di Giovanni Invitto
C’è un consumo cinematografico della paura. Se dovessimo elencare i generi da far rientrare nella filmografia finalizzata a produrre, tramite il pathos virtuale, quello reale cioè paura e sofferenza nello spettatore, la lista sarebbe amplissima: noir, thriller, apocalittici, vampirismo, pulp, indemoniati, drammi, esorcismi, Anticristo, violenza, incubi… Qual è il peso di questi generi all’interno della produzione filmica?
1. Numeri e generi
Non molto tempo addietro abbiamo fatto, come punto provvisorio di risposta, un’indagine, abbastanza empirica, nella quale fu presa in esame la messa in onda di film sull’unica televisione satellitare del momento in Italia. Erail marzo 2008. Sappiamo che quella emittente ha un settore dedicato al cinema. Allora aveva 10 canali, compreso quello HD. In quel marzo erano state previste 770 messe in onda di film, poiché ogni film è ripetuto più volte all’interno del mese. I titoli e le “categorie” qui utilizzati sono quelli indicati nel magazine ufficiale dell’emittente.
Questi i dati: 770 film, di cui 83 thriller (10,77%), 47 horror (6,10%), 228 drammatici (29,6%), Va detto che si inserisce la categoria “drammatico”, che non è di per sé immediatamente collegata alla paura, perché il dramma nella nomenclatura filmica, comunque, presenta una fenomenologia del “negativo” esistenziale.
Quindi il totale dei film che potevano essere collegati all’effetto paura erano 358, pari al 46,49% dell’intera messa in onda in quel mese, con altri generi, compresi quelli definiti “di azione” e “fantascienza”, che possono avere un effetto-paura, si arrivava alla cifra di 412, pari al 53,51%. Quindi v’era uno scarto in percentuale del 7,02 che costituisce una differenza non molto significativa.
Quell’indagine empirica cercò di constatare anche gli orari di messa in onda. Il 25 marzo 2008, alle 6 del mattino, orario che dovrebbe essere rivolto a spettatori adulti, su 10 film 4 rientravano nelle categorie prescelte. Erano: Frankenstein (1931); Assassinio nel campus (2001); Operazione terrore (1962); La moglie dell’avvocato, cinese (2003), che era qualificato come drammatico, ma che, in sostanza, si riduceva ad una buona commedia con qualche alone di violenza psicologica. Però, la cosa importante da segnalare è che la media dei film-paura non cambiava con il variare delle fasce di utenza: 4 film su 10 alle 6 di mattina; il 46% nell’arco di tutto il mese.