L’esistente umano, in particolare, per ricercare e trovare un qualche senso attinente o pertinente alla sua vita, ha almeno tre vie alternative, che può imboccare e percorrere. La prima: chiedersi e tentare d’indovinare quando, come e perché è pervenuto alla sua esistenza nel mondo; la seconda: indagare per quale causa agente e per quale nuova ignota destinazione – finalizzata o casuale – debba estinguersi e sparire dal pianeta terrestre. Cioè, può avviare e sostenere il suo itinerario d’indagine esistenziale, o partendo dal mistero talora angosciante della sua nascita o meditando sull’ineluttabile cogente necessità della sua morte. Rimane, altresì, una terza via: intuire con lucidità di mente e accettare con virile fermezza di volontà il senso rintracciato in un’indagine compiuta nella solitudine interiore del suo spirito; insinuarsi, poi, e penetrare con audacia nelle pieghe del proprio animo, per riconoscere e accogliere ogni risultanza della sua riflessione meditata riguardante il significato emerso del suo esistere nel presente, ora e in sé stesso, senza ricorrere all’ausilio di probabili termini di relazione certamente utili, ma pericolosamente fuorvianti. Soprattutto l’uomo, infatti – quale essere dotato di libera riflessività razionale, per nulla passiva e istintuale – deve avere il coraggioso ardire di non accontentarsi di comode elucubrazioni spesso inconcludenti, che servono solo ad allontanare pressanti scomode domande e addirittura a mistificare esigenze intime e profonde. È facile e appagante accogliere acriticamente le nobili voci dei vari credo religiosi, come è esaltante aderire agli ultimi dettami della cultura dominante e delle valide conquiste della scienza. All’uomo, però, che si limita a nutrirsi solo o soprattutto delle risultanze del mondo a lui esterno, sfugge il senso vero del vivere suo e del cosmo, in cui si trova collocato. Lo turba di continuo e agita la sua mente l’ombra sfuggente ma onnipresente del non-senso e, quindi, dell’assurdità di tutto, ch’egli respinge e allontana dal suo animo. Nello stesso tempo, però, sente che il non-senso non è meno assurdo della stessa assurdità: un senso deve esserci in ogni realtà e l’uomo ad esso anela e lo trova solo quando riesce a separarsi momentaneamente dal mondo a lui esterno e si ripiega nella solitudine interiore del proprio essere: lì trova il senso vero che sinceramente desidera e onestamente ricerca.
Solo così l’uomo scoprirà che il senso e il valore d’ogni vita non provengono né gli sono dati dall’esterno, che non sono un dato oggettivo, che solo il mondo custodisce ed elargisce a suo insindacabile volere, assegnando all’umanità il compito di rispettare e onorare ciò che a essa è destinato, evitando il blasfemo atto dell’inutile disubbidienza, con cui si dissacra la presunta verità e si genera disordine e caos. Al contrario, è l’uomo che proietta sul mondo valori e significati, che la sua mente razionale germina e la sua libera volontà di uomo determina. Ne deriverà e si consoliderà una vita umana animata e pervasa da un perenne e vitale afflato di sacralità, con cui si genera, si sostanzia e si orienta l’autentica dimensione della solidarietà umana universale. Ogni senso autentico, infatti, si cova nell’intimità della libera coscienza personale; e non c’è tesoro più prezioso del senso esistenziale personale intuito audacemente e custodito gelosamente in se stessi. Essere parte del genere umano, essere attore delle proprie scelte e co-attore dell’intera vita del cosmo, padroneggiare il sentimento della solidarietà naturale, intuire e testimoniare il proprio insostituibile ruolo nella storia dei tempi sono il tesoro covato e scoperto nella sacralità della propria coscienza. Questa inviolabile sacralità non è, quindi, un momento della coscienza umana, ma un elemento costitutivo e, perciò, organico della struttura stessa della coscienza, totalmente connessa allo sforzo che l’uomo compie per costruire un mondo che abbia un senso. Il significato della realtà, quindi, non è un dato oggettivo che si trova e si accetta, ma un valore che l’uomo proietta e pone in realtà, che percepisce come vuote e insensate. Il senso del mondo, quindi, è quasi una proiezione della totalità della persona umana integralmente vissuta.