Di mestiere faccio il linguista 12. Come la pandemia influisce sulla lingua

 La parola scelta per il 2021 è «vax», una delle più utilizzate in assoluto durante l’era del Covid-19. Risale agli anni ’80 e finora risultava usata sporadicamente. Nell’anno che stiamo vivendo il suo utilizzo è salito alle stelle. Con rapidità estrema, favorita dalla brevità e dalla riconoscibilità, la parola si è diffusa nella lingua italiana, sempre più spesso preferita a «vaccino» ‘vaiolo di vacca’ (la prima sperimentazione si fece sulle vacche, individuando  una cura contro il vaiolo, allora diffuso soprattutto tra i bovini). Vaccino, registrato in questo senso dal 1840, è a sua volta molto più usato rispetto ad altri termini come «inoculazione», o a concorrenti ancora più deboli, ricorrenti in passato qualche volta e oggi praticamente scomparsi in questo significato, come «innesto» o «inserzione». 

Per la sua versatilità, la parola vax si è mostrata rapidamente in grado di dare vita ad altre parole o espressioni. A partire dal 2017, i vocabolari registrano il sostantivo maschile e femminile e l’agg. invariabile (in questo caso sempre posposto) «no-vax» ‘chi, che è contrario alla vaccinazione’. Si tratta di un modello ben noto, a partire da una pubblicità (di gran successo alcuni anni fa) che ammoniva: «No Martini, no party» a chi osava presentarsi a una festa senza dotarsi della opportuna bottiglia-regalo. Il modello, generalizzato, produce «no global», «no logo», «camicie no stiro» (per esaltare un pregio dell’indumento), perfino «clementini no semi» (su un cartello scritto a mano da un venditore ambulante di frutta e verdura per pubblicizzare la propria merce). Sui giornali leggo frasi come le seguenti: «È morto in ospedale a Ferrara il paziente “no-vax” di 68 anni affetto da una forma severa di Covid-19»; «Cari no vax, vi scrivo da un grande ospedale milanese, dove sto assistendo mio figlio 16enne». A volte inserendo l’espressione tra virgolette, a volte senza questo segnale di riconoscimento.

Si diffonde anche «free-vax» (‘vaccino libero’) che alla lettera e in significato corretto indica chi è a favore del libero accesso ai vaccini e chiede che i vaccini siano disponibili per ogni gruppo o categoria sociale o popolazione. Ma invece viene spesso usato con un significato opposto (e marchianamente errato) da coloro che, essendo contrari alla vaccinazione, rivendicano con quest’espressione libertà di scelta («free» ‘libero’), quindi reclamano di poter decidere autonomamente se vaccinarsi o meno. Senza badare al fatto che chi non si vaccina può infettare più facilmente gli altri, mettendo a rischio la vita altrui, oltre alla propria  (come chi decide di passare a tutta velocità con il semaforo rosso). Segno di ignoranza linguistica e medica insieme. Ad esempio: «Noi, free-vax. Centinaia in piazza contro i vaccini obbligatori». Alcuni politici, alla ricerca di facili consensi, si dichiarano free-vax, abusando di una parola bellissima come «libero». Mi colpisce che la scritta «libertà» campeggi sugli striscioni inalberati dai manifestanti che sfilano per le vie delle città, spesso scontrandosi con la polizia, rovesciando e incendiando cassonetti, addirittura (in un caso) assaltando la sede romana della CGIL. Alcuni irresponsabili in malafede inventano forme sciagurate: «#nazivax, quasi ‘vaccino nazista’, è l’hashtag usato dagli antivaccinisti per descrivere coloro che sostengono l’opportunità di vaccinarsi;  #fantavax (formazione ibrida che combina l’italiano «fanta-» e l’inglese «vax») è  usato per accusare chi è a favore delle vaccinazioni di avere idee incompatibili con la realtà (come «fantapolitica», «fantaeconomia», «fantamedicina»)».

Da quasi due anni la pandemia domina le nostre vite, la lingua registra quanto succede nel mondo, sia introducendo parole ed espressioni nuovissime sia ristrutturando il significato di altre già conosciute (chi vuol saperne di più consulti la sezione del sito dell’Accademia della Crusca dedicata alle parole della pandemia). Anche in modi trasparenti. Un solo esempio, piuttosto recente. Con la pandemia «checkpoint» ha ampliato il significato originario di ‘posto di blocco militare’ per assumere uno nuovo, indica uno sportello sanitario. In un comunicato dell’ANSA si legge: «Parte oggi a Roma il primo “Checkpoint” della Regione Lazio, un servizio innovativo dedicato alla prevenzione, consulenza e assistenza alle persone a maggior rischio di contagio». Sulla variazione semantica può aver inciso la popolarità di locuzioni come «check-in», «check-out», «check-list». La parola «check», è nella disponibilità collettiva anche in forma autonoma, come indica una frase quale fare «il check della situazione» ‘fare il punto’.      

La pandemia influisce sulla lingua, è normale.

                                           [“Nuovo Quotidiano di Puglia” di lunedì 27 dicembre 2021]                                             

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