di Antonio Prete
C’è tra l’essere e il non essere un varco
oscuro, un vuoto di senso e di forma
nel quale quel che prima riluceva
ombra è di sé, filigrana d’oblio,
mancanza dove albeggia ancora l’iride
del possibile e nascosto respira
il seme d’altri trasognati mondi?
.
O questa luce d’inverno che indugia
nella striscia ultima dell’orizzonte
e il guizzo di celeste che trascorre
nello sguardo del cane sono il lampo
che ha per origine e meta soltanto
il gelido incavo del senzatempo?
.
Se lo stesso pensiero -si diceva
mentre ascoltava il passo della sera-
se la parola fossero respiro
e anche sfida di quella privazione ?