Babbo Natale e la Befana, miti che portano il dono della speranza

Sono lo sprofondamento nell’infanzia, la lusinga dell’attesa, la bellezza dell’incognita, dell’incomprensibile, dell’inatteso, sono un sentimento sospeso tra la notte e il giorno, tra oggi e domani, tra un inizio e una fine.  Sono la nostra fortunata ostinazione a restare bambini oltre il tempo che è concesso al bambino, al di là dell’illusione, dell’immaginazione innocente, della rivelazione dei segreti del tempo e della crescita, delle verità che il mondo custodisce.

Forse a Babbo Natale e alla Befana i  bambini non ci credono più.  Ci credono, invece, i bambini cresciuti, quelli che hanno i capelli bianchi o che li hanno perduti. Ci credono le bambine anche loro cresciute, che truccano l’abitudine grigia dei giorni con il fondotinta pastoso, che camuffano la malinconia degli occhi sotto il mascara grumoso, che si guardano allo specchio e si stupiscono della ruga che solo ieri non c’era. Ci credono quelli che sono rimasti innocenti, che non si sono fatti fregare dal pragmatismo, dal qualunquismo, da carriere rampanti, che sono poeti senza scrivere poesie, che raccontano storie tanto per raccontare, che sono contadini senza saper coltivare, che sono pittori con i colori di idee, che fanno i giostrai di giostre in disuso, che si fermano a pregare nelle chiese  di campagna,  dove crepita ancora per devozione una lampada ad olio. Ci credono quelli che sanno aspettare.  Ora sono loro che credono a Babbo Natale, alla Befana, che si tengono dentro quelle creature favolose, quei miti dell’infanzia che portano meraviglie. Perchè vogliono i doni della memoria, quei ricordi dolceamari  come una madeleine di Proust.

Loro sono rimasti così, svagati e sapienti come tutti i bambini, ingenui, creduloni, ostinatamente incoscienti, che si ripassano a memoria le scene  nei cortili, con le ginocchia sbucciate e l’idolatria del pallone, e allora  come in un film  tutti i personaggi ritornano, tutti i paesaggi si ricompongono, il passato riprende a parlare, il presente disegna ancora illusioni, il futuro prende un po’ di  chiarore. Così Babbo Natale e la Befana conformano il destino, cancellano gli errori; fanno meno brucianti le delusioni, fanno meno acre la nostalgia. 

Sono questi i doni che porta Babbo Natale, che porta la Befana, a tutti quelli che ci credono ancora.

Non c’è bisogno di appendere la calza, non c’è bisogno di scrivere l’indirizzo. Loro conoscono  i nomi, uno per uno, conoscono le strade, i vichi, le case. Loro sanno anche che  non riusciranno a sorprendere nel sonno quei bambini,  perché quei bambini sono scaltri, fanno finta di dormire, per poi spalancare gli occhi all’improvviso per regalarsi con una tenerezza  stupefatta il dono straordinario di un sorriso.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Venerdì 24 dicembre 2021]

Questa voce è stata pubblicata in Prosa e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *