di Rosario Coluccia
Ci risiamo. Fanno discutere i primi dati che riguardano gli scritti del concorso per 350 posti in magistratura che si è svolto a luglio 2021. Si sono presentati 5.827 candidati, di questi solo 3.797 hanno consegnato qualcosa. Finora (gennaio 2022) la commissione giudicatrice ha corretto 1.532 prove (un po’ meno della metà di quelle consegnate), ne ha approvato 88. Una percentuale davvero minima, che forse potrà migliorare alla fine (ma anche peggiorare, chissà), e che tuttavia fa capire che, con grande probabilità, i posti disponibili non verranno coperti per intero. Ricominceranno le lamentele che tutti conoscono. Si ripeterà che le norme che regolano i concorsi comportano tempi lunghissimi (due anni e mezzo e anche più), che (conseguentemente) l’età media dei partecipanti e dei vincitori è molto alta. Un dato è sicuro: alla fine del concorso l’organico della magistratura rimarrà insufficiente e le lentezze e le inefficienze del sistema giudiziario non potranno essere riparate, anzi probabilmente aumenteranno,
Non sta a me parlare di una causa più che probabile di questo disastro, la scarsa preparazione giuridica dei candidati. Su questo agisca chi ha competenza in materia. Posso invece parlare con qualche cognizione «dei troppi errori di grammatica, di sintassi, di logica» che infarciscono gli scritti dei partecipanti al concorso (come scrive Luigi Labruna, professore emerito di Diritto romano all’università Federico II di Napoli, in un articolo sul «Mattino» del 27 dicembre 2021 intitolato «La grammatica e gli aspiranti magistrati»). Fecero scalpore qualche anno fa gli esiti di un altro concorso per magistrato. Un record le domande di partecipazione, ma al momento dell’esame molti neppure si presentarono; in 4.000 consegnarono la prova scritta, alla fine i vincitori furono solo 322. Una sessantina di posti non fu assegnata per mancanza di candidati validi. Oltre alle mediocri conoscenze giuridiche una selezione così drastica fu causata dalla pessima conoscenza dell’italiano. Un componente della commissione d’esame, seccato per i piagnistei sulle bocciature, si decise a rivelare alcuni errori marchiani commessi dai candidati: «qual’è» con l’apostrofo (anche alcuni negano che si tratta di un vero e proprio errore e rivendicano la libertà di scrivere come vogliono), «Corte dell’Ajax», «a detto» senza h iniziale, «risquotere» con la q; risultava evidente inoltre l’incapacità di coniugare i verbi ausiliari, con lacune da scuola dell’obbligo. Un altro commissario giunse ad affermare: «La conoscenza della lingua italiana è una pre-condizione per partecipare al concorso, ma alcuni candidati non ce l’avevano. In alcune prove c’erano errori di grammatica e di ortografia, oltre che di forma espositiva, testimonianze evidenti di una mancanza formativa che non è emendabile».