La terza guerra mondiale

di Gianluca Virgilio

Non credo che l’uomo onesto debba

necessariamente sottomettersi alla Storia.

Ignazio Silone, La scuola dei dittatori.

Da quando, qualche anno fa, ho letto Orientalismo di Edward Said, un saggio del 1978, mi sono andato convincendo sempre più che dare una spiegazione del conflitto in corso in termini di contrapposizione tra Oriente e Occidente sia un errore. Se, infatti, è vero quanto afferma Said, e cioè che l’Oriente è un’invenzione di noi Occidentali, allora va da sé che questa guerra, da qualcuno definita “la terza guerra mondiale”,  non può essere uno scontro fra noi e la nostra invenzione, il che sarebbe davvero paradossale, ma deve essere qualcosa d’altro.  Che cosa sia questo “altro” non è davvero facile da precisare, perché i mass-media non aiutano affatto a comprendere quanto sta accadendo, limitandosi ad un’informazione troppo ravvicinata, attenta solo all’ultima strage, che rischia di farci diventare miopi. Che cosa possiamo dire, infatti, quando una bomba umana lascia sul terreno decine di morti innocenti, che per puro caso si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato? Possiamo solo inorridire e compiangere la loro sorte, ma la nostra comprensione di ciò che realmente sta accadendo non ha fatto per questo un passo avanti.

Proviamo a pensare che il mondo non sia diviso tra Oriente e Occidente, ma sia un unico campo di forze contrapposte, che si combattono per prevalere le une sulle altre. Stati, gruppi economici, élite finanziarie ed economiche, religioni diverse (cristiani, ebrei, sunniti e sciiti, ecc.) si contendono le risorse del pianeta. Non è un caso che l’epicentro di questo sisma epocale sia il Medio Oriente e l’Africa, cioè quella del mondo che notoriamente è la più ricca di risorse. Sono tutti lì, americani, russi, cinesi, europei, arabi, iraniani, ecc., che bombardano, perché le bombe aprano la strada a chi poi dovrà impadronirsi di quelle risorse. E’ in atto una guerra non dichiarata di tutti contro tutti, nella quale le alleanze di un giorno non valgono il giorno seguente, gli schieramenti facilmente si formano e altrettanto facilmente si disfano, a seconda delle convenienze immediate di chi non può permettersi d’essere assente al grande banchetto che sarà organizzato dopo la mattanza. Chi ha armato i talebani poi li ha combattuti, chi ha portato al potere Saddam o Gheddafi poi non ha esitato a ucciderli, chi ha armato il Califfato ora lo bombarda, e via di questo passo, in un continuo riposizionamento e con continui ribaltamenti delle alleanze, che spesso i giornalisti non riescono a spiegare. La linea del fronte varia in continuazione, dall’Ucraina alla Turchia, da Parigi a Jakarta, dall’Iran al Marocco al Burkina Faso, passando per la Siria, l’Egitto, Israele, Gaza, ecc. Il conflitto diventa endemico, frammentato, discontinuo, imprevedibile. Oggi si manifesta con una strage a Parigi, domani è la volta di Istanbul, poi Jakarta, poi ancora il Burkina Faso; non finirà mai!

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