di Ferdinando Boero
Boris Johnson, al meeting di Glasgow, dice tutto quello che gli scienziati e gli attivisti affermano da decenni: non c’è più tempo, dobbiamo agire in fretta, è finito il tempo delle parole. Chi verrà dopo di noi ci giudicherà per la nostra follia e inazione. I sistemi economici devono essere riformati perché gli schemi di oggi non vanno bene, hanno creato i problemi che ora siamo chiamati a risolvere. Parla da Glasgow, dove Watts, 250 anni fa, inventò la macchina a vapore, che Boris chiama la macchina del giorno del giudizio. Se Greta avesse pronunciato quelle parole non ci sarebbe nulla di strano. La solita Greta, che parla ai gretini. Dal canto suo, Draghi parla di biodiversità e di barriere coralline, e dice che i soldi non sono un problema, bisogna solo saperli utilizzare. Un discorso che cozza contro le affermazioni del Ministro per la Transizione Ecologica, che teme un bagno di sangue se attuassimo la transizione ecologica che lui dovrebbe realizzare.
Da una parte fa piacere sentirsi dare ragione da chi detiene le leve del potere. Ma temo che valga il vecchio adagio: la ragione si dà agli scemi (per farli tacere).
Faranno davvero quello che dichiarano di voler fare? Trent’anni fa, nel 1992, la Convenzione di Rio de Janeiro sulla biodiversità disse più o meno le stesse cose. Ed erano quasi tutti d’accordo. Come erano d’accordo a Johannesburg, a Kyoto, a Parigi. Certo, qualcuno non era d’accordo, tipo Trump, o i cinesi e i russi. Ma intanto chi era d’accordo avrebbe dovuto iniziare. Se pensi che una cosa sia giusta la fai, non trovi giustificazioni per non farla se qualcuno non la fa.
I cinesi sono la fabbrica del mondo. Con le delocalizzazioni i sistemi produttivi si sono trasferiti in Asia, dove si può produrre senza pressioni sindacali e senza leggi che difendano l’ambiente. La nostra classe operaia è in Cina. Poi i cinesi imparano e fanno per conto loro quel che facevano per conto nostro, e ci fanno concorrenza. Vogliono raggiungere il nostro livello di benessere prima di preoccuparsi dell’ambiente, ma intanto ci stanno pensando, inventeranno le tecnologie innovative per la transizione ecologica, e poi ce le venderanno.
È un momento cruciale? Non credo. Ho visto rimandare così tante volte gli obiettivi, e ora sento parlare di 2030, 2050 o 2060. Manca il 2040. Gente di sessanta-settant’anni che fa promesse per quando sarà morta da un pezzo. E si preoccupa del giudizio di chi verrà dopo: che punizione si vedrà infliggere in caso di giudizio di colpevolezza? L’onta della storia? Sai che paura.
È facile promettere in questo modo.