Gaetano Martinez genio plasticatore e l’Europa: complessità e modernità

Poco dopo Martinez esponeva a Palazzo Salviati il ​​suo Caino»[2].
Ma il maestro toscano del Cinquecento non era il solo riferimento, lo scultore galatinese aveva altri modelli ai quali rifarsi, alcuni sono figure geniali dell’arte “classica”, Leonardo per esempio; un altro modello invece lo trova nello spazio a lui più prossimo, il concittadino Gioacchino Toma.
Come per Michelangelo anche per Martinez il disegno è quell’elementogibile che congiunge l’idea alla effettiva realizzazione tangibile della stessa. È un passaggio necessario, immediato, che permette all’autore di avvicinarsi all’ideale professato da Toma; «Fanciullo, 1927: qui veramente Martinez si configura come l’erede… del grande concittadino Gioacchino Toma…» (F. Riezzo 2002, p.8).

Aldo De Rinaldis, nella monografia dedicata a Gioacchino Toma del 1934, narra che il pittore galatinese, tutte le sere, rientrava a casa verso le ventitré, dopo aver trascorso del tempo «coi consueti amici» al caffè di «Galleria Principe di Napoli», si sedeva alla scrivania, metteva giù degli appunti,
schizzi, che puntualmente strappava e che la moglie Diletta Perna (Perla) trovava al mattino: “Soleva trattenersi ogni sera coi consueti amici […] entro la Galleria Principe di Napoli […]; e quando rientrava a casa verso le ventitré, immancabilmente sostava nella sua stanza da studio almeno un disegno per un’ora. Ma nel mattino dell’indomani, sua moglie trovava quasi sempre […] qualche foglio da disegno ridotto a frammenti minutissimi”[3].
Ma il Novecento è noto per aver cambiato il concetto di forma, concettualizzata nelle decine, centinaia, di correnti e movimenti artistici che hanno modificato l’originale fisionomia del visibile, spingendolo nell’invisibile, nella dimensione interiore, fino all’astrazione totale … ​​è l’epoca delle avanguardie, del Futurismo, del Cubismo e poi del Funzionalismo architettonico.

Gaetano Martinez, Il dolore umano, 1915 dat., gesso, cm 67x65x60.

Nel 1913 Umberto Boccioni realizza “Forme uniche nella continuità dello spazio”, un bronzo di 115 cm.; il galatinese nove anni più tardi modella il “Caino” «di getto […] quasi con foga». I suoi Pagliacci sono l’applicazione del principio modernista del «dinamismo plastico» nelle opere d’arte, originato già dall’Ottocento europeo, i Pagliacci di Martinez saltano e fanno piroette come gli aerei di Mino Delle Site si muovono e volteggiano nei cieli del primo Novecento. Sono un’idea moderna, un concetto nuovo, sono il XX Secolo, tutto, italiano ed europeo».

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Note
[1] Giorgio Vasari (Arezzo 1511-1574), Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, Edizione integrale, Newton Compton Editori, 2015, (p.62);
[2] Alfredo Petrucci, in A. Crespi – A. Petrucci, Martinez, Istituto Grafico Tiberino, Roma, 1949; Operazione. cit. in M. Fortuzzi – V. De Vitis, Gaetano Martinez – Scritti e Disegni, R&R Editrice, Matera, 2002;
[3] Cfr. Aldo De Rinaldis, Gioacchino Toma, A. Mondadori Editore, Milano, 1934 (pp.34-35)

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