In questo tempo che macina le esperienze in pochi istanti e lascia di esse soltanto una insignificante poltiglia, forse la distrazione si può costituire come un’esperienza di senso, come un’occasione per un approfondimento dei significati con cui ci ritroviamo a confrontarci.
Ha buone ragioni Maurizio Dardano per essere prudente. Lui sa perfettamente che i giovani esistono per pretendere e per esercitare le loro libertà. Anche le loro libertà di lettori.
Nel “Manifesto del libero lettore”, quel libro che è un po’ saggio e un po’ racconto, Alessandro Piperno scrive che il libero lettore è colui che si lascia guidare dal capriccio, dalle sete e dalla necessità. Il libero lettore è un dilettante e in quanto tale aspira al diletto, è uno che si immerge in un’opera narrativa e non sta lì ad interrogarsi sullo spazio che essa occupa nella storia letteraria, non si chiede se sia realista, vittoriana, modernista, tradizionale, sperimentale, se appartenga ad un qualche genere. Non gli interessa.
Il libero lettore legge e basta. Perché questo gesto gli dà libertà di pensiero, lo sottrae alle sovrastrutture degli schemi e delle categorie, dei canoni, delle classificazioni, dei modelli, delle predefinizioni.
Il libero lettore è anche colui che si prende la libertà di indugiare, di rallentare il ritmo, di sfilacciare il tempo, di congetturare, di lasciarsi insidiare dalla distrazione. Il suo rapporto con il testo è esclusivo e confidenziale, e in una dimensione confidenziale la distrazione alle volte si acquatta in un angolo e se ne sta sempre pronta ad assalire. Quando assale, si può lasciare che si tramuti in disinteresse, oppure la si può contrastare e neutralizzare attraverso una nuova e più forte concentrazione.
Il libero lettore è convinto che la distrazione sia anche necessaria: perché costringe a ritornare indietro, a riprendere il filo, a ricomporre più fili che si sono sfilati dal rocchetto; perchè costringe a rinnovare l’attenzione, a cercare le condizioni per una diversa e nuova attrazione. Molte cose le abbiamo imparate in compagnia della distrazione. Tante di quelle battaglie di cui sono stracolmi certi periodi della storia, le abbiamo imparate sotto l’assedio della distrazione. Certe pagine dei “Promessi sposi” ci hanno distratti in maniera spaventosa. Allora siamo tornati indietro, ci siamo imposti di leggere meglio, di capire di più, oppure soltanto di capire quello che comunque era indispensabile capire
Allora, forse, la necessità della distrazione nell’esperienza della lettura sta proprio nella continua ricerca, nella costante tensione ad un suo superamento. In fondo è come quando si cerca di trovare in ogni giorno un nuovo senso, anche quando pare che le faccende di quel giorno siano identiche a quelle del giorno passato. Ma poi si riflette un attimo e si comprende che le faccende della vita sono ogni giorno completamente diverse. Forse le pagine di un libro sono come i giorni di una vita, le frasi come le ore, le parole come gli istanti. In certi giorni, in certe ore, in certi istanti, una cosa ci attrae, un’altra ci distrae. Come ci attraggono e ci distraggono le pagine, le ore, le parole.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 31ottobre 2021]