di Antonio Errico
“Io ho inventato e costruito una serie di equazioni che servono per gestire i sistemi complessi; equazioni a loro volta talmente complesse che non capivo cosa volessero dire. Poi lavorando con altri scienziati, ne abbiamo compreso il significato. Direi che è una grande soddisfazione perché è stato un lavoro molto creativo”.
Così dice il Nobel per la fisica Giorgio Parisi in un’intervista per il “Messaggero” rilasciata a Paolo Trevisi.
Quanto più i fenomeni, i fatti, le storie, gli eventi, le organizzazioni, i sistemi, le strutture, gli apparati sono complessi, tanto più per la loro comprensione si ha la necessità di un pensiero creativo: che perfori la superficie, squaderni l’apparenza, metta in crisi l’acquisito, ridiscuta le finalità e gli obiettivi, ridefinisca i metodi e le sequenze dei processi con cui si arriva alla conoscenza, determini un equilibrio tra prevedibilità e imprevedibilità, tra sistematicità e confusione che caratterizzano le situazioni e le condizioni che riguardano il sapere. In questo tempo più che in ogni altro tempo, probabilmente. Ma poi, in questo tempo più che in ogni altro tempo, non solo si ha bisogno di un pensiero creativo ma si ha bisogno di una creatività condivisa. Il pensiero creativo e solitario, pur restando indispensabile e prioritario in quanto è nella solitudine che il pensiero di ciascuno si confronta con il non ancora pensato, non è più sufficiente. Se il pensiero creativo resta solitario corre il rischio di non comprendere i risultati che raggiunge, le figure di significato che disegna o ridisegna, le strutture di senso che elabora o rielabora, le nuove espressioni che proietta sulla scena della conoscenza. Giorgio Parisi dice di aver inventato equazioni talmente complesse che ha potuto capire soltanto lavorando con altri scienziati.
Probabilmente non basta una sola intelligenza per comprendere la complessità. C’è bisogno della convergenza di una pluralità di intelligenze, competenze, intuizioni. C’è bisogno anche della convergenza di molte sensibilità, di molte visioni dell’essere e del mondo, e dell’essere nel mondo. C’è bisogno di una creatività che integra e fa interagire le diversità. In fondo la scienza ha proceduto sempre in questo modo. Tutti gli altri contesti devono riprendere e sviluppare i processi adottati dalla scienza. Forse è questa la sola strada possibile per un altro progresso, per un nuovo progresso. Forse è una creatività condivisa e collettiva che può garantitire sviluppo.