Nell’intervento di Antonio Lucio Giannone, il campo si restringe progressivamente alla memorialistica risorgimentale meridionale, mettendo in evidenza l’ingiusta ma consueta emarginazione che essa ha conosciuto nelle trattazioni specifiche, in obbedienza ad una prospettiva spesso e volentieri unilateralmente centro-settentrionale. Giannone procede pertanto alla ricostruzione di questa obliata «epopea risorgimentale del Sud» attraverso una lettura incrociata delle memorie più significative, che vengono fatte dialogare con Carceri e galere politiche di Castromediano in un’ottica unitaria, che pur tenendo conto delle differenze, rievoca l’esperienza corale da cui tali opere scaturiscono. I memoriali di Castromediano, Nicola Palermo, Antonio Garcea, Cesare Braico e in parte gli scritti di Nicola Nisco, uno storico che condivise l’esperienza carceraria di questi patrioti, vengono in questo modo a costituire un importante corpus relativo alle lotte risorgimentali del Quarantotto nel Regno delle due Sicilie e all’esperienza vissuta in varie galere borboniche per un periodo che va dal 1848 al 1859, prima dell’avventurosa e rocambolesca liberazione avvenuta sulla nave che doveva condurli in America. Proprio quest’ultimo episodio mette in relazione le memorie degli autori citati con uno dei capolavori della memorialistica risorgimentale, le Ricordanze della mia vita di Luigi Settembrini, che Castromediano, nutrendo nei suoi confronti una sorta di venerazione, definisce il proprio maestro. Tuttavia, accanto alle affinità, a partire dalla comune aspirazione ad una scrittura capace di veicolare ai posteri l’indignazione verso le ingiustizie perpetrate da un «pravo governo», è premura del Castromediano rivendicare la propria originalità e sottolineare come le sue memorie siano il frutto della propria natura e del proprio modo di concepire e giudicare. La relazione di Fabio D’Astore, circoscrivendo ulteriormente la prospettiva, si concentra proprio sulle Memorie del patriota, delle quali viene ripercorso accuratamente il lungo iter redazionale, che nell’arco di un trentennio produce, mediante rifacimenti e ripensamenti, notevoli cambiamenti tra lo scritto immediato e l’opera destinata alla pubblicazione, di cui lo stesso relatore ha recuperato un manoscritto che rappresenta la stesura definitiva che andò in tipografia. I cambiamenti e i rifacimenti vengono interpretati da D’Astore alla luce di un mutato rapporto tra racconto e memoria, finalizzato alla valorizzazione di fatti ed eventi in funzione pubblica, nella prospettiva di un’opera concepita non come una mera narrazione di episodi e di uomini, ma come un vero e proprio manifesto programmatico-ideologico, particolarmente volto a ribadire la validità dei valori unitari e liberal-moderati contro la minaccia rappresentata dalle posizioni democratiche e repubblicane.
Accanto a questi interventi che insieme a quello di Gigi Montonato, incentrato attorno al ritrovamento di un nuovo manoscritto autografo delle Memorie, descritto in maniera puntuale e messo in relazione con gli altri manoscritti dell’opera, si concentrano sull’attività letteraria di Castromediano, ve ne sono altri che mirano ad esplorare altre sfumature della poliedrica personalità del duca. All’attività politica condotta a Torino tra il 1859 e il 1865, da esule prima e da deputato del Parlamento in seguito, sono riconducibili il saggio di Maria Alessandra Marcellan, che fornisce un vivace affresco della Torino degli anni Cinquanta e Sessanta dell’Ottocento attraverso la ricostruzione dei rapporti caratterizzanti il salotto della famiglia Savio, quello di Salvatore Coppola, riguardante il lavoro di deputato e i disegni di legge promossi da Castromediano, e quello di Emilio Filieri, che ripercorre, anche attraverso un inedito carteggio, il dissidio sorto per motivi politici tra il duca e Beniamino Rossi, compositore, musicologo e drammaturgo salentino. All’attività di promotore e organizzatore di cultura, a cui Castromediano si dedicò soprattutto dopo il ritorno nel Salento, sono invece dedicati gli interventi di Paolo Agostino Vetrugno, che sottolinea come il duca, attraverso l’istituzione della Commissione conservatrice dei patri monumenti e del Museo provinciale di Terra d’Otranto, avesse già dimostrato una piena consapevolezza del valore collettivo dei beni culturali; di Andrea Scardicchio, che si sofferma sulla significativa azione di ammodernamento in senso laico delle istituzioni scolastiche della provincia di Lecce; di Marco Leone, che conduce un’analisi formale e linguistica di una novella del Boccaccio tradotta dal duca in dialetto leccese; di Rosellina D’Arpe, che descrive l’archivio della famiglia Castromediano di Lymburg, e infine di Alessandro Laporta, che ricostruisce la biblioteca virtuale dell’autore mediante un’attenta indagine delle citazioni presenti nella sua opera.
[Recensione a AA.VV. Sigismondo Castromediano: il patriota, lo scrittore, il promotore di cultura. Atti del Convegno Nazionale di Studi (Cavallino di Lecce, 30 novembre – 1 dicembre 2012), a cura di Antonio Lucio Giannone e Fabio D’Astore, Galatina, Mario Congedo Editore 2014 – ISBN: 978-88-676-6078-0, pubblicata in “Oblio”, Anno V, n. 18-19, Autunno 2015, pp. 139-141.]