di Antonio Errico
Ci sono quelli che ci credono ancora. Non hanno saputo smettere, non hanno voluto. Ci sono quelli che li aspettano ancora, fingendo di dormire, tendendo l’orecchio a un rumore complice, sottile, a un fruscio che viene dal camino, a un passo leggero che sale dalle scale e poi ridiscende, guardingo, sornione. Ci sono quelli che continuano a scrivere a Babbo Natale, alla Befana, e poi nascondono la lettera sotto il cuscino, per proteggerla dal mondo, dal vento degli anni che spazza via tante cose ma non i desideri, non gli incantesimi, le fantasie delicate, le dolcezze profonde, le speranze salvate dalle macerie che accumula la vita. Ci sono quelli che non domandano niente: non più cavalli a dondolo, soldatini di stagno, trenini di legno, i fortini con gli Apache, le bambole che camminano, ridono, piangono, la gonna nuova, le scarpe con i tacchi, il pacco di quaderni, i pastelli di tanti colori, duecento lire di figurine con i calciatori.
Ci sono quelli ricordano ancora quella poesia di Marino Moretti imparata a memoria all’elementare, che aveva dei versi che facevano così: “A tutti il vecchio dalla barba bianca/ porta qualcosa, qualche bella cosa/ e cammina e cammina senza posa/ e cammina e cammina e non si stanca.”
Quando si è bambini non si capisce bene chi sia davvero Babbo Natale, chi sia veramente la Befana. Lo si capisce dopo: un po’ di tempo dopo: quando s’induriscono le ossa, quando passa acqua quieta o impetuosa sotto i ponti.
Un po’ di tempo dopo si capisce che quel vecchio con la barba bianca che cammina e cammina e non si stanca, che quella vecchina chiamata Befana, sono la speranza che i desideri di ciascuno, che quelli di tutti, si possano realizzare. Babbo Natale e la Befana sono le figure della speranza che non si stanca. Più si diventa grandi e più si crede che Babbo Natale esista veramente, che esista veramente la Befana. Non si può fare a meno di credere. Non si può smettere di credere. Soprattutto se i desideri non sono banali. Soprattutto se non sono capricciosi.
Babbo Natale e la Befana sono la profondità del sogno, l’intimità di un desiderio, lo stupore sincero per le cose che non sono, che vorremmo che fossero, sono quello che non abbiamo e che vorremmo avere, quello che non siamo e che immaginiamo di essere: per un giorno, per una volta sola, per un istante solo.