Da Ruffano al Giappone: nuove risultanze sul gesuita Scipione Mogavero

I santi raffigurati sono sant’Ignazio di Loyola e San Francesco Saverio, fondatori dell’ordine, e i giovani gesuiti San Luigi Gonzaga e Stanislao Kostka, beatificati insieme nel 1605 e insieme canonizzati nel 1726, come dimostra Don Salvatore Palese[12]. In particolare, è l’ultimo figlio di Lupo Grassi, ovvero Altobello Grassi, a metà Cinquecento, a fare da trait d’union fra i due paesi e ad incrociare il proprio destino con quello di Padre Mogavero, arrivando nel 1580 da Alessano a Ruffano, a seguito delle sue nozze con la sorella del gesuita, la nobildonna Porzia Mogavero, “che gli portava in dote, tra l’altro, una casa palatiata con mignano nel Rione San Foca”[13]. Sembrano certe le origini nobili della famiglia di Scipione se è vero che nella prima chiesa parrocchiale del paese, poi soppiantata dalla nuova realizzata nel 1712, venne edificata una cappella intitolata a “Santa Maria del Carmine et Anime Purganti” proprio dal “quondam Pietro Mogavero”, nella seconda metà del Seicento, e alla sommità dell’altare campeggia lo stemma nobiliare della famiglia[14]. Aldo de Bernart ci parla di Altobello Grassi, “medico eccezionale, per professionalità nemini secundus”, il quale fu il capostipite di una generazione di medici dal Cinquecento al Settecento. Laureato in medicina alla famosa Scuola Salernitana, Altobello tenne il suo studio in Ruffano dal 1580 al 1626, anno della sua morte.”[15]. Fu autore di un’opera di medicina dal titolo “Altobelli Grassi / Problemata varia et medicinalia / Jussu Josephi Grassi medici in lucem edita / in licy ex officina Thomae Mazzei / 1702”[16] dedicata al venerabile Padre Bernardino Realino. Il figlio di Altobello, Francesco “laureato in medicina alla Scuola Salernitana, nonché libero docente negli atenei di Napoli e di Pavia, si dedicò a postillare l’opera del padre senza però riuscire a pubblicarla data la sua prematura scomparsa. Dalla moglie, Donna Livia Pipina ebbe diversi figli fra i quali Giuseppe, al quale si deve la pubblicazione dell’opera del nonno, appunto a Lecce, nel 1702. Giuseppe fu Sindaco di Ruffano per diversi anni ma soprattutto fu un valente medico e la sua fama divenne così grande che attraversò tutta Terra D’Otranto e il Vescovo di Lecce Antonio Pignatelli, divenuto poi Papa col nome di Innocenzo XII, lo volle come medico personale”. Per questo, Giuseppe “si trasferì a Lecce, nel suo fastoso palazzo in Via dei Perrone, dove si spense il 1717 tra il compianto di tutti e in particolare dei ruffanesi”[17]. La figura di Altobello Grassi è molto importante anche con riferimento alla canonizzazione di Bernardino Realino, di cui il medico fu amico personale per trent’anni. Aldo de Bernart lo dice erroneamente morto nel 1626 ma Padre Antonio Grassi indica la sua morte nell’anno 1632[18]. Il Grassi, parlando della causa di canonizzazione del santo gesuita, afferma che l’interrogatorio di Altobello è avvenuto il 26 novembre 1629. Nell’esame, che si svolge ad Ugento, Altobello esprime la sua enorme riconoscenza nei confronti del Realino, magnificando le sue doti di generosità, umiltà e disposizione d’animo verso il prossimo[19]. Più volte, sostiene il medico, il Realino si è adoperato direttamente nei suoi confronti per toglierlo dalle tribolazioni, per esempio quando un suo figlio, Francesco, era stato messo in carcere, ma soprattutto quando un altro figlio che si trovava a Napoli sembrava avesse intrapreso una cattiva strada. Padre Bernardino, interessato al caso, pronosticò ad Altobello che il figlio sarebbe certo ritornato a casa di lì a pochi giorni e che anzi sarebbe diventato un valente giovane, cosa che poi accadde. Questo episodio, insieme a molti altri narrati da Altobello, guadagnarono al gesuita fama di veggente. Egli cioè prevedeva il futuro, come fece per il Vescovo di Ugento, Luca De Franchis, gravemente ammalato e che, come da profezia di Realino, in pochi giorni morì, come accadde con il Barone di Ruffano, Francesco Filomarino, che al contrario guarì, o anche con la nobildonna di Ruffano, Ippolita D’Urso, anch’ella miracolosamente guarita, grazie alle preghiere e ad una reliquia del santo. Altobello può fornire delle testimonianze dirette in merito, perché costoro erano suoi pazienti e dunque egli poteva affermare che non l’arte medica avesse potuto qualcosa ma l’intervento divino, per intercessione del Padre Realino. Con il santo gesuita, Altobello teneva una corrispondenza costante e lo ospitava in casa sua a Ruffano tutte le volte che il padre era in cammino da Lecce al Santuario di Leuca. Per altro, al profetizzato ritorno del “figliol prodigo” di Altobello, l’estensore della “Memoria” collega anche le origini della festa patronale di Ruffano. Infatti, essendo il giorno del ritorno, la festa di Sant’Antonio da Padova, ecco che il medico Altobello, d’accordo con i cappuccini del convento ruffanese, decise di stabilire quella data come festa patronale del paese, contribuendo personalmente nei primi anni a sostenerne le spese fino alla sua istituzionalizzazione[20]. Il figlio di Altobello, Francesco, ebbe numerosa prole, fra cui il già citato Giuseppe, e Antonio, che si fece frate, nel convento cappuccino di Ruffano, col nome di Fra Ruffino[21]. Padre Antonio Grassi, nella sua lunga Memoria, parlando di Altobello Grassi, scrive: «Questi capitato in Napoli s’abbattè con Scipione Mogavero, prete greco di Ruffano, quale osservata l’indole del giovine, l’ingegno, et il suo giudizio, e sopra tutto la bontà della vita, pensò dargli per moglie la sorella, che Portia Mogavero si chiamava, mentre s’era risoluto darsi a Dio nella Compagnia di Giesù, dove mutandosi il nome di Scipione in Francesco, il cognome di Mogavero in Perez riuscì di tal perfettione e santità, che ito nell’Indie e nel Giappone  coltivò que’ rozzi popoli per molti anni aratro fidei, e seminandovi la divina parola ne colse copiosissimo frutto d’anime battezate; alla  fine consumato dalle fatiche apostoliche di molti anni, et in tempo di grandi persecutioni contro la fede di Cristo morì, se non Martire [c. 50] del ferro, almeno di carità, e d’obbedienza, perché chiamato dal Padre Visitatore Alesandro Valignani per riaversi d’una lunga infermità contratta per le grandi fatiche, e per lo tanto star chiuso di giorno sotterra, sepolto prima che morto, per sottrarsi all’insidie de’ persecutori, e per giovar così mal vivo alli fedeli, uscendo la notte per somministrare loro e la parola di Dio, et il pane degl’Angeli, in tal maniera se l’abbreviò la vita, che nel porto di Caminosachi si morì, come dalla “Relatione” che mandò all’hora alla nostra Casa il Padre Bernardino Realino scritta di suo pugno che gelosamente si conserva, con mille altre lettere tanto del Padre Perez, quanto d’altri Padri della Compagnia, che di quanto qui succintamente ho scritto ragguagliavano la Casa»[22]. Ma facciamo un passo indietro e torniamo a Napoli, dove abbiamo lasciato il nostro Scipione Mogavero. Egli dovette studiare al Collegium Neapolitanum, uno dei più importanti dell’ordine. In particolare, il collegio era rinomato per il suo insegnamento di matematica affidato a professori di primo piano come Cristoforo Clavio e Cristoforo Griemberger[23]. Da Napoli Scipione si sposta a Roma dove probabilmente studia al Collegio Romano[24], e quindi nel 1581 si trasferisce a Lisbona, in Portogallo, dove continua i suoi studi di filosofia e teologia[25]. Fra i suoi compagni di studi, fino a Lisbona, Padre Marco Ferraro, proveniente da una nobile famiglia di Catanzaro, il quale seguì Mogavero anche nel viaggio in Giappone, come riferisce Schinosi[26]. Nel 1583, Mogavero intraprende il viaggio per l’India. Si imbarca sulla nave San Francisco insieme ad altri sei confratelli. Il viaggio, durato cinque mesi e mezzo, viene descritto da Padre De Gregorio in una lettera che invia da Goa il 3 dicembre 1583 a Padre Ioanni Pescatore[27]

Il Portogallo era stato uno dei primi paesi ad accogliere il nuovo ordine dei Gesuiti e ad inviarli in missione nelle terre d’Oriente. Del resto, questo paese vantava una lunga tradizione di viaggi di scoperta, a partire da quello dei genovesi fratelli Vivaldi che nel Duecento proprio al servizio della corona portoghese avevano oltrepassato lo stretto di Gibilterra, per cercare invano una nuova via per le Indie attraverso l’Oceano Indiano, continuando con Bartolemeo Diaz che nel 1488 aveva raggiunto il Capo di Buona Speranza, e infine con il doppiamento dell’estrema punta dell’Africa da parte di Vasco De Gama. Le ragioni di queste ardite spedizioni marittime erano essenzialmente economiche, ma una grossa parte giocava la rivalità con la Repubblica di Venezia, alla quale il Portogallo voleva sottrarre il monopolio dei traffici con l’Oriente. Nonostante la sete di denaro dei conquistadores, fu l’elemento religioso che guadagnò al regno lusitano il Protettorato sulle terre asiatiche, concesso da Papa Leone X nel 1514 con la Bolla Dum fidei constantiam animaeque devotionis affectum. Possedimenti portoghesi in Asia si estendevano dal Golfo Persico alla costa indiana (Goa, Bassein, Cochin), Ceylon, Malacca sulla costa malese, le isole Molucche, fino a Macao in Cina e Nagasaki in Giappone. Una vastissima area lusofona, immenso campo d’azione per i gesuiti. In Portogallo, molti frati andavano a studiare al prestigioso collegio di Coimbra, e poi dal Portogallo, come abbiamo visto, partivano per le Indie, e così fece nel 1541 Padre Francesco Saverio, spagnolo, fra i primi appartenenti all’ordine portoghese (solo sette all’inizio), insieme a Padre Rodriguez, che fu poi il primo Rettore del Collegio di Coimbra. Nel 1542 San Francesco Saverio (1506-1552), col titolo di Nunzio Apostolico, giunse a Goa insieme con i frati Paolo da Camerin e Francesco Mansilla, dando inizio alla gloriosa tradizione del missionariato gesuitico d’Oriente. Da Goa, il santo si porta a Malacca nel 1549, e insieme ad alcuni fedeli collaboratori, come Anjiro e i compagni Cosimo de Torres e Giovanni Fernandez, inizia ad evangelizzare anche le Molucche. Francesco, che fondò la provincia indiana dei Gesuiti, con sede a Goa, sbarcò poi in Giappone nel 1549. In una lettera a Sant’Ignazio di Loyola del 14 gennaio 1549, Francesco Saverio così scrive: «non vedendo alcuna necessità di rimanere in India, e sicuro di trovare in Giappone delle popolazioni avide d’istruzione e libere fino ad oggi da ogni contaminazione con gli ebrei ed i maomettani, ho preso la risoluzione di recarmici al più presto, e son sicuro che le nostre fatiche produrranno frutti seri e duraturi. Paolo, uno dei tre giapponesi venuti con me, l’anno scorso vi ha scritto una lunga lettera da Malacca. In otto mesi egli ha imparato a leggere, a scrivere e a parlare il portoghese. Attualmente sta facendo, e non senza utilità, degli esercizi. Egli ci dice meraviglie del suo paese»[28]. Queste motivazioni erano condivise da moltissimi missionari, insieme alla suggestione che il famoso libro di Marco Polo, il Milione, aveva esercitato su generazioni di europei, attratti dal fascino misterioso del Cipango. Il buddismo all’inizio del Cinquecento si dimostrava ormai incapace di fare fronte alle esigenze spirituali del popolo e fu anche per questo che il Cristianesimo riscosse un rapido successo. Nel 1542 tre portoghesi, Antonio Mota, Francesco Zeimoto e Antonio Pexota, erano stati i primi europei a sbarcare in Giappone, se si esclude il viaggio di Marco Polo di tre secoli prima.

Purtroppo, dopo i successi iniziali nell’evangelizzazione di quelle terre, la calorosa accoglienza dei bonzi, ovvero i sacerdoti buddisti, tosto si trasformò in irritazione e poi in aperta intolleranza, tanto che essi con vivaci proteste presso il potentato di Satsuma, convinsero l’alto funzionario ad espellere i gesuiti da Kagoshima, e fu comminato un editto di proscrizione e venne anche prevista la pena di morte per i trasgressori. Sicché agli inizi del 1550, Francesco fu costretto insieme ai suoi compagni a lasciare Kagoshima e recarsi ad Hirado. Né gli era riuscita l’impresa di recarsi a Miaco, l’attuale Kyoto, capitale dell’Impero. Anche ad Hirado fece migliaia di conversioni, come a Yamagucki, e successivamente si recò nel Bungo, dove parimenti fece grande proselitismo, ma quando si trovava in viaggio alla volta della Cina, si fermò nell’isola di Sancian, poiché ammalato, e lì morì nel 1552[29]. Dopo l’arrivo in India, secondo Wicki, Mogavero cambia anche il suo cognome in Peres[30]. Il Wicki riporta una lettera di Padre Silvestro Pacifico, inviata da Goa il 31 ottobre 1584 a Padre Ludovico Maselli, provinciale della Compagnia di Gesù di Napoli, in cui scrive: «Li giorni passati ricevetti una lettera dal P.Francesco Mogavero (che al presente si chiama P.Francesco Perez per non sonare bene qui il Mogavero)»[31]. Invece Schinosi afferma che Mogavero cambiò il suo cognome quando giunse in Giappone: «Non molte notizie ci rimangono delle sue molte fatiche, salvo quelle che s’incontrano nella Istoria del Giappone, sotto la denominazione di Francesco Perez; col qual cognome cambiò quel suo proprio, che quivi agli orecchi de’Giapponesi non ben sonava»[32]. Le stesse parole riferisce Padre Grassi, attribuendole ad una lettera di Marco Ferraro (che chiama Ferrari):

«Né devesi passare in silentio ciò che il Padre Marco Ferrari lasciò scritto di questo memorabile huomo: “Con lui entrò nella Compagnia (dic’egli) e con lui nel Giappone il Padre Francesco Mogavero di Ruffano nel Capo d’Otranto, ma non con lui giunse a vivere a tempo della persecutione accennata di Daifusama, come qui sotto diremo: nell’altra precedente di Taicosama egli volentieri si rimase fra mille pericoli, e mille imagini di morte a fruttificare nel Regno dello Scimo, dove v’hebbe la sua parte nella conversione alla nostra fede di più migliaia di gentili; e scrivesi più particolarmente di Francesco che per le fatiche sostenute in convertire alcuni Bonzi riportò dalle loro spoglie una volta in sua portione venti idoli, che con animo superiore all’insulti, et alle minaccie degl’idolatri volle di sua mano tutti in fascio pubblicamente bruggiati. Del resto non molte notitie ci rimangono delle sue molte fatiche, salvo quelle che s’incontrano nell’Istoria del Giappone, sotto la [c. 52] denominatione di Francesco Perez, con qual cognome cambiò egli il suo proprio, che questo all’orecchio de’ Giapponesi non ben sonava, così al nome di Scipione, qual si chiamava secolare, surrogò entrando fra la Compagnia l’altro di Francesco, et al cognome quel di Perez”»[33]

Dopo alcuni mesi che si trovava a Goa, il Visitatore Alessandro Valignano(1539-1606), Provinciale dell’India[34], assegna a ciascuno dei padri arrivati da Lisbona, la propria destinazione, fra India, Molucche, Cina e Giappone. Padre Mogavero, insieme a Padre Nicola Spinola (originario di Genova), viene mandato nella Pescheria, una regione sulla costa indiana, distante circa 45 kilometri da Goa[35]. Nel 1585, viene inviato in Giappone, attraverso la Cina.

In una lettera scritta da Padre Pietro Paolo Navarro da Macao il 6 novembre 1585 al Padre Benedetto Sardi a Roma, viene descritto il viaggio da Goa a Macao in Cina. La lettera è divisa in tre parti; in particolare nella terza parte, Padre Navarro (originario di Laino, Cosenza) parla dello studio della lingua giapponese in preparazione del viaggio nell’Impero nipponico. Porta, alla fine della lettera, anche i saluti dei Padri Marco Ferraro, Mogavero e Fulvio De Gregorio[36]. Scipione intanto mantiene sempre saldo il legame con la sua famiglia a Ruffano, attraverso il santo Bernardino Realino. Non manca di sottolinearlo Padre Antonio Grassi:

 «El Padre Realino così, nella sua delli 28 Giugno 1594 alla nostra Casa:

“Il Padre è al Giappone, e fruttifica in quel Paese, dove Nostro Signore  favorisce col ministero dei nostri la conversione di quella gentilità, et aspettiamo nuovi avisi, quali tutta [c. 54] via si stampano in Roma”»[37]

Più avanti nella su Memoria, troviamo:

 «Al detto nostro Padre Francesco scrisse più lettere il Padre Realino, come dalla sua scritta nel Gennaio 1604, in cui: “S’hanno buone nuove di quei paesi, nei quali va crescendo il servitio della santa fede”.

In un’altra, 27 Agosto 1607, in cui scrisse:

“Ma chi non si consola di bene nuovo, massime quando ne viene tanto servitio di Dio nostro Signore, e tanta salute di anime perdute, come accade in quei paesi pieni di tante eresie, che non appena la luce evangelica predicata da’ nostri con tanti sudori, e stenti, se bene è vero che qui amat non laborat: lode al dolce nome di Giesù ! Io penso di rispondere al Padre, ma vorrei che fusse accompagnato da una di V. S. lunga lunga, come esso la desidera; certo è che il suo cuore dice: sitis, fame e sete hanno d’ intendere che si fa alle nostre parti, come l’abbiamo noi di sapere l’avvisi di loro, sicchè nutritur amor, e potrà havere tempo per tutto il mese ch’entra, cioè di Settembre, e mandar qua la risposta che s’invierà con la mia per la via di Roma”»[38].

Evidentemente Bernardino Realino non aveva ancora appreso della morte di Scipione che lo stesso Grassi, come vedremo successivamente, data al 1604.

Con Mogavero da Goa per Macao partirono i Padri de Sande e de Almeida, in compagnia di altri dieci destinati al Giappone; questi erano «due padri castigliani per nome P.Gil de Mata et P.Anton Francesco, due Portughesi l’uno il P. Giovanni Rodriguez et un Fratello Baltassar Correa, gli altri tutti siamo Italiani, come il P.Celso Confalonero, il P. Pietro Crasso, P. Francesco Perez, olim Mugavero ( o Mogavero), P. Fulvio Gregorio, P. Pietro Paolo Navarro et io», come scriveva il Padre Marco Ferraro da Macao il 25 novembre 1585, e come riportano anche le Fonti Ricciane[39].

All’arrivo di Padre Mogavero, la situazione politico-religiosa del Giappone è molto complessa. In quel periodo, l’Impero del Mikado aveva attraversato una delle sue numerose fasi buie, dopo la lunga epoca di crisi (che va dal 1332 al 1573) che gli studiosi definiscono “Anarchia degli Ashikaga”: guerra civile, lotte intestine per la successione al trono imperiale, disordini, miseria, violenze, che hanno come conseguenza anche quella di distruggere l’enorme ricchezza culturale della civiltà giapponese. La religione più importante era ormai da secoli il Buddismo, che si era innervato su una precedente tradizione shintoista, senza comunque sradicarla, e la cui storia si identifica con la storia stessa del Giappone, sebbene ramificato in una miriade di potentissime sette spesso in contrasto fra loro. Le dispute dottrinali fra le varie sette spesso, da contese verbali, sfociavano in lotte armate che lasciavano vittime sul campo. Il Buddismo, col suo enorme portato culturale, influenzava la politica, tanto da spingere ad una vera osmosi fra potere temporale e potere spirituale. L’influenza dei bonzi era così grande che essa, se non soperchiava il potere degli amministratori imperiali, portava tensioni ed asprezze nella gestione del potere locale e contribuiva allo stato di disordine in cui versava l’Impero. Il Giappone era polverizzato in tantissimi potentati locali in sanguinosa lotta fra di loro[40]. All’arrivo di Mogavero, il successo della missione è più che consolidato. Ciò grazie a Padre Alessandro Valignano[41], che era sbarcato già nel 1579 in Giappone. Nella sua permanenza, egli riscosse una incredibile serie di successi, in virtù delle sue straordinarie doti strategiche. Valignano aveva capito che i missionari, per riuscire a far aprire agli indigeni il cuore al cristianesimo, dovevano compenetrarsi con la cultura giapponese, e infatti diede inizio ad un generale processo di assimilazione dei gesuiti agli usi e costumi degli orientali, in modo tale che i padri non fossero visti dai bonzi e dalle comunità locali come degli stranieri, ma come dei fratelli, integrati nella prestigiosa tradizione culturale del Giappone. Così, i missionari iniziano a vestirsi da bonzi, a prendere i pasti come loro e a seguire i loro costumi. La missione ebbe così tanto successo che si pensò di costituire il Giappone in Provincia gesuitica, retta da un Vice provinciale. Il territorio venne diviso in tre distretti: quello di Kyoto, quello dello Hizen e quello del Bungo, ciascuno retto da un Superiore. Furono istituiti collegi, dove i padri studiavano la lingua giapponese, e poi noviziati e seminari. Al termine del suo viaggio, nel 1581, la cristianità nipponica contava 150.000 fedeli, a soli 33 anni dallo sbarco sul suolo giapponese di San Francesco Saverio. Erano sorte centinaia di chiese e le richieste di battesimi e confessioni sopravanzavano di molto le reali possibilità dei padri gesuiti.  Le disponibilità economiche della missione erano però veramente scarse, tanto che il Papa, Gregorio XIII, con la bolla Mirabilia Dei, accorda un sussidio annuo all’opera missionaria, e il suo successore, Sisto V, con la bolla Divina bonitas, incrementa il sussidio, comunque insufficiente rispetto alle esigenze. Valignano nomina Padre Organtino Gnecchi Superiore della provincia del Giappone e l’opera instancabile dei frati produce una messe di nuovi fedeli, anche se la morte dell’Imperatore Nobunaga, che era stato il massimo protettore della cristianità, procura una battuta di arresto. Infatti, vi fu una sollevazione da parte dei samurai nei confronti di Nobunaga che portò alla guerra civile e all’uccisione dello stesso. Dalla asperrima guerra civile, venne fuori il nuovo dittatore, Hideyoshi, il quale, se all’inizio si dimostra molto aperto nei confronti del Cristianesimo, cambia poi atteggiamento e, con un’incredibile inversione di tendenza, inizia a perseguitare i frati missionari, emanando l’editto del 1587 che avrebbe portato poi alla caduta del Cristianesimo. Si intimava ai religiosi di abbandonare il territorio giapponese entro venti giorni. Fra le varie contestazioni che venivano loro mosse erano quella di voler evangelizzare con la forza, quindi utilizzando metodi violenti, attraverso i daimyo, sulla popolazione, quella di aver abbattuto le pagode per erigervi delle chiese, poi di aver perseguitato i bonzi, di mangiare carne di vacca e di bue, e inoltre di tollerare la pratica dello schiavismo perpetrata dai mercanti portoghesi anche a danno degli stessi giapponesi. Fra i vari storici della Compagnia di Gesù, c’è chi sostiene che questo editto venne causato da un ritorno di Hideyoshi alla religione buddista, in particolare dalla sua venerazione per una enorme statua del Budda, che costituiva una delle meraviglie del Giappone; ma si dice anche l’editto essere stato causato dal generale moto di indignazione nei confronti dei mercanti portoghesi a causa delle loro scorrette pratiche commerciali e dello schiavismo; quindi dall’ostilità verso gli stessi padri per l’ incoerenza e l’ipocrisia che essi dimostravano nel sopportare, se non addirittura favorire, simili pratiche. Altri studiosi sostengono invece che la causa principale dell’editto sia da ricercarsi nei mutamenti sociali e politici che il Giappone attraversava in quegli anni, con le lotte interne e la smisurata ambizione di Hideyoshi di unificare tutto il territorio sotto il proprio potere. Altri sostengono che in seguito agli intrighi orditi dagli Spagnoli nelle Filippine tra il 1584 e il 1586, il dittatore temesse che in realtà gli Spagnoli, alleati con i Portoghesi, volessero lanciare il loro piano di conquista anche sul Giappone. Certo, a contribuire furono più fattori. Sicuramente si deve tener conto della scandalosa condotta dei mercanti portoghesi, i quali non si facevano scrupoli di calpestare la morale cristiana pur di concludere le proprie operazioni commerciali. Adusi al vizio, corrotti e spregiudicati, i trafficanti, come detto, praticavano anche lo schiavismo e la loro disonestà e la scorrettezza nella conduzione degli affari con i Giapponesi finì per mettere in cattiva luce anche i padri missionari[42]. I funzionari imperiali si convinsero ben presto che ci fosse un chiaro disegno da parte della corona spagnola e portoghese di assoggettare il Giappone e farne una colonia europea e che i frati predicatori fossero solo il paravento di una ben diversa e meno nobile finalità politica. Di fronte all’editto di proscrizione, i padri Gesuiti si trovarono nel profondo dilemma se obbedire al bando e abbandonare il territorio giapponese, oppure restare a costo della propria vita. L’intendimento fu quello di offrirsi al martirio e tutti i frati, dai più anziani ai giovani novizi, si dichiararono fieri di versare il proprio sangue per la religione. L’esempio dei padri non fece che infervorare maggiormente i cristiani presenti sul territorio, i quali preferirono morire piuttosto che abiurare. E quando Hideyoshi venne a sapere che nella nave in partenza non si erano imbarcati che pochissimi cristiani, in un eccesso di furore, inasprì la repressione e minacciò di pena capitale tutti coloro che avessero dato aiuti ai cristiani.

Per quanto riguarda Scipione Mogavero, le notizie che abbiamo sulla sua permanenza in Giappone ci dicono che anch’egli doveva essere sulla nave che avrebbe dovuto riportare i religiosi a Macao, ma anch’egli non volle partire, a costo di rischiare la propria vita[43]. Scipione resta nello Shimo dunque, «nonostante mille pericoli e immagini di morte», come afferma Schinosi[44]. In una fase di allentamento della tensione, nell’ottobre del 1592 Scipione venne inviato da Padre Valignano a Myako, insieme ad altri tre confratelli giapponesi, poiché quella comunità cristiana era messa a repentaglio dall’ostilità dell’Imperatore. Infatti, lo stesso Visitatore Valignano pensò di lasciare il Giappone alla volta di Macao, affidando la comunità di Miyako a Mogavero. La fonte è Bartoli, il quale riferisce che per Padre Valignano restare in Giappone avrebbe significato mettere in grave pericolo non solo la propria vita ma anche quella dei confratelli, che furono addolorati di vederlo partire. Tuttavia, la decisione era presa e Valignano lasciò Nagasaki alla volta di Macao. Invece, dallo Scimo giunsero a Meaco Padre Perez con Padre Organtino, che risiedeva a Nagasaki con Valignano, e altri tre fratelli[45]. Successivamente, grazie all’intercessione del Governatore di Meaco, Padre Organtino Gnecchi ottenne di poter tornare a Nagasaki[46]. Mogavero, nella sua instancabile opera di evangelizzazione, si spostò successivamente a Osaka e qui si trovava nel 1597 quando l’Imperatore Hydeyoshi ordinò la ripresa delle persecuzioni, che portarono all’arresto e alla condanna a morte di 26 martiri cristiani, fra gesuiti e francescani, anche giapponesi, arrestati fra Kioto e Osaka.  Essi furono crocifissi a Nagasaki, dopo essere stati martoriati nei loro corpi, il 5 febbraio 1597. Nel pomeriggio di quello stesso giorno, il Vescovo Martinez si recò sul posto, proclamandoli martiri. Per ordine di Hideyoshi, i loro corpi vennero lasciati appesi alla croce fino alla decomposizione, ma il luogo divenne subito mèta di pellegrinaggio. La sentenza prevedeva che non si professasse più la religione cristiana sul territorio giapponese, pena la morte per i trasgressori. Trent’anni dopo, nel 1627, i martiri vennero beatificati da Papa Urbano VIII e nel 1862 santificati da Papa Pio IX[47].

Scipione Mogavero scampò alla persecuzione e alla condanna a morte.  Nel 1596 il Giappone fu anche funestato da un terribile terremoto e Padre Mogavero si salvò per miracolo, come riferisce Santagata[48]. Nel 1598, il Vescovo Pietro Martinez, dovendo tornare in Europa per sostenere la causa dei Gesuiti del Giappone accusati di vari reati e corruzione davanti al Re Filippo II e al Papa Clemente VIII, volle portare con se Padre Perez Mogavero. Nel viaggio però il prelato si ammalò e poco prima di giungere a Malacca morì. Così Mogavero ritornò in Giappone, dove riprese il suo missionariato in condizioni sempre più difficili[49]. I padri, non potendo uscire di giorno per paura di essere uccisi, erano costretti a celebrare messa di notte standosene chiusi in angusti sotterranei da cui non vedevano mai la luce, cosa che contribuì non poco a minare le loro condizioni di salute.                                                       Scrive Padre Grassi:

«e nel Padre Daniello Bartoli (Parte 2a, dell’Asia), che del Giappone scrive al lib. 2° (Taicosama), dice queste parole:

“L’Organtino ancor egli col Padre Francesco Perez passarono dallo Scimo al Meaco per aiuto di quella cristianità (p. 355). [c. 53] Di Taicosama dissi; cioè nel tempo di così fiera persecutione ch’eran forzati i Padri vivere, sepolti vivi il giorno, et operare la notte accompagnati da tanti stenti, e pericoli tra le selve, monti e caverne, quanti li traditori ordir ne potevano, e comandare un Imperatore tutto sdegno e collera, che sempre dava in nuove, e maggiori furie contro alla fede, onde bisognava stare sotterra sepolti, e marcir vivi, ove per lo più l’ammazzava la necessità, e li patimenti, prima che il ferro del persecutore”

E più sotto, alla p. 390, quando uscì da Taicosama l’ordine d’impriggionare li Religiosi di S. Francesco, dice così:

“Lasciansi al bisogno delli fedeli in Ozaca due sacerdoti, e Paolo Michi valentissimo predicatore (egli parla del Padre Organtino), el Padre Francesco Perez; et un altro fratello, Bolo Amacusa, sul primo annottarsi del dì seguente partì per assistere alla cristianità del Meaco, accompagnato come di certo andasse alla morte da un sì dirotto pianto di quei fedeli d’Ozaca; etiamdio di dame principalissime, e poi su l’ultimo licentiarsi assalito da una tale amorevole forza che l’usarono a serbarsi vivo alle necessità della fede, e nascondersi nelle loro case”»[50].

Sappiamo anche da Santagata che Mogavero compose un’opera: «Oltre alle ordinarie sue faccende, compose una robusta Scrittura in lingua giapponese ordinata a confutare il principale insegnamento della Filosofia de’Bonzi, che giudicano, il tutto originarsi dal Caos, cioè dal nulla in atto, e dal tutto in potenza», ma purtroppo essa è andata perduta[51]. Stefania Ferrara, autrice di una tesi di laurea sulla figura di Scipione Mogavero[52], suppone che questa scrittura non sia andata perduta, ma possa essere servita da spunto per la composizione di opere venute dopo, come il Myotei Mondo, del 1605, attribuita a Padre Fabian Fucan, che consta di tre volumi atti a confutare rispettivamente il buddismo, il confucianesimo e lo shintoismo. Si tratta di un’opera molto varia perché possa essere attribuita ad un solo compositore e gli studiosi ci hanno visto una serie di apporti o rimaneggiamenti, probabilmente avvenuti in epoche diverse. La Ferrara, sulla scorta di Pierre Humbertclaude[53], congettura che, se la prima parte può essere di Fabian Fucan[54], la seconda parte dovrebbe invece considerarsi opera del gesuita Camillo Costanzo, giunto proprio nel 1605 in Giappone dove trascorrerà nove anni, fino a quando l’editto di proscrizione lo costringerà all’esilio. Oltre a ritenere, con il Bertuccioli, che Padre Fabian si sarebbe limitato a tradurre in giapponese il testo preparato da Costanzo[55], la Ferrara sostiene che, essendo le conoscenze della lingua giapponese troppo limitate per Padre Costanzo, giunto da soli pochi mesi in terra nipponica[56] inevitabilmente l’opera non deve essere stata stesa da lui ma egli si sarà servito del lavoro fatto precedentemente da altri, e fra questi, in primis, il Mogavero. Padre Perez era vissuto e aveva evangelizzato negli stessi luoghi percorsi dal Costanzo, il quale potrebbe essere venuto a contatto con lo scritto mogaveriano utilizzandolo nella composizione del Myotei Mondo[57].

Vi sono due lettere di Padre Organtino del 1597, in cui il frate parla di Mogavero[58]. Salvatore Palesecita due lettere del Mogavero depositate in Arsi e per l’esattezza una indirizzata al Generale Everardo Mercuriano da Napoli, il 23 aprile 1569, e la seconda indirizzata al P.Benedetto Sardi, rettore del Collegio di Roma, da Goa, il 2 luglio 1585[59].

Seguiamo ancora le parole di Padre Antonio Grassi:

 «Il meglio però del Perez si è essere egli stato huomo di cui si ponno scrivere cose degne di leggersi non solo in quest’Istoria, ma nell’altre più riguardevoli, come furono le continue, e forse malagevoli Missioni in che spese la sua vita nello Scimo, e nel Meaco, et altrove, costandogli persecuzioni de’ Bonzi, esilij, et vergognosissimi scacciamenti tra l’improvise persecuzioni, e rivoluzioni de’ popoli, e della furia de’soldati in armi, dove più volte si [c. 55] vidde in tal punto, che se Iddio non accecava i soldati, era l’ultimo della sua vita; et in queste medesime tribulationi preso da malatie mortali, senz’altro dove ricoverare che una capanna mal’adaggiata, il letto una stuora stesa sul terreno, il cibo poco riso, la medicina non altro che la comune in abbandono della patienza, finchè disfatto dalli continui patimenti, come si disse, niente minori delle fatiche, quando gli si diede l’ultima fastidiosissima infermità, consolandosi col piacere di Dio che così voleva, e correggendo ogn’altro suo desiderio in vedersi disutile a servirlo, si godè del suo male con tanta, non che patienza, ma giubilo, che consolava chi ne accorreva per compatirlo; finalmente chiamato dal Superiore in Nangasachi, mentre ubbidiva al comando, nel porto di Caminosuchi passò a ricevere dal Signore il premio delle sue apostoliche fatighe. Et il Padre Daniello Bartoli in una sua a me scritta confessava d’essergli scappate molte cose dalla penna concernenti al nostro Padre Perez»[60].

La sua data di morte si colloca nel 1604, secondo Santagata[61], il quale sostiene che Mogavero, ammalatosi a Myako, venne mandato a Nagasaki per potersi curare ma morì durante il viaggio, esattamente il 2 gennaio del 1604, all’età di 53 anni. Secondo lo Schutte, che riporta una lettera di Padre Gabriele de Matos, Mogavero morì invece nel maggio del 1602[62], e così anche sostiene Wicki[63]. Lo stesso sostiene Padre Grassi:

«Non devo però tralasciare di trascrivere qui ciò che dalle lettere annue della Compagnia di Giesù del 1603, giacchè il Padre Realino lo trascrisse a noi di suo pugno:

“Il secondo che è morto è stato il Padre Francesco Mogavero del Regno di Napoli, di anni 48, e della Compagnia 23, grand’operajo in questa vigna, ove si è impiegato sedici anni, e così doppo d’haver passato molte fatiche in aiuto de’ Cristiani in varij luoghi, ultimamente in Meaco, ove molti anni era stato Superiore in quella residenza, cadendo infermo di febre per disagi, e mancamento di cibbi accomodati alla complessione europea, e venendosene per ordine del Padre Visitatore alle parti dello Scimo per curarsi, in mezo del camino [c. 51] sopra-giunto da un accidente passò a miglior vita (come crediamo) nel mese di Maggio 1602 alla vista del porto di Caminosachi, vicino il Regno di Bugen. Fu la sua morte sentita non poco dalli compagni, avendo perso un operario così buono nell’agiuto dell’anime, nel qual tempo haveano riconosciuto gran santità, e raro esempio di speciale pazienza che molto bene esercitò nella malatia e nell’altri travagli ”»[64].

E più avanti, riferendosi ad una lettera di Pietro Paolo Navarra:

«Ma tra le tante smarrite memorie pur hoggi vediamo lodato il nostro Francesco Mogavero Perez da quell’infatigabile operario, e poscia insigne Martire del Giappone Pietro Paolo Navarra, che in sua carta del 1604, di colà drizzata in Napoli ci fa leggere le seguenti parole:

“Il nostro buon Padre Francesco Perez già se n’andò a godere delli molti meriti che acquistò per tanti anni quanti ne servì al Signore con tanta edificatione di tutti, e principalmente per tutto quel tempo che dimorò in Meaco, dove quando infermo gravemente, acciochè si curasse meglio qui in Nangasachi, mandò il Superiore a chiamarlo,e perché si trovava molto debole morì nel viaggio, el suo corpo fu condotto in Nangasachi, ove sta sepolto”

Tutto questo si trova nella prima parte della Istoria della Compagnia di Giesù appartenente al Regno di Napoli, scritta dal Padre Francesco Schinosi, nel lib. 4°, cap. X, p. 344;»[65].

In un altro punto, parlando di un ritratto di Padre Mogavero di proprietà della famiglia Grassi, scrive:

«Di cui volendo la mia Casa viva sempre la memoria lo fe’ dipingere in atto di moribondo, e ne espresse in questi pochi sensi il molto dell’eroiche sue gesta: Padre Francisco Mogavero Perez, familiae suae quondam decori, nunc tutelari amatissimo alteri in Japone Xaverio festinata laboribus morte iuxta fractum morienti, Franciscus Grassus ejusdem pronepos simulacrum posuit. Obiit vir inclytus anno Domini 1604, aetatis suae 48, Societatis 23, Apost. Missionis 16»[66].

Ulteriori approfondimenti potranno mettere meglio in luce l’interessante figura di questo gesuita, la cui parabola esistenziale da un paesino del profondo sud dell’Italia si dirama nell’estremo Oriente asiatico.

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[1] J. Wicki, Monumenta Missionum Societatis Iesu, Vol. XXX, Missiones Orientales, Documenta Indica Vol XII (1580-1583), Roma, Monumenta Historica Soc. Iesu, 1972, pp.12-14.

[2] C. Sommervogel S.I., A. De Backer S.I., Bibliothèque de la Compagnie de Jésus. Bibliographie Tome V: Lorini – Ostrozanski Bruxelles/Paris, Schepens/Picard, 1894, p.1155; Istoria della Compagnia di Gesù appartenente al Regno di Napoli, descritta dal P. Saverio Santagata della medesima Compagnia dedicata a sua Eminenza Il Signor Cardinale Antonino Sersale, Arcivescovo di Napoli, Parte Terza, Napoli, Stamperia Vincenzo Mazzola, 1757, pp.135-137.

[3] J. Wicki, Monumenta Missionum Societatis Iesu, Vol. XXX, Missiones Orientales, cit., p.14.

[4] Istoria della Compagnia di Gesù appartenente al Regno di Napoli descritta da Francesco Schinosi della medesima Compagnia Parte prima, Napoli, Stamperia Michele Luigi Mutio, 1706, p.345.  Su Scipione Mogavero, si rimanda anche a: P. Vincenti, Scipione Mogavero da Ruffano: un gesuita nell’Impero del Sol Levante in «Rassegna storica del Mezzogiorno», Società Storica di Terra d’Otranto, Lecce, n.3, Alezio, Cmyk, 2019, pp.61-88.

[5] A. de Bernart, Iconografia di san Luigi Gonzaga in Ruffano (Memorabilia 16), Ruffano, Tipografia Inguscio e De Vitis, 2008.

[6] Sabatino De Ursis (1575-1620), missionario in Cina, scienziato, astronomo, architetto, geografo, fu un personaggio straordinario, sul quale esiste una vastissima bibliografia. A lui è pure intitolata una strada a Ruffano. Citiamo, fra le tante fonti: Dell’Historia della Compagnia di Giesu la Cina terza parte dell’Asia descritta dal P. Daniello Bartoli della medesima Compagnia, Roma, Stamperia del Varese, 1663, passim; Vita del P. Carlo Spinola della Compagnia di.Giesù morto per la Santa Fede nel Giappone del p. Fabio Ambrosio Spinola dell’istessa Compagnia all’Illustriss. E Reverendiss. Signore, e Padron Colendissimo, Monsignor Prospero Spinola Digniss. Vicelegato di Bologna, in Roma e in Bologna, per Clemente Ferroni, 1628, p.165; S. Santagata, Istoria della Compagnia di Gesù appartenente al Regno di Napoli, cit., passim; Menologio di pie memorie d’alcuni religiosi della Compagnia di Gesù raccolte dal Padre Giuseppe Antonio Patrignani della medesima Compagnia e distribuite per quei giorni dell’anno, ne’ quali morirono. Dall’anno 1538. Fino al 1728. Tomo I, che contiene gennajo febbrajo, e marzo, Venezia, Niccolò Pezzana, 1730, pp.51-52; L. G. De Simone, Lecce e i suoi monumenti, Vol. I, Lecce, Gaetano Campanella, 1874, p.56;  Matteo Ricci S.J., Relacao escripta pelo seu companheiro P.Sabatino De Ursis S.J. publicacao commemorativa do Terceiro Centenario da sua morte (II de maio de 1910) mandada fazer pela Missao Portoguesa de Macau, Roma, Tipografia Enrico Voghera, 1910; P. Tacchi Venturi (a cura di), Opere storiche del P.Matteo Ricci S.I., Macerata, Tipografia F.Giorgetti, 1913, Volume II, passim; L. Pfister, Notices Biographiques et Bibliographiques sur les Jésuites de l’Ancienne Mission de Chine, Xangai, 1932-1934, pp.103-105; G. Barrella, La Compagnia di Gesù nelle Puglie, 1574-1767, 1835-1940, Lecce, Tipografia Ed. Salentina, 1941, p.81; G. Ruotolo, Ugento Leuca Alessano Cenni storici e attualità, Siena, Cantagalli, 1952, p.7; J.Dehergne S.J.,Répertoire des Jésuites de Chine, de 1542 à 1800, Biblioteca Instituti Historici S.I. Volumen n.37, Roma, 1973, p.75; A. de Bernart, M. Cazzato, E. Inguscio, Nelle terre di Maria d’Enghien. Torrepaduli e S. Rocco, Galatina, Congedo,1989, p.45; F. Iappelli, I gesuiti nel Salento 1574 -1767, in  «Societas», n.3, 1992, p.112; U. Baldini, Saggi sulla cultura della Compagnia di Gesù (secoli XVI-XVIII), Padova, Cleup Editrice, 2000, p.94. Il primo studio monografico su di lui è: F. Frisullo-P. Vincenti, L’apostolato Scientifico dei Gesuiti nella Cina dei Ming. Il missionario salentino Sabatino de Ursis, Società Storia Patria Puglia Sezione Lecce, Castiglione, Giorgiani Editore, 2020.

[7] Su San Bernardino Realino (1530-1616), esiste una vasta bibliografia. Fra le fonti più antiche: G.C. Infantino, Lecce sacra, Lecce, Tip. Pietro Micheli, 1634, pp.162-176; Vita del Padre Bernardino Realino da Carpi della Compagnia di Gesù composta dal P.Giacomo Fuligatti della medesima Compagnia, Viterbo, 1644; Menologio di pie memorie di alcuni Religiosi della Compagnia di Gesù, raccolte dal P.Giuseppe Antonio Patrignani della medesima Compagnia e distribuite per quei giorni dell’anno ne’ quali morirono, dall’anno 1538 fino all’anno 1728, Volume III, Venezia, Tip. Nicolò Pezzana, 1730, passim; Vita del Venerabile Padre Bernardino Realino della Compagnia di Gesù scritta dal P.Giuseppe Boero della medesima Compagnia, Postulatore della causa, Roma, Tip. Bernardo Morini, 1852; Cenni biografici del Venerabile Padre Bernardino Realino scritti dal suo concittadino Isidoro Maini, Modena, Tip. Immacolata Concezione, 1869; Compendio della vita del V.P. Bernardino Realino d. C.d.G. apostolo della città di Lecce, scritto dal P.Giuseppe Broia  della medesima Compagnia, Lecce, Tip. Fratelli Spacciante,1892; E. Venturi, Storia della vita del Beato Bernardino Realino: sacerdote professo della Compagnia di Gesù, scritta e illustrata dal P.Ettore Venturi della medesima Compagnia, Roma, Tipografia Befani,1895; V. Dente, Un santo educatore e letterato gesuita, in «La Civiltà Cattolica», n. LXXXII, 1931, pp.21-36, 209-225; P. Tacchi Venturi- M. Scaduto, Storia della Compagnia di Gesù in Italia, Vol. III, L’epoca di Giacomo Laínez, il governo (1556-1565), Roma 1964, p. 293. La fonte più recente è Defensor Civitatis Modernità di padre Bernardino Realino Magistrato, Gesuita e Santo. Atti del Convegno Internazionale di Studi a quattrocento anni dalla morte (1616-2016) Lecce 13-15 ottobre 2016, a cura di Luisa Cosi e Mario Spedicato, Società Storia Patria Sezione di Lecce, Lecce, Edizioni Grifo, 2017.

[8] M. Spedicato(a cura di), Alessano tra storia e storiografia, Tomo II, Le fonti documentarie, di Antonio Caloro e Francesco De Paola, Società Storia Patria sezione di Lecce, Trepuzzi, Maffei editore, 2013.

[9] A.Caloro (a cura di), Breve Istoria della Famiglia delli Grassi di Martano, cittadini di Alessano (dal tardo medioevo al sec. XVIII), inM. Spedicato(a cura di), Alessano tra storia e storiografia cit., pp.114-189. L’originale di questo documento, trascritto da L.F. Degli Atti nel 1881 è conservato presso la Biblioteca Provinciale di Lecce.

[10] Ivi,pp.114-115.

[11] A. de Bernart Note sull’arte medica in Ruffano tra Cinque e Settecento. (Memorabilia 9-10),Ruffano, Tip. Inguscio e De Vitis, 2006.

[12] S. Palese, Una famiglia amica e devota di San Bernardino Realino: i Grassi di Ruffano, in F. Dandolo, A. Marcos Martín, G. Sabatini (a cura di), La Compagnia della Storia. Omaggio a Mario Spedicato, Tomo I, Istituzioni ecclesiastiche e poteri tra centri e periferie dell’Europa mediterranea, Soc. Storia Patria sezione Lecce, (Quaderni de L’Idomeneo), Lecce, Grifo, 2019, p. 159.

[13] Ibidem.

[14] A. de Bernart e M. Cazzato, Ruffano Una chiesa un centro storico, Galatina, Congedo, 1989, p.155.

[15] A. de Bernart Note sull’arte medica in Ruffano tra Cinque e Settecento, cit.

[16] A. de Bernart e M. Cazzato, Ruffano Una chiesa un centro storico, cit., p.38.

[17] A. de Bernart Note sull’arte medica in Ruffano tra Cinque e Settecento, cit.

[18] A. Caloro (a cura di), Breve Istoria della Famiglia delli Grassi di Martano, cittadini di Alessano (dal tardo medioevo al sec. XVIII), cit., p.147.

[19] Sullo stesso argomento, si veda M. Spedicato, Un santo tardivamente beatificato. I processi periferici di canonizzazione su Bernardino Realino, in Defensor Civitatis Modernità di padre Bernardino Realino Magistrato, Gesuita e Santo, cit.,pp. 45-46.

[20] A. Caloro (a cura di), Breve Istoria della Famiglia delli Grassi di Martano, cittadini di Alessano (dal tardo medioevo al sec. XVIII), cit., pp.142-147. Al riguardo, si veda: A. de Bernart Culto e iconografia di Sant’Antonio da Padova in Ruffano, Galatina, Congedo, 1987. 

[21] Ivi, p.148.

[22] Ivi, p.137.

[23] Al riguardo, si veda: R. Gatto, Tra scienza e immaginazione. Le matematiche presso il collegio gesuitico napoletano (1552-1670ca.), Firenze, Olsky,1994.  

[24] Sul Collegio Romano, si vedano: R. G.Villoslada, Storia del Collegio Romano dal suo inizio (1551) alla soppressione della Compagnia di Gesù (1773), in «Analecta Gregoriana», Vol.LXVI, Roma, 1954, pp.222ss.; B. Vetere, A. Ippoliti, Il Collegio Romano: storia della costruzione, Roma, Cangemi, 2003; P. M. D’Elia S.I., Galileo in Cina. Relazioni attraverso il Collegio Romano tra Galileo e i gesuiti scienziati missionari in Cina (1610-1640), Roma, Pontificia Università Gregoriana, 1947; U. Baldini, La nova del 1604 e i matematici e filosofi del Collegio Romano: note su un testo inedito, in «Annali dell’Istituto e Museo di storia della scienza di Firenze», n.2, 1981, pp.63-98; M. Fois, Il Collegio Romano:l’istituzione, la strutture il primo secolo di vita, in Il collegio Romano (secc. XVI- XIX ), a cura di F. Guerrieri, L. Nussderfer, in «Roma moderna e contemporanea», rivista interdisciplinare di  storia,anno III settembre -dicembre 1995, Archivio Guido Izzi, Roma 1995, pp.590-591.

[25]  J. Wicki,  Documenta Indica cit., pp.12-14.

[26] F. Schinosi, Istoria della Compagnia di Gesù appartenente al Regno di Napoli, cit., p.344.

[27] J. Wicki, Documenta Indica cit., pp.875-885.

[28] A.M. Faivre, Lettres De S. François Xavier, Apôtre Des Indes Et Du Japon, Traduites Sur L’édition Latine De Bologne De 1793, Précédées D’une Notice Historique Sur La Vie De Ce Saint, Et Sur L’établissement De La Compagnie De Jesus, Par A. M. F***, Éditeur. Tome Second A Lyon, Chez Perisse Frères, Impr.-Llbraires, Rue Mercière, n.33. A Paris, Chez Les Mêmes, Place Saint-André-Des-Arts, n.11, 1830, p.302. 

[29] Fra la vasta bibliografia su San Francesco Saverio, si vedano: Monumenta Xaveriana, ex autographis vel ex antiquioribus exemplis collecta, A Padre Alessandro Valignano S.I. ex India Romam missa (Historia del principio y progreso de la Compañía de Jesús en las Indias orientales), (opera in 16 volumi) Tomus Primus, Matriti, Typis Augustini Avrial, 1899-1900, pp.2-199; P.-L. Jos.-Marie Gros S.I., Saint François De Xavier Sa Vie Et Ses Lettres Tome Premier François De Xavier, en Europe Et Dans L’inde, Toulouse, Edouard Privat, Libraire-Éditeur, 45, Rue Des Tourneurs Paris Victor Retaux Libraire-Éditeur, 82, Rue Bonaparte, 1900; L.Delplace, Le Catholicisme Au Japon. S. François Xavier  Et Ses Premiers Successeurs 1540-90 Par  L. Delplace, S. J. Tome premier, Bruxelles, 1909; A. Brou, Saint Franåois Xavier, 2 volumi, Parigi 1912; Voce, a cura di Pietro Tacchi Venturi, in «Enciclopedia Italiana», Roma,Treccani, 1932; V. Comito, Storia della Cristianità in Giappone nei secoli XVI e XVII, Primo Volume, Torino, Marietti, 1973, pp.15-64.

[30] J. Wicki, Documenta Indica cit., p.14.

[31] Idem, Documenta Indica Vol XIII (1583-1585), cit., pp.517-525.

[32] F. Schinosi, Istoria della Compagnia di Gesù appartenente al Regno di Napoli, cit., p.345. 

[33] A.Caloro (a cura di), Breve Istoria della Famiglia delli Grassi di Martano, cittadini di Alessano (dal tardo medioevo al sec. XVIII), cit., p.138.

[34] Alessandro Valignano era stato nominato nel 1572 Visitatore delle Indie Orientali, dal Generale dell’ordine Everardo Mercuriano (1514-1580).

[35] J. Wicki, Documenta Indica Vol XII (1580-1583), cit., p.14 e Vol XIII (1583-1585), cit., pp.517-525.

[36] Opere Storiche Del P. Matteo Ricci S.I., Edite a cura del Comitato per le Onoranze Nazionali con Prolegomeni Note e Tavole. Volume Secondo Le Lettere dalla Cina, a cura di Pietro Tacchi Venturi, Macerata, Stabilimento Tip. Giorgetti,1913, pp.441-446.

[37] A. Caloro (a cura di), Breve Istoria della Famiglia delli Grassi di Martano, cittadini di Alessano (dal tardo medioevo al sec. XVIII), cit., p.138.

[38] Ivi,p.139.

[39] Storia dell’introduzione del Cristianesimo in Cina scritta da Matteo Ricci S.I. nuovamente edita ampiamente commentata col sussidio di molte fonti inedite delle fonti cinesi da Pasquale M. D’Elia S.I. Parte I: Libri I-III, Da Macao a Nancian (1582-1597), Roma, La Libreria dello Stato, 1942, p.225.

[40] Per le notizie storiche sull’evangelizzazione del Giappone, tra gli altri: D. Bartoli Dell’istoria della Compagnia di Gesù,  Asia, Volume secondo, Il Giappone, Roma, Stamperia Ignatio de’ Lazzeri, 1660; A. Profillet, Le martyrologe de l´Eglise du Japon 1549-1649, par l’Abbè Profillet, ancien Aumenier de la Flotte et de l’armée, Tome III, Paris, Tèqui  Libraire-Editeur, 1897; L.Delplace, Le Catholicisme Au Japon. S. François Xavier  Et Ses Premiers Successeurs 1540-90 Par  L. Delplace, S. J. Tome premier, Bruxelles, 1909; L. Perez O.F.M., Origen de las Misiones Franciscanas en el Extremo Oriente, Madrid, 1916; D. Shilling O.F.M., Le attività scolastiche dei gesuiti in Giappone durante i secoli XVI e XVII, in «Pensiero missionario», vol. IX, Roma, 1937; H.Bernard S.I., Infiltrations Occidentales au Japon, in «Bulletin de la Maison Franco-Japonaise», tomo II, n.1-4, Tokyo, 1939, pp.145-157; P. M.D’Elia, I grandi missionari, Alessandro Valignano, Roma, Edizione Unione Missionaria Clero Italiano,1940; J. Monsterleet, Storia della Chiesa in Giappone dai tempi feudali ai nostri giorni, Roma, 1959; V. Comito, Storia della Cristianità in Giappone nei secoli XVI e XVII, 3 Volumi, Roma, Marietti, 1973; J.R.de Medina S.I., Il contributo degli italiani alla missione in Giappone nei secoli XVI e XVII, in «La Civiltà Cattolica», Roma, 1990, pp.435-448; G. Malena, I gesuiti italiani missionari in Giappone nel « secolo cristiano » I: Notizie bio-bibliografiche su fonti e studi in lingue occidentali, in «Il Giappone», IsIAO, Vol. 35, 1995, pp.19-33; inoltre molti articoli tratti dai «Monumenta Nipponica», fondati da Sophia University,Tokyo, 1938.

[41] Anche sul Valignano esiste una vasta bibliografia. Tra gli altri, A. Valignano, Catechismus christianae fidei. Lisbon, Antonius Riberius, 1586 (opera rarissima ma inclusa nel primo volume di A. Possevino, Bibliotheca Selecta Qua Agitur De Ratione Studiorum in Historia, in Disciplinis, in Salutem Omnium Procuranda, Roma, Typographia Apostolica Vaticana, 1593); Copia di due lettere annue scritte dal Giapone del 1589 et 1590, Roma, appresso Luigi Zanetti, 1593; Lettera del p. Alessandro Valignano. Visitatore della Compagnia di Giesu nel Giappone e nella Cina de’ 10. d’Ottobre del 1599. Al r. p. Claudio Aquaviva Generale della medesima Compagnia, Roma, appresso Luigi Zanetti, 1603; D. F. Valignani, Vita del Padre Alessandro Valignani della compagnia di Giesù descritta dall’abate Don Ferrante Valignani, Roma, Stamperia di Gaetano Zenobi, 1698; P. M. D’Elia, I grandi missionari, Alessandro Valignano, Roma, Edizione Unione Missionaria Clero Italiano, 1940; Idem, Alessandro Valignano e l’introduzione definitiva del cristianesimo in Cina in «La Civiltà Cattolica», anno XCII, Vol.I, Quaderno 2174, Roma, 1941, pp.124 -135; J.E. Moran, The Japanese and the Jesuits. Alessandro Valignano in Sixteenth-Century Japan, Routledge, London and New York, 1993; M.A.J.Ücerler S.J., Alessandro Valignanomanmissionary, and writer, in «Renaissance Studies», Vol. 17, n. 3, september 2003,Wiley,New Jersey, 2003, pp.337-366; V.Volpi, Il Visitatore. Un testimone oculare del misterioso Giappone del secolo XVI, Milano, Piemme, 2004; A. Luca, Alessandro Valignano. La missione come dialogo con i popoli e le cultureEMIBologna, 2005; A. Valignano Il cerimoniale per i missionari del Giappone, a cura di J.F. Schutte, saggio introduttivo di Michela Catto, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2011; Alessandro Valignano, S. I., uomo del Rinascimento: un ponte tra Oriente e Occidente, a cura di A.Tamburello, Roma I. H. S. I., 2008; ecc.

[42] Si veda, sull’argomento: L. Vaz de Camoes, I Lusiadi, Milano, Rizzoli, 2001; ma anche t. iannello, La scoperta portoghese delle rotte marittime per la Cina, in L’Orientalistica a Napoli.Atti dei convegni internazionali “Il Portogallo in Cina e Giappone nei secoli XVI-XVII” (Napoli, 12-13 maggio 2014) e “Riflessi europei della presenza portoghese in India e nell’Asia orientale” (Napoli, 4 maggio 2015), a cura di R. De Marco, Napoli, Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, 2017.

[43] S. Santagata, Istoria della Compagnia di Gesù appartenente al Regno di Napoli, cit., p.136.

[44] F. Schinosi, Istoria della Compagnia di Gesù appartenente al Regno di Napoli, cit., p.344.

[45] D. Bartoli Dell’istoria della Compagnia di Gesù, Seconda Parte L’Asia: Il Giappone, Libro secondo, Roma, Stamperia Ignatio de’ Lazzeri, 1660, p.169. 

[46] A. Profillet, Le martyrologe de l´Eglise du Japon 1549-1649, cit., p. 287.

[47] V. Comito, Storia della Cristianità in Giappone nei secoli XVI e XVII, Volume II, Roma, Marietti, 1973, p.192. Si veda anche P. Carioti, Cina e Giappone sui mari nei secoli XVI e XVII, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2006. A Nagasaky, nel Kyushu, definita “la piccola Roma del Giappone”, la messe delle conversioni era stata davvero ingente. Il sacrificio dei martiri, immolati sul “Colle Santo”, viene ricordato ancora oggi nella Cattedrale di Oura, che si chiama appunto “Chiesa dei ventisei martiri”.

[48] S. Santagata, Istoria della Compagnia di Gesù appartenente al Regno di Napoli, cit., p.136. 

[49] Ivi, p.137.

[50] A.Caloro (a cura di), Breve Istoria della Famiglia delli Grassi di Martano, cittadini di Alessano (dal tardo medioevo al sec. XVIII), cit., pp.138-139.

[51] S. Santagata, Istoria della Compagnia di Gesù appartenente al Regno di Napoli, cit.,  p.136.

[52] S. Ferrara, La figura e l’opera missionaria in Asia del Gesuita Scipione Mogavero, Tesi di Laurea in Storia e civiltà dell’Estremo Oriente, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Napoli “L’Orientale”, A.A. 2007-2008.

[53] P. Humbertclaude, Myotei Mondo, in Monumenta Nipponica, Vol. I, 1938, pp.514-548, riportato da S. Ferrara, in La figura e l’opera missionaria in Asia del Gesuita Scipione Mogavero, cit., p.38.

[54] “Sappiamo che il P. Fabian Fucan accompagnò il P. Francesco Pasio,Vice Provinciale del Giappone, nella visita a Tokugawa Ieyasu, con l’obiettivo di rimettere in buona luce la religione cristiana dopo l’editto di proscrizione di Hideyoshi suo predecessore. Fabian fu di grande aiuto al Pasio, durante la visita avvenuta il 6 giugno 1607, basti pensare che compose un trattato di dottrina esclusivamente per quell’occasione”. S. Ferrara, op.cit., pp.37-38.  

[55] G. Bertuccioli, Camillo Costanzo, in «Dizionario biografico degli italiani», Vol. 30, Roma, Treccani, 1984, pp.398-400, riportato da S. Ferrara, in La figura e l’opera missionaria in Asia del Gesuita Scipione Mogavero,cit., p.38. Si veda anche: S. De Fiores, Il beato Camillo Costanzo di Bovalino Con 17 lettere inedite dal Giappone e dalla Cina, Milano, Jaca Book, 2000.

[56] Per confermare le scarse conoscenze della lingua giapponese, l’autrice cita due lettere da lui inviate al P. Muzio Vitelleschi il 14 dicembre e il 19 dicembre 1614. Ivi, p.39.

[57] Ivi, p.40.

[58] Copia di due lettere scritte dal P. Organtino Bresciano della Compagnia Di Giesu dal Meaco del Giapone – al Molto R. in Christo P.N. Il P. Clavdio Acquaviva Preposito Generale. Tradotte dal P. Gio Battista Peruschi Romano della medesima Compagnia. In Roma, Presso Luigi Zannetti. 1599, pp.4, 42, 44.

[59] S. Palese, Una famiglia amica e devota di San Bernardino Realino: i Grassi di Ruffano, in F. Dandolo, A. Marcos Martín, G. Sabatini (a cura di), La Compagnia della Storia cit.,pp.153-155.

[60] A.Caloro (a cura di), Breve Istoria della Famiglia delli Grassi di Martano, cittadini di Alessano (dal tardo medioevo al sec. XVIII), cit., p.139.

[61] S.Santagata, Istoria della Compagnia di Gesù appartenente al Regno di Napoli, cit.,  pp.135-137.

[62] J. F. Schutte S.I, Introductio ad Historiam Societatis Jesu in Japonia 1549-1650, ac Prooemium ad catalogos Japoniae edendos. Ad edenda Societatis Jesu Monumenta Historica Japoniae propylaeum,  Romae : Apud Institutum Historicum Soc. Jesu, 1968, p.339.   

[63] J. Wicki, Documenta Indica Vol XII (1580-1583), cit., p.14. Concorde anche l’Abbè Profillet: Le martyrologe de l’èglise du Japon 1549-1649, par l’abbè Profillet, cit.,pp.223-224.        

[64] A.Caloro (a cura di), Breve Istoria della Famiglia delli Grassi di Martano, cittadini di Alessano (dal tardo medioevo al sec. XVIII), cit., p.137

[65] Ivi, p.138.

[66] Ivi, pp.139-140.

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