di Rosario Coluccia
Proseguiamo il discorso iniziato la scorsa settimana, continuiamo a parlare di deonomastica, la scienza che studia sistematicamente i vocaboli di derivazione onomastica, avendo come oggetto la trasformazione del nome proprio in nome comune.
Ben conosciuto è il caso di «cicerone», che ha alla base il nome del celebre oratore latino, e significa sia ‘oratore da strapazzo’ (attestato dal 1542, Aretino) sia ‘persona eloquente e alquanto saccente’ (dal 1761, Carlo Gozzi), e infine, con ulteriore passaggio, ‘guida turistica’ (in italiano dal 1768, poi diffuso in tutta Europa). Piuttosto noti sono anche «creso» ‘persona ricchissima’, dal nome di un antico re della Lidia, miticamente famoso per le sue ricchezze (dal 1798, Melchiorre Gioia) e «mecenate» ‘persona munifica, che protegge letterati, artisti e simili’ (da cui si sono formati l’aggettivo «mecenatesco» ‘proprio di un mecenate’ come nella frase: «Giorgio ha un comportamento mecenatesco» e il sostantivo «mecenatismo» ‘munifica protezione accordata a letterato e artisti’ come nella frase «nel settecento il mecenatismo era diffuso nelle corti europee)». dal nome del patrizio romano Gaio Plinio Mecenate, protettore e amico di poeti e letterati latini (attestato in italiano dal 1375, Boccaccio). Dal nome del giovane amato da Venere per la sua straordinaria bellezza, deriva «adone» ‘giovane molto bello’ (dal 1516, Ariosto); usato spesso in frasi negative come le seguenti: «Uomo che, francamente, non era un adone; ma aveva un corpo miserello miserello, e delle gambucce pelose e secche che mostravano le corde» (1936, Palazzeschi); «In verità non so cosa ci trovino le donne: calvo, giallo, grasso, basso… proprio non è un adone» (ante 1954, Moravia). Non sempre la filiazione è evidente. Durante la prima guerra mondiale l’imperatore austriaco Francesco Giuseppe d’Asburgo veniva dagli italiani denominato (certo non affettuosamente) «Cecco Beppe» (in veneto «Checo Bepe» e spregiativamente «Checo beco»): da queste forme è nato il sostantivo «cecchino» ‘tiratore scelto che, appostato, spara di sorpresa’ (dal 1918, Panzini), parola che per i nostri soldati delle trincee designava in particolare il nemico austriaco che sparava di fronte.