Pandemia: civiltà dei consumi o civiltà dell’uomo

In verità, sono tutti elementi costitutivi della vita umana e sociale e, quindi, momenti essenziali della consueta quotidianità tanto dei singoli quanto delle collettività. Si tratta, pertanto, di aspetti assolutamente sostanziali e ugualmente necessari della vita dei popoli e delle nazioni. Però, a ben considerarli in sé stessi e tentare poi di riscontrarne il rispetto da parte dell’azione  dell’odierna politica – caduta in balìa degli avversi nazionalismi e partitismi e corredata perlopiù solo di miopi e grette mire egoistiche e personalistiche del tutto  ignare del bene comune – si rivelano deficitari, in quanto parziali, insufficienti e gravemente inadeguati per una visione concettuale e fattuale, che ambisca a essere davvero integrale umanamente e dalle ampie dimensioni del mondo universale. L’odierna crisi pandemica, infatti, è globale e coinvolge tutte le realtà umane e sociali, a partire dall’alto dei mercati finanziari, per finire a condizionare pesantemente e determinare incisivamente l’economia reale, con la quale il popolo fa e deve fare i conti quotidianamente, con l’animo tremante, perché pendulo tra timori e speranze, tra diffusa confusione d’incertezze e fuggevoli sprazzi di lucidità angosciante, tra calma padronanza di sé e malcelata ira contenuta e sorda. E’ la vita concreta che ogni giorno sostiene la gente – rapportata alle laute negoziazioni dei mercati finanziari – che costringe a ripensare alcuni concetti fondamentali e ad aggiornare alcuni atteggiamenti comuni alla base della relazione tra economia, finanza, lavoro e sviluppo.

Negli ultimi tempi da più parti s’immagina e si progetta – anche e a giusta ragione – un probabile assetto delle nazioni e delle società nel prossimo futuro post-pandemico, e l’attenzione generale è volta soprattutto all’individuazione del come spendere le risorse da destinare ai diversi settori. Il suggerimento dominante è di cogliere l’opportunità e non sprecare energie per ottenere aggiornamenti e modernizzazioni; e dai diversi schieramenti politici e corpi sociali produttivi si snocciola un caldeggiato elenco magico di obiettivi: ripartenza, sostenibilità, transizione ecologica; ovviamente con l’occhio sempre puntato al Prodotto Interno Lordo. Tutti questi obiettivi sono da perseguire assolutamente, in quanto  necessari per la strutturazione della vita umana consociata; ma, così come sono proposti e perseguiti, rischiano di oscurare le finalità primarie e gli obiettivi fondamentali richiesti dal nuovo corso storico, che attende ogni cittadino spettatore e testimone di questa sciagurata calamità. Superare, infatti, l’emergenza sanitaria e risolvere al meglio la congiuntura economica significa solo aver mirato a modernizzare il futuro, senza favorirne nello stesso tempo il processo altrettanto vitale di civilizzazione e acculturazione, così come è sancito nella Costituzione Italiana, costantemente vigile e attenta a garantire e proteggere il benessere d’ogni cittadino in qualunque situazione sociale si trovi. Oggi viviamo in tempi di strabilianti innovazioni, ma anche di inquietanti forme di schiavitù salariale, sociale, tecnologica. Sono queste le dimensioni esistenziali, che rivendica e reclama il dovere civico e morale della giustizia sociale e della verità.

 Giova ricordare a questo riguardo quanto raccomandò già nel 1969 Aldo Moro: «Sia dunque ben chiaro che, quando si parla di un giusto controllo dell’economia e di rapporti umani, su base di autonomia, dignità e responsabilità nell’ambiente di lavoro, non si discute solo di efficienza produttiva, ma di condizione sociale della persona, di qualche cosa che va al di là della pur naturale rivendicazione di benessere e della giustizia, per toccare la posizione dell’uomo ed il suo modo di essere, il solo accettabile ed appagante, nella società. (…).  Si riscatta la persona dall’inquietudine e dallo scontento, che il solo benessere non riesce a placare. In una tale condizione c’è un lavoro da compiere ed una disciplina da accettare. Ma è importante e caratterizzante che in essi si esprima l’uomo non come servo della macchina, della tecnica, dei padroni, del potere, ma come libero e responsabile protagonista d vita sociale e politica».

                                           [Pubblicato sul blog   cosimoscarcella.blogspot.com]

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