Il romanzo combinava storia filosofia semiologia erudizione teologia, micro e macro citazioni, modelli e riferimenti letterari. Una macchina narrativa formidabile, forse al limite della perfezione. Una scaltra, studiata, scientifica integrazione di generi.
Il successo straordinario del libro condizionò la figura dell’intellettuale associandola quasi esclusivamente a quel romanzo, tanto che poco tempo prima di morire, Eco disse di odiare quel romanzo ed esprimeva la speranza che potessimo odiarlo pure noi.
Allora, c’è chi prima di pensare un romanzo pensa al suo target e c’è chi pensa che una scrittura sia un atto gratuito, un dono, che sia come spedire lettere a chi non si conosce, senza sapere nemmeno che cosa penserà colui che leggerà le lettere, senza sapere nemmeno se qualcuno le leggerà.
Ci sono – ancora- quelli chi pensano che scrivere un libro sia un corpo a corpo con se stessi e nient’altro, una storia del tutto solitaria. Pensano che un libro si fa e si rifà, per anni, e si consegna all’editore quando te lo senti perfettamente addosso, e a quel punto non si cambia assolutamente niente, perché ogni parola è quella che volevi, e ogni frase quella che volevi, e poi hai sempre saputo in che modo doveva cominciare anche se non hai mai saputo com’è che doveva finire finchè non hai finito. Ci sono quelli che scrivono un libro come se fosse sempre il primo e sempre l’ultimo, per cui ci mettono tutto quello che hanno dentro nel tempo in cui lo scrivono, che hanno avuto dentro prima di quel tempo, e qualche volta ci mettono anche quello che avranno dentro dopo.
Ma quelle persone non hanno capito – molto spesso perché non hanno voluto capire – che da tempo, ormai, il libro non è altro che un prodotto. Ci sono quelli che glielo ripetono in continuazione, di tanto in tanto se lo ripassano in testa anche da soli, ma non riescono a capirlo, non lo vogliono capire. Si dicono, con ridicola giustificazione, che se avessero voluto fabbricare prodotti avrebbero scelto uno dei tanti innumerevoli articoli diversi con i quali si fa meno fatica e si guadagna abbastanza di più.
Per loro il mercato è semplicemente quello che si fa nella piazza del paese in un certo giorno della settimana. Ad associare la parola libro a quella di mercato proprio non ci riescono, anche se si sforzano.
Sono persone all’antica, anche un po’ romantiche, anche un po’ svagate, anche un poco ingenue. Anche un po’ ostinate. Non si vogliono ammodernare. Hanno il mito di J.J. Salinger.
Ci sono quelli che per target hanno i loro antenati. Perché è ai loro antenati che devono giustificare il modo in cui vivono, il modo in cui scrivono.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 9 gennaio 2022]