Lo studio degli oggetti etruschi o influenzati dalla cultura etrusca, rinvenuti nelle ricchissime tombe della Puglia, ha permesso di ricostruire una rete complessa di collegamenti; pensiamo ai gioielli di Ruvo, realizzati con le raffinate tecniche degli orafi etruschi, alle ambre, che fanno pensare ai circuiti adriatici, in cui i Dauni giocavano un ruolo significativo, venendo a contatto con le varie genti che si affacciavano su questo mare. Di una tale presenza è testimone la ceramica daunia ritrovata in vari punti dell’Adriatico, sia sulla costa italiana, come nelle Marche, che nei centri dell’Istria e della Dalmazia.
Le tombe antiche della Puglia hanno restituito anche numerosi vasi di bronzo prodotti in Etruria: bacini con orlo decorato da perline, diffusi nelle zone centrali e settentrionali della regione attraverso i valichi dell’Appennino. Nei porti dell’Adriatico, come Bari, Brindisi ed Otranto venivano sbarcate altre merci preziose, come i secchielli metallici con anse decorate da figure di animali, prodotti nelle officine etrusche della zona padana, che venivano usati nei banchetti. Un sarcofago di pietra rinvenuto a Vaste, in Messapia, apparteneva ad un nobile cavaliere, che aveva accanto a sé gli speroni di bronzo, a segnare il suo ruolo di comando; ai piedi era stato deposto un cratere attico a figure rosse, proveniente dalle officine di Atene, decorato da eleganti immagini di Dioniso, accompagnato dai suoi accoliti, un satiro che suona il flauto ed una Menade, ebbra per la presenza del dio che le porge una coppa piena di vino puro (akratos), non addomesticato dall’acqua. Ma l’oggetto più prezioso era un bacile, certamente usato nel rituale del seppellimento per lavare il corpo, ma simbolo anche del banchetto e del rito della lavanda dei piedi, segno di sottomissione al capo. Questo prezioso oggetto di bronzo era stato realizzato, intorno alla fine del VI sec. a.C., a Castel San Mariano, un centro etrusco nelle vicinanze di Perugia, famoso per l’abilità dei sui artigiani del metallo: dall’Italia centrale era giunto, con un percorso molto complicato, sino alla zona del Canale di Otranto, insieme ad altri oggetti, a testimoniare che qui era il punto di confluenza delle rotte marittime che collegavano l’Egeo all’Europa centrale, attraverso i porti etruschi alle foci del Po.
Ognuno di questi manufatti racconta una storia diversa, come il bacile tripode in bronzo conservato al Museo Castromediano di Lecce, ma proveniente da Oria; ha una forma molto particolare, tipica delle produzioni di Vetulonia, la città alla quale il MArTA ha dedicato la Mostra. Tra tutti i bronzi etruschi di Puglia questo oggetto del periodo Orientalizzante (VII sec. a.C.) documenta con maggiore evidenza le relazioni tra Puglia, Etruria e Vetulonia, la città della Dodecapoli, che, come Taranto ed il suo eroe fondatore Taras, legava le sue origini ad una divinità marina, Palemone, che appare, nelle monete locali, associato all’ancora ed al delfino.
[“La Repubblica-Bari” del 17 novembre 2021]