***
Invidiosi
Che oracoli
della maldicenza sono i biliosi,
degli
ominicchi, certo i peggiori, gli invidiosi;
prendersi
gioco di tutti è il loro vezzo
che però,
alla lunga, li porta al disprezzo.
Questi
motteggiatori ne hanno per tutti,
incancreniti
nel loro livore, razza di farabutti,
se a tutta
prima possono parere divertenti,
sono invero
come la carie per i denti,
sfottenti,
mettono chiunque alla gogna,
malvoluti,
come i cani si grattano la rogna.
Caustici,
tranchant, insultanti, insomma nocivi,
la loro
natura di calunniatori li fa recidivi
e chi è loro
superiore ferocemente odiare,
quando il
talento non riescono ad emulare,
allora
sputano veleno come la vipera,
è triste la
loro vita, la loro indole misera.
Seminano
l’invidia come la zizzania
e questa
cresce, di fandonia in fandonia,
mettono in
giro cattiverie e mostruosità,
solo per
appagare la propria meschinità.
Terribili,
questi Momo dalla cattiva coscienza,
non c’è pietà
per loro, nessuna clemenza,
essi si
rivoltano nella propria acrimonia
e sono
tossici, come alla bocca la sardonia.
Sguazzano
nello sterco delle stesse calunnie,
sempre in
fissa con le loro paturnie.
Che oracoli
della maldicenza sono i biliosi,
guai a chi li
frequenta, gli invidiosi;
qualcuno
dice: meglio farseli amici,
alla larga,
dico io, dai loro malefici.
Alla
larga
Requisitoria
contro gli invidiosi, rei di ogni comportamento ignominioso. Sono maldicenti,
farabutti, offensivi, calunniatori, seminatori di zizzania, malefici, ecc. Come
si vede, lo schema compositivo è quello del catalogo, musicalmente reso in rima
quasi sempre baciata.
***
Bubble wash
Ascolto “I heard it through the grapevine”, di
Marvin Gaye
alla radio e stranamente mi vengono in
mente le lavandaie.
Ma ecco, me ne sovviene il motivo, è lo
spot della Levis:
entrava in una lavanderia a gettoni un
fusto, simile ad Elvis;
il modello era Nick Kamen e correvano i
floridi anni Ottanta,
di acqua sotto i ponti di Langlois ne è
passata davvero tanta;
il ragazzo, nella lavanderia a gettoni,
per la gioia delle fans,
d’emblée, si spogliava e metteva a
lavare i suoi blue jeans.
Nel passato, le donne facevano il bucato
sulle rive dei fiumi
e coi loro canti, si spandevano
nell’aria quei delicati profumi.
Oggi non c’è paese o città che non abbia
una lavanderia self,
ci vanno il militare, lo studente,
l’extra comunitario e la milf;
che vuoi farci, diventa moda tutto quel
che viene dall’America
e così si è imposta anche qui in Italia
la lavanderia automatica.
Ma
dalle “Lavandaie a Pont-Aven”, tante cose
sono cambiate,
non
più le donne di Gauguin con le mani dall’artrite sformate;
dalle
“Lavandare” di Pascoli ai Jefferson, le mode sono passate
e
come le lavatrici, molte cose, nel tempo, si sono meccanizzate,
oggi
abbiamo le lavanderie industriali, funzionali e attrezzate,
e
le nostre abitazioni ormai dalla domotica sono automatizzate;
anche Nick Kamen è morto, penso, seduto
in una lavanderia self,
e mi scende una lacrima, nel mentre
punto una splendida milf.
Lavandaie
e lavatrici
La poesia
caustica del Satirico, in rime quasi sempre baciate, assume qui un andamento nostalgico
e diviene racconto che si dispiega nel tempo. Il tema è quello delle lavandaie
evocate con immagini tratte dal mondo dell’arte, Il ponte di Langlois di Van Gogh (1888)
e da quello della poesia Lavandare di Giovanni Pascoli (1891); immagini che si intersecano con quelle provenienti dal
cultura pop veicolata dalla televisione negli anni Settanta-Ottanta: il giovane
e seducente Nick Kamen,
protagonista dello spot della Levis degli anni Ottanta, i Jefferson, serie tv (1975-1985), il cui
protagonista, George Jefferson, è appunto titolare di una catena di lavanderie
a secco. Sotto il tema delle lavandaie agisce una carica erotica che la
meccanizzazione del settore non ha eliminato; e così anche la nostalgia si tinge
di erotismo: una lacrima… una milf…
***
Garçonnière
Ti posso
offrire un sereno ristoro, fedifrago amico,
in questa mia
casa che ne ha viste di battaglie,
poi del vino
col quale ubriacarti, magico farmaco,
e una
fragranza francese per il tuo piccante convito,
candidi
asciugamani, olii essenziali e latte di rose,
saponette,
pantofole e gli incensi, come di rito,
profumi,
yankee candele e musica d’atmosfera,
shampoo e
bagnoschiuma rubacchiati negli alberghi,
eleganti
drappeggi e smorza e’light nella
sera.
Tutto
troverai nella mia amena casetta, tranne il grano,
infatti,
amico leccafiche, langue il mio portafogli,
più lucido
del tuo membro, più pulito del tuo deretano.
Divertissement
Poesia priapea che racconta una storia di tradimenti e
ospitalità-complicità. Un amico ha
chiesto al Satirico di poter usufruire della sua casa per i suoi amorazzi adulterini
e il Satirico non gli ha detto di no. Gli metterà a disposizione un luogo
confortevole, ma non la grana (“il grano” del terzultimo verso in cerca di
rima), ovvero i soldi, di cui l’ospitante si dice sprovvisto. Citato Renzo
Arbore, smorza
e’ lights e poi anche
Catullo, carme XIII (nam tui Catulli / plenus sacculus est aranearum
– il tuo Catullo ha un portamonete pieno di ragnatele). Cultura pop e cultura antica si giustappongono – non è la
prima volta – nel divertissement del Satirico.
Saturae XII
***
Invidiosi
Che oracoli della maldicenza sono i biliosi,
degli ominicchi, certo i peggiori, gli invidiosi;
prendersi gioco di tutti è il loro vezzo
che però, alla lunga, li porta al disprezzo.
Questi motteggiatori ne hanno per tutti,
incancreniti nel loro livore, razza di farabutti,
se a tutta prima possono parere divertenti,
sono invero come la carie per i denti,
sfottenti, mettono chiunque alla gogna,
malvoluti, come i cani si grattano la rogna.
Caustici, tranchant, insultanti, insomma nocivi,
la loro natura di calunniatori li fa recidivi
e chi è loro superiore ferocemente odiare,
quando il talento non riescono ad emulare,
allora sputano veleno come la vipera,
è triste la loro vita, la loro indole misera.
Seminano l’invidia come la zizzania
e questa cresce, di fandonia in fandonia,
mettono in giro cattiverie e mostruosità,
solo per appagare la propria meschinità.
Terribili, questi Momo dalla cattiva coscienza,
non c’è pietà per loro, nessuna clemenza,
essi si rivoltano nella propria acrimonia
e sono tossici, come alla bocca la sardonia.
Sguazzano nello sterco delle stesse calunnie,
sempre in fissa con le loro paturnie.
Che oracoli della maldicenza sono i biliosi,
guai a chi li frequenta, gli invidiosi;
qualcuno dice: meglio farseli amici,
alla larga, dico io, dai loro malefici.
Alla larga
Requisitoria contro gli invidiosi, rei di ogni comportamento ignominioso. Sono maldicenti, farabutti, offensivi, calunniatori, seminatori di zizzania, malefici, ecc. Come si vede, lo schema compositivo è quello del catalogo, musicalmente reso in rima quasi sempre baciata.
***
Bubble wash
Ascolto “I heard it through the grapevine”, di Marvin Gaye
alla radio e stranamente mi vengono in mente le lavandaie.
Ma ecco, me ne sovviene il motivo, è lo spot della Levis:
entrava in una lavanderia a gettoni un fusto, simile ad Elvis;
il modello era Nick Kamen e correvano i floridi anni Ottanta,
di acqua sotto i ponti di Langlois ne è passata davvero tanta;
il ragazzo, nella lavanderia a gettoni, per la gioia delle fans,
d’emblée, si spogliava e metteva a lavare i suoi blue jeans.
Nel passato, le donne facevano il bucato sulle rive dei fiumi
e coi loro canti, si spandevano nell’aria quei delicati profumi.
Oggi non c’è paese o città che non abbia una lavanderia self,
ci vanno il militare, lo studente, l’extra comunitario e la milf;
che vuoi farci, diventa moda tutto quel che viene dall’America
e così si è imposta anche qui in Italia la lavanderia automatica.
Ma dalle “Lavandaie a Pont-Aven”, tante cose sono cambiate,
non più le donne di Gauguin con le mani dall’artrite sformate;
dalle “Lavandare” di Pascoli ai Jefferson, le mode sono passate
e come le lavatrici, molte cose, nel tempo, si sono meccanizzate,
oggi abbiamo le lavanderie industriali, funzionali e attrezzate,
e le nostre abitazioni ormai dalla domotica sono automatizzate;
anche Nick Kamen è morto, penso, seduto in una lavanderia self,
e mi scende una lacrima, nel mentre punto una splendida milf.
Lavandaie e lavatrici
La poesia caustica del Satirico, in rime quasi sempre baciate, assume qui un andamento nostalgico e diviene racconto che si dispiega nel tempo. Il tema è quello delle lavandaie evocate con immagini tratte dal mondo dell’arte, Il ponte di Langlois di Van Gogh (1888) e da quello della poesia Lavandare di Giovanni Pascoli (1891); immagini che si intersecano con quelle provenienti dal cultura pop veicolata dalla televisione negli anni Settanta-Ottanta: il giovane e seducente Nick Kamen, protagonista dello spot della Levis degli anni Ottanta, i Jefferson, serie tv (1975-1985), il cui protagonista, George Jefferson, è appunto titolare di una catena di lavanderie a secco. Sotto il tema delle lavandaie agisce una carica erotica che la meccanizzazione del settore non ha eliminato; e così anche la nostalgia si tinge di erotismo: una lacrima… una milf…
***
Garçonnière
Ti posso offrire un sereno ristoro, fedifrago amico,
in questa mia casa che ne ha viste di battaglie,
poi del vino col quale ubriacarti, magico farmaco,
e una fragranza francese per il tuo piccante convito,
candidi asciugamani, olii essenziali e latte di rose,
saponette, pantofole e gli incensi, come di rito,
profumi, yankee candele e musica d’atmosfera,
shampoo e bagnoschiuma rubacchiati negli alberghi,
eleganti drappeggi e smorza e’light nella sera.
Tutto troverai nella mia amena casetta, tranne il grano,
infatti, amico leccafiche, langue il mio portafogli,
più lucido del tuo membro, più pulito del tuo deretano.
Divertissement
Poesia priapea che racconta una storia di tradimenti e ospitalità-complicità. Un amico ha chiesto al Satirico di poter usufruire della sua casa per i suoi amorazzi adulterini e il Satirico non gli ha detto di no. Gli metterà a disposizione un luogo confortevole, ma non la grana (“il grano” del terzultimo verso in cerca di rima), ovvero i soldi, di cui l’ospitante si dice sprovvisto. Citato Renzo Arbore, smorza e’ lights e poi anche Catullo, carme XIII (nam tui Catulli / plenus sacculus est aranearum – il tuo Catullo ha un portamonete pieno di ragnatele). Cultura pop e cultura antica si giustappongono – non è la prima volta – nel divertissement del Satirico.