Nel caso italiano, ridurre il rapporto Debito/Pil dall’attuale 155% al 60% in venti anni significa comprimere la domanda interna fino a generare di nuovo (come nel 2011-2013) una nuova caduta del tasso di crescita. In ogni caso, il meccanismo ipotizzato dal recovery fund è che.se dal 2023 l’Italia non avvierà una nuova stagione di austerità non solo i 191 miliardi del Recovery Fund non arriveranno ma la UE si riprenderà anche l’anticipo di 24,9 (sui 191) miliardi arrivato ad agosto al Governo italiano.
Le misure di austerità, già adottate in Italia in particolare nel periodo 2011-2013, hanno effetti macroeconomici e sociali di segno negativo, ovvero
- Producono un calo dei livelli di attività e del Pil, con conseguente aumento del tasso di disoccupazione
- Generano fallimento di imprese, soprattutto di quelle che operano sul mercato interno
- Accrescono, nonostante le intenzioni, il rapporto debito pubblico/Pil, a ragione del fatto che quest’ultimo si riduce più di quanto si riduce il denominatore.
La seconda condizionalità riguarda l’imperativo delle “riforme”. Quelli che un tempo erano chiamati i «compiti a casa» per i primi mesi sono stati fatti. Cinquantuno obiettivi sono stati raggiunti per presentare la domanda di pagamento della prima rata di rimborso pari a 24,1 miliardi di euro si è letto nella prima relazione al parlamento sull’attuazione del PNRR. Nel 2022 il prossimo governo dovrà raggiungere 102 obiettivi per ottenere un’altra tranche da 40 miliardi di euro. da qui al 2026 i fondi sono suddivisi in 10 rate: per vedersi staccare tutti gli assegni l’Italia dovrà realizzare in tutto 520 obiettivi.
Per il secondo trimestre 2022 sono previste la riforma della carriera degli insegnanti (30 giugno); la delega per la riforma del codice degli appalti pubblici (30 giugno); l’istituzione di un sistema di formazione di qualità per le scuole (31 dicembre); l’istituzione di un sistema di certificazione della parità di genere e dei relativi meccanismi di incentivazione per le imprese (31 dicembre); la legge annuale sulla concorrenza 2021 (31 dicembre). Ogni governo, fino al 2026, sarà vincolato e condizionato al vortice di queste scadenze. Pena la perdita dei finanziamenti sui quali è stato costruito il consenso. Ben si addice a questo quadro – fatto di automatismi – la formula del pilota automatico, cara al Presidente del Consiglio.
È da considerare il fatto che mentre queste ‘riforme’ vengono presentate come un dover essere motivato su basi puramente tecniche, il loro profilo in senso lato ideologico non è nascosto. Ci si riferisce in particolare alle misure di stimolo alla concorrenza, fatte proprie con la convinzione che la concorrenza nel mercato dei beni riduca i prezzi e favorisca le innovazioni. Tesi discutibile. Vi è ampia evidenza empirica di segno contrario. È semmai in mercati oligopolitici che le innovazioni vengono più facilmente generate, a ragione del fatto che per le imprese che operano in quei mercati il finanziamento delle innovazioni è meno costoso.