Di mestiere faccio il linguista 5. Il genere e la lingua

Qualcuno enfaticamente si spinge a dichiarare che si supera in questo modo la tradizionale discriminazione della donna, fermenti positivi della società si trasferiscono finalmente anche nella scrittura della lingua italiana. Continua dunque, inarrestabile e con sempre nuove modalità, la discussione sul genere, sulle implicazioni sociali e culturali che nascono dalla nostra identità sessuale. Esiste tutto un filone di studi (studi di genere o «gender studies», nella denominazione originaria, di matrice anglo-americana), nato negli Stati Uniti negli anni Settanta del secolo scorso (su impulso dei movimenti femministi) e diventato ormai di dimensione mondiale. Se consideriamo specificamente la lingua, nell’italiano moderno la categoria grammaticale del genere prevede una distinzione tra maschile e femminile e comporta soluzioni e norme linguistiche specifiche. Ne ha trattato, da par suo, Paolo D’Achille in un intervento apparso lo scorso 24 settembre nella «Consulenza linguistica» dell’Accademia della Crusca.

La Consulenza è un servizio che l’Accademia mette a disposizione di chi cerca informazioni e chiarimenti grammaticali e lessicali, spiegazioni di fenomeni linguistici, origine e storia delle parole. Una redazione esamina i quesiti, che arrivano con una media di circa venti al giorno, e sceglie a quali rispondere, in base alla ricorrenza e all’interesse diffuso; le risposte pubblicate sulle pagine del sito dell’Accademia ricostruiscono la storia dei fenomeni, ne motivano e documentano l’evoluzione. Si affrontano anche questioni di rilevanza generale, con l’intento di sollecitare la riflessione su alcuni tratti salienti o problematici dell’italiano attuale. In questa prospettiva, le risposte intendono fornire, oltre alla possibile soluzione del quesito, strumenti per orientarsi in modo critico nell’affrontare problemi e fenomeni che coinvolgono l’evoluzione linguistica e culturale. Questo lavoro, ormai ventennale, ha prodotto un archivio di oltre mille schede che sono a disposizione dei lettori. Si possono leggere le risposte digitando nell’interrogazione una (o più) parole-chiave. Eccone alcune, scelte a caso: anglicismo, burocrazia, congiunzione, dialetto, diritto, etimologia, fonologia, forestierismo, gastronomia, grafia, grecismo, informatica, letteratura, locuzioni, meridionalismo, preposizione, regionalismo, scienza, sigle, ecc. Davvero una miniera, utilizzabile da chi opera nella scuola ma anche fuori da essa, in grado di offrire vantaggi all’intera società italiana.

 Torniamo all’argomento da cui siamo partiti. Nella terminologia linguistica il genere è la categoria grammaticale in base a cui nomi, aggettivi, pronomi si distinguono in maschili e femminili. In italiano (e anche in francese, in spagnolo, ecc.) il genere è maschile e femminile, in altre lingue (latino, tedesco, ecc.) esiste anche un genere neutro. Concentriamoci sull’italiano. Abbiamo coppie come il padre e la madre, il compare e la comare, il sarto e la sarta, il maestro e la maestra, il principe e la principessa, il cameriere e la cameriera, il lavoratore e la lavoratrice, ecc. Abbiamo poi i cosiddetti nomi “di genere comune”, che non cambiano forma col cambio di genere, perché la distinzione è affidata agli articoli (o agli aggettivi di riferimento), maschili o femminili a seconda dei casi. In questo modo distinguiamo tra il cantante e la cantante, il consorte e la consorte, il preside e la preside.

Non sempre è così. Alla regola generale si è sottratta, con piena consapevolezza, la cantautrice siciliana Carmen Consoli, la quale in un’intervista spiega perché ha scelto di essere definita «cantantessa»: «Fu un errore di un ingegnere del suono sudafricano che voleva dire di stare zitti perché la cantante doveva cantare, ma sembrandogli di rivolgersi a un uomo disse “la cantantessa”. Mi piace perché non è un termine serio e non vale come dire “la cantante”, quella che sa cantare. Io invece voglio passare come una che canta, una cantantessa appunto, che sta un gradino più sotto». Vediamo un altro esempio. Il sostantivo «presidente» indica ‘una persona che, nominata per elezione o con investitura dall’alto, dirige, sovrintende e coordina le attività di un organo, di un ente, di un’istituzione e simili’. È, a seconda dei casi, di genere maschile o femminile, quindi «il presidente» o «la presidente». Il femminile «presidentessa», che pure a volte ricorre qua e là, viene sentito come connotato in senso ironico o spregiativo ed è rifiutato da personalità molto note. Azzurra Caltagirone è Presidente di Caltagirone editore secondo il sito ufficiale del gruppo, Maria Elisabetta Alberti Casellati ha dichiarato di voler essere definita Presidente del Senato (e in precedenza Laura Boldrini, ex Presidente della Camera, aveva operato una scelta analoga), Nicoletta Maraschio è stata Presidente dell’Accademia della Crusca dal 2008 al 2014 ed è attualmente Presidente onoraria della stessa istituzione. Questa soluzione linguistica, del resto, suggeriva, già molti anni addietro, un libretto famoso di Alma Sabatini, «Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana», vero e proprio capostipite delle pubblicazioni che riflettono sulle implicazioni linguistiche dei cambiamenti sociali e sul nuovo ruolo della donna nella società contemporanea.

Nel mondo animale, distinguiamo il montone e la pecora, il gatto e la gatta, il gallo e la gallina, il leone e la leonessa, ma nella maggior parte dei casi il nome, maschile o femminile, indica tanto il maschio quanto la femmina (la lince, il leopardo, la volpe, il pappagallo, la gazza, il gambero, ecc.). Non hanno sesso le cose inanimate: eppure distinguiamo il femminile di radio, sedia, siepe, e il maschile di armadio, fiore, problema. È un fenomeno linguistico, non collegato al sesso. Le etichette cambiano a seconda della lingua e delle scelte dei parlanti. In italiano «il sole» è maschile, «la luna» è femminile; in tedesco «die Sonne» (‘il sole’) è femminile, «der Mond» (‘la luna’) è maschile. Ci sono sostantivi ambigenere. Possiamo scrivere: «nella valle rimbomba un’eco molto forte» o anche «un eco», con articolo femminile o maschile, indifferentemente, senza sbagliare. È sostantivo invariabile maschile e femminile «genesi» ‘origine, nascita’. Nella Bibbia si intitola «Genesi», maschile o femminile, con iniziale maiuscola, solo singolare, il primo libro del Pentateuco che narra le origini dell’uomo.

Dobbiamo ancora parlare delle grafie «nessunə» e «convintə» utilizzate da Michela Murgia nei suoi articoli. Lo faremo la prossima settimana.

                                           [“Nuovo Quotidiano di Puglia” del 7 novembre 2021]

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