che estinguere le fiamme. Tutto questo è definito “un lavoro come gli altri”. Clarisse, una delle due principali figure nel film, chiede a Montag, il pompiere protagonista: “È vero che tanto tempo fa i pompieri servivano a spegnere gli incendi?” e Montag risponde affermando che non è vero, perché le case sono ed erano fatte di materiale ignifugo; Clarisse, di rimando, afferma che la sua non lo è.

Il titolo del film è riconducibile, come dichiarato dal protagonista, ai gradi di calore con i quali avviene l’autocombustione della carta: 451 gradi Fahrenheit che corrispondono a 232,78° C. Invece, nel romanzo, 451 è solo il numero apposto sull’elmetto dei pompieri. Per il nome Montag apparentemente non esiste un significato attribuibile, anzi l’unico accostamento linguistico che si possa fare è col termine tedesco che rinvia al nostro lunedì. Ma tutto il film è basato sui numeri. Per esempio, si sentono ripetute a memoria le tabelline del 9 che cominciano dalla moltiplicazione per 11.

A proposito del lunedì, nel film i giorni della settimana appaiono quando si dice che ogni giorno si bruciano i libri di un autore: il lunedì quelli di Lucrezio, il martedì di Molière, il mercoledì di Machiavelli, il giovedì di Goldoni, il venerdì di Voltaire, il sabato di Sartre e la domenica si bruciano i libri di Dante. Non sarà un caso, ma dei sette giorni della settimana in cui si bruciano libri di singoli autori, quattro sono dedicati a libri di filosofi. In quel paese immaginario e in quella cultura politica, la filosofia non gode buona fama. La voce che rappresenta il potere è quella del capitano dei pompieri Beatty, che pure dimostra di conoscere il contenuto di molti libri e li cita. Per i filosofi, secondo lui, vale sempre la massima: “Solo io ho ragione, tutti gli altri sono imbecilli”. E ancora: “La filosofia è tutta questione di moda: le gonne corte quest’anno, le gonne lunghe l’anno prossimo” che sta ad indicare il relativismo e la fragilità delle presunte “verità” filosofiche.

Naturalmente, il rogo dei libri avviene appena si scopre che qualcuno li nasconde. L’unica forma di comunicazione permessa, anzi diremmo imposta, è la televisione presente in ogni stanza anche con più di uno schermo. La televisione non solo è mezzo di comunicazione del governo ma è lo strumento di omologazione e annichilimento dei soggetti. Ciò è tematizzato nell’affermazione che “l’unico modo per essere felici è sentirsi tutti uguali”. I “capelloni” sono inseguiti per la strada, sono puniti e i loro capelli tagliati in pubblico. Qual è, in tale contesto, la ricetta per risolvere i problemi dei singoli? Eccola dichiarata: “più sport per tutti: basta tenerli occupati per farli felici”.

È la televisione, talvolta anche interattiva, a dire al popolo cosa è giusto e cosa sbagliato. Se i libri rendono antisociali, il teleschermo fa sì che ci si senta “circondati dalla Grande Famiglia”. Dalla tv parlano persone chiamate Cugine e Cugini.

Montag, vigile del fuoco inappuntabile, in procinto di avere una promozione, un giorno sbircia in un libro che avrebbe dovuto bruciare. Se il fattore decisivo per la sua conversione culturale nel romanzo è l’incontro con un vecchio professore, nel film è l’incontro con Clarisse, la ragazza sua vicina di casa che vive, riuscendo a mascherare tutto, secondo modalità irregolari. Il primo libro che Montag legge per intero è il David Copperfield di Dickens che, com’è noto, parla dello sfruttamento minorile. Prima e dopo, pur di guardare carta stampata nelle situazioni in cui non è solo, Montag legge fumetti che non presentano didascalie.

Clarisse è identica alla moglie di Montag. Ambedue i personaggi nel film sono interpretati da Julie Christie. La moglie Linda vive in funzione della televisione e prende spesso dei sedativi. È in una visibile situazione di malessere. Quando si accorge che suo marito è consumatore di libri, probabilmente tenta il suicidio, ma gli infermieri, che sostituiscono il medico chiamato dal marito, sdrammatizzano l’evento e giustificano la loro presenza col fatto che intervengono in almeno cinquanta casi al giorno di intossicazione da tranquillanti; la terapia è una flebo di sangue nuovo.

Clarisse è licenziata dalla scuola. Assiste da un bar, insieme a Montag, ad un uomo che è indeciso se imbucare una denunzia nella cassetta delle informazioni, collocata dinnanzi alla caserma dei pompieri. Quando l’uomo decide di imbucare la busta, Montag dà una spiegazione che appare ironica e che potrebbe non esserlo: “Si è liberato del vicino troppo rumoroso o del cognato che guadagna più di lui o si liberato della madre”.

Una notte c’è un blitz a casa di una signora anziana, amica di Clarisse. Quella casa è una vera e propria biblioteca su più piani. Tutti i libri sono portati nella stanza d’ingresso. La signora si mette al centro del mucchio di libri e non si vuole allontanare. I pompieri hanno già versato il kerosene, ma il capitano non ha il coraggio di aprire il lanciafiamme. Allora la donna lascia cadere un fiammifero acceso e brucia insieme ai suoi libri, sorridendo. L’inquadratura si sofferma a lungo su una pagina di un libro dove è un’immagine con un volto, presumibilmente di Giovanna d’Arco ripresa da uno dei tanti film dedicati alla Pulcelle d’Orléans condannata al rogo.

La denunzia toccherà anche Montag. Linda, quando scopre che il marito legge libri, ne rimane sconvolta. Uno dei pomeriggi seguenti, rientrando a casa, Montag trova la moglie e delle amiche che guardano la Grande Famiglia. Il capitano aveva detto che è bene avere due schermi televisivi nella stessa stanza perché è come “essere circondati dalla Grande Famiglia”. Montag spegne il televisore, prende il David Copperfield e legge le pagine nelle quali il protagonista parla delle sue difficoltà con la giovane moglie Dora. Le amiche fuggono scandalizzate da quello a cui stanno assistendo: la lettura. Il protagonista spiega che la sua famiglia sono i libri: dietro ognuno di essi c’è un uomo.

Linda invia la denunzia contro il marito. I pompieri di notte costringono Montag ad accompagnarli nella sua casa. Come era prevedibile scoprono i libri, li ammucchiano nell’ingresso. Beatty chiede a lui di bruciarli. Montag, invece, brucia i mobili della casa, a cominciare dai televisori. Il capitano lo richiama e gli comanda di bruciare i volumi. Al suo diniego sta per utilizzare la pistola, ma Montag lo anticipa e lo carbonizza col lanciafiamme. Poi fugge dalla città cercando un luogo che gli era stato indicato da Clarisse.

Sulle rive di un fiume incontra un gruppo di uomini fuggiti che hanno formato una particolare comunità: ciascuno di loro ha imparato a memoria un libro che recita in continuazione e ognuno ha per nome personale il titolo del proprio libro.

Un ulteriore parallelismo tra il Don Chisciotte e la sceneggiatura di questo film è costituito da due autocitazioni: uno degli uomini-libro impersona Cronache marziane,un altro romanzo di Bradbury, così come uno dei libri salvati dal curato, che poi farà bruciare i libri di Don Chisciotte, è la Galatea dello stesso Cervantes.Montag, quando decide di vivere in quella comunità, sceglie come libro da imparare a memoria I racconti del mistero dell’immaginazione di Edgar Allan Poe, che qualcuno ha definito un compendio della paura. Infatti i righi che il protagonista legge nel film riportano le parole dell’autore che parla di un racconto pieno di orrori. Perché quella scelta? Forse perché i personaggi rappresentati nel romanzo e nel film venivano da un mondo pieno di orrori. Un mondo surreale, ma di un surrealismo maligno e non basato sulla bellezza. La bellezza, invece, pare entrare nel film attraverso le immagini di un libro dedicato al mondo di Salvador Dalì, del quale abbiamo l’inserto filmico di maggiore durata dedicato ad un volume sfogliato per intero dal movimento dell’aria.

C’è, inoltre, un passaggio del romanzo dove è esplicitata la filosofia sottesa allo scritto e al film e si tratta di un’indicazione data dal potere e dai suoi rappresentanti:

Riempi loro il cranio di dati non combustibili, imbottiscili di fatti al punto che non si potranno neanche più muovere tanto sono pieni, ma sicuri di essere veramente ben informati. Dopo di che avranno la certezza di pensare, la sensazione del movimento, quando in realtà sono fermi come un macigno. E saranno felici perché fatti di questo genere sono sempre gli stessi. Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affinché possano pescare, con questi ami, fatti ch’è meglio restino dove si trovano. Con ami simili pescheranno la malinconia e la tristezza.

Ma anche gli uomini-libro bruciano i loro testi e danno la motivazione: “bruciamo i libri così nessuno potrà toglierceli”. E i libri verranno stampati di nuovo. Clarisse, che Montag ritrova in questa foresta sul lago, lo aveva convinto che creare parole è meglio che distruggerle.

3. La memoria inghiottita

Il problema che qui si vuole affrontare è anche un altro: bruciare i libri è bruciare la memoria dell’umanità, la sua storia, la capacità di riconoscersi per soggetti che ci hanno preceduto di secoli e millenni. Ogni perdita di un libro è una perdita secca di umanità. Ai nostri giorni i libri cartacei sono una scelta colta o imposta dallo studio. Sembrerebbe, per di più, che oggi quella memoria sia a portata di tutti attraverso il sistema telematico. Internet sarebbe la salvezza dei libri e della memoria. Non è difficile rintracciare in internet testi interi, siano di opere classiche o di scritti divulgativi. Li possiamo leggere, stampare, copiare in tutto o per frammenti. Sembra che oggi ci sia la certezza che la memoria umana, di tutti gli uomini e di tutti i tempi, non si possa più perdere perché oggi la memoria è la memoria del computer.

Avventuriamoci, allora, in una nuova distopia solamente immaginabile a livello di fantascienza: se qualcuno potesse annullare tutte le memorie di tutti i computer e se lo decidesse? Se avvenisse un blackout planetario irreversibile? Sin dalla generazione successiva a quell’evento non ci sarebbe più alcuna memoria dell’umanità precedente e di quello da lei prodotto.

Ma senza immaginare eventi solamente pensabili e megacatastrofi, già una perdita secca di memoria umana il computer l’ha realizzata. Riflettiamo su alcuni esempi apparentemente banali. Il primo è sollecitato dal ricordo di Maria Corti. Parliamo del “Fondo dei manoscritti della letteratura italiana”, da lei voluto a Pavia, iniziato nel 1968 e oggi ricchissimo. Come narrava lei stessa in un libro del 1997[5], a parte i lasciti degli autori o di loro eredi, spesso i manoscritti sono stati recuperati per caso. Maria Corti ricordava che un giorno si trovava davanti alla casa editrice Bompiani, mentre stavano caricando un camion con manoscritti di Moravia, Alvaro, Marotta e Tonino Guerra, diretti al macero. Spedì il camionista con una lauta mancia a mangiare, mentre lei andò a riscattare quei manoscritti per dirottarli al Fondo. Viene da sorridere se pensiamo che nel film di cui si è parlato prima, ad un certo momento, il capitano dei pompieri ricapitolando quanto avevano fatto di importante la notte, e lo fa in termini di quantità e di peso, ricorda che erano stati bruciati anche ventitré chilogrammi di manoscritti.

Quei manoscritti curati e raccolti da Maria Corti e dai suoi successori non valgono soltanto per i feticisti della scrittura, ma sono importanti poiché contengono le varie stesure, le correzioni e le collazioni ecc. Ai nostri giorni la situazione è problematica: nell’epoca di internet, cosa un autore può mandare al fondo pavese? Un cd con il testo? E le varie correzioni, apportate lungo la costruzione dello scritto tramite il computer, come sono recuperabili? Una parte di memoria è già andata irrimediabilmente perduta.

Ora una ulteriore riflessione. Non solo perdiamo la storia di manoscritti che non esistono più, ma necessariamente tra non molto scomparirà un genere letterario che è stato importantissimo nei secoli: l’epistolario. Oggi il 70% della nostra comunicazione scritta con persone lontane è costituita da sms e emails. Per le emails impieghiamo pochissimo tempo e, tutt’al più, le rileggiamo per correggere qualche errore dovuto al nostro cattivo uso della tastiera. Conviene conservarle? Come conservarle? Stampiamo e conserviamo solo poche delle missive più importanti.

Ma non basta. Quanto detto delle emails vale anche per le lettere che oramai scriviamo sul computer e poi “inviamo” alla stampante prima di inoltrarle per posta al destinatario. Si potrà dire che noi le salviamo “in memoria” in uno o più files. Tutti sappiamo, però, che mentre la lettera manoscritta aveva un ritmo, delle cadenze, degli spazi, uno stile che noi sceglievamo e curavamo volta per volta, con cura, con piacere, con gusto, ora lo strumento computer ha cambiato anche il nostro stile e il nostro tempo di scrittura. Quindi, altra memoria irrimediabilmente e strutturalmente modificata, se non persa, è quella delle lettere e degli epistolari personali.

Noi, in altri contesti e per altre “storie”, festeggiamo la giornata della memoria. Infatti la memoria è vitale per ognuno di noi e per la sopravvivenza umana, in tutti i sensi. C’è l’uomo in quanto si è conservata la memoria di tutto: nel Dna o nella pietra o sulla carta. Dove non è memoria, è il nulla.

Ecco, in fine, un passo del romanzo Fahrenheit 451 in cui parlano gli uomini-libro:

Incontreremo una gran quantità di persone sole e sofferenti nei prossimi giorni, nei mesi e negli anni a venire. E quando ci domanderanno cosa stiamo facendo, tu potrai rispondere loro: noi ricordiamo. Ecco dove alla lunga avremo vinto noi. E verrà il giorno in cui saremo in grado di ricordare una tale quantità di cose che potremo costruire la più grande scavatrice meccanica della storia e scavare, in tal modo, la più grande fossa di tutti i tempi, nella quale sotterrare la guerra.

Nel film di Truffaut questa frase non c’è, ma piace pensarla come sottintesa in tutti i centododici minuti di durata della proiezione.

Note

[1] M. de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia,  a c. di R. Fagioli, trad. e note a c. di A. Giannini, Rizzoli, Milano 2003, pp. 50, 56-58.

[2] Cfr. P. Dorfles, Il ritorno del dinosauro. Una difesa della cultura, Garzanti, Milano 2010, p. 175.

[3] Cfr. M. A. B. Deakin, Hypatia of Alexandria, mathematician and martyr, Prometeus Books 2007.

[4] Rilasciata a “Radio Canada”, poi ripresa sul “Corriere della Sera” del 17 giugno 2009, la traduzione è di Mario Senerellini.

[5] Cfr. Ombre dal Fondo, Einaudi, Torino 1997.

Questa voce è stata pubblicata in Cinema, Filosofia, Letteratura e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *