di Antonio Errico
È difficile, forse è impossibile, immaginare un viaggio senza i libri, senza almeno un libro.
È difficile, forse è impossibile, immaginare quel viaggio che è l’esistenza senza i libri. Ma in un viaggio non ci si può portare nel bagaglio tutti i libri. Nemmeno in quel viaggio che è l’esistenza ci si può portare dietro tutti i libri. Nel Sipario ducale di Paolo Volponi, Gaspare dice: libri. I libri. “Debbo cominciare a scegliere quelli da portar via. Bisogna scartare quelli inutili, e anche quelli penosi, e anche quelli indulgenti”. Certo: esistono anche i libri inutili, anche i libri penosi, anche quelli indulgenti. Come esistono i libri necessari, i libri essenziali. Ma non esiste un libro che sia necessario per tutti, essenziale per tutti. Per uno può essere essenziale l’Odissea, per un altro Don Chisciotte, per un altro ancora l’Amleto, oppure le Confessioni di Agostino, la Commedia di Dante, due versi di Catullo, un canto di Leopardi, un racconto di Kafka, una poesia di Eliot, un romanzo di Thomas Mann, oppure una pagina di Pinocchio, una di Proust, l’Ecclesiaste: quel libro dove le parole si fanno vento che soffia a mezzogiorno, poi gira a tramontana, gira e rigira e torna sui suoi giri, e dicono, le parole, che quello che è storto non si può raddrizzare e quello che manca non si può contare, e che tutte le cose sono sempre in travaglio. Allora, per il viaggio che si ha da fare, uno sceglie il libro che gli rassomiglia, che rispecchia il senso del presente e del passato, che apre varchi per il transito nel futuro, che stringe nelle sue parole i desideri e le emozioni, i rimpianti, le felicità, i furori, che disegna progetti e restituisce memorie, che ad una riga illude e all’altra consola, che fa ridere e piangere, che racconta una storia con una leggerezza di fiaba e in una fiaba racchiude la pesantezza di tutta la storia.
Per il viaggio che ha da fare, uno sceglie un libro del quale può percepire l’anima.