Profilo di Rocco  Scotellaro (Parte prima): Gli scritti giovanili – Le raccolte poetiche

di Antonio Lucio Giannone

1. Il “caso” Scotellaro

La figura di Rocco Scotellaro è stata a lungo legata all’immagine di “poeta contadino”, di cantore della civiltà contadina del Sud, che ne diede Carlo Levi subito dopo la sua prematura scomparsa. Anche il dibattito, che si sviluppò per tutti gli anni cinquanta e sessanta e che coinvolse numerosi esponenti del mondo politico e  culturale del tempo, si incentrò quasi esclusivamente sull’aspetto ideologico della sua opera, al punto che essa divenne spesso il pretesto per parlare di problemi che riguardavano direttamente la società italiana, come la questione meridionale, la condizione contadina, il divario tra Nord e Sud, l’avvento del socialismo, mentre in secondo piano, quando non ignorati del tutto, passarono gli aspetti specificamente letterari. Su questa particolare ricezione dell’opera scotellariana influirono vari fattori: innanzitutto, la lunga esperienza politica del sindaco-poeta; in secondo luogo, lo stato di incompiutezza di quasi tutte le sue opere, pubblicate per di più postume, in edizioni non propriamente attendibili dal lato filologico; in terzo luogo, il clima fortemente ideologizzato di quegli anni. Ne nacque un vero e proprio “caso”, che però non fece che ostacolare la conoscenza  della reale portata letteraria dello scrittore lucano.

            La situazione è andata gradualmente cambiando solo in tempi più recenti. Un “nuovo” Scotellaro, intanto, è venuto fuori, negli anni settanta, dalla pubblicazione di scritti rimasti fino ad allora inediti, i quali  hanno fatto scoprire una dimensione diversa, più intima e privata, della sua personalità, presente però, a ben guardare, anche nelle opere già note. Queste, a loro volta, sottoposte a un’attenta revisione testuale, hanno offerto nuovi stimoli alla riflessione critica, costringendo gli studiosi a rivedere parecchi luoghi comuni. Si è proceduto così a una “rilettura” dell’intera opera scotellariana, liberandola, una volta per tutte, da quell’ipoteca di carattere politico-ideologico, che ne aveva condizionato  pesantemente l’interpretazione. Si sono approfonditi i diversi aspetti di essa, attraverso l’uso di svariati strumenti critici e metodologici. Sono stati individuati, infine, i legami con correnti e autori del Novecento, liberando lo scrittore da quello strano isolamento da cui sembrava essere inspiegabilmente circondato.

            Scotellaro nacque a Tricarico (Matera), il 19 aprile 1923, da una famiglia di piccoli artigiani. Dopo le scuole elementari, frequentò le prime tre classi ginnasiali presso il Convitto serafico dei Cappuccini a Sicignano degli Alburni e a Cava dei Tirreni, in provincia di Salerno.  Poi proseguì gli studi a Matera, Tricarico, Potenza e Trento, dove  conseguì la maturità classica. Nel 1942 si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma, ma, a causa della  guerra, fu costretto a trasferirsi prima a Napoli e poi a Bari, non riuscendo a conseguire la laurea per soli sei esami. L’anno successivo aderì al Partito socialista italiano e, dopo un periodo di intensa attività sindacale e politica, nel 1946 venne eletto sindaco del suo paese. Quello stesso anno conobbe Carlo Levi e Manlio Rossi Doria, i quali, oltre che amici e maestri, sono stati anche i curatori e i primi interpreti delle sue opere. Alla guida dell’Amministrazione comunale di Tricarico restò per quasi quattro anni, impegnandosi con tutte le proprie forze per il miglioramento delle condizioni di vita della sua gente e realizzando opere pubbliche importanti, come l’ospedale civile. L’8 febbraio del 1950 venne arrestato sotto l’accusa infamante di concussione, lanciata dagli avversari politici,  e dovette scontare quarantacinque giorni di carcere a Matera, ma a marzo venne prosciolto e scarcerato. Dopo essersi dimesso dalla carica di sindaco, nella quale era stato reintegrato, lavorò per qualche mese a Roma presso la Casa editrice Einaudi, poi fu chiamato da Rossi Doria a Portici presso l’Osservatorio di economia agraria, dove si occupò di problemi igienico-sanitari e di quelli scolastici nell’ambito del Piano regionale per la Basilicata. Qui morì improvvisamente, stroncato da un infarto, il 15 dicembre 1953.

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