***
Mezzosangue
Ma quale nobili genere natus,
tu, che mi
guardi dall’alto in basso,
figlio di un
coitus non interruptus,
sei un
mezzosangue a un dipresso!
Ti vanti di
essere il discendente
dei De
Pediis, illustre prosapia,
mentre io
sarei un pezzente,
appena
affrancato dalla sinopia:
ma “mi facci
il piacere”, fannullone!
Si sa che tua
madre circuì il signore,
spinta dal
padre, colono e lenone,
e riuscì di
quello a carpire il favore;
tuo nonno, da
schiavo della famiglia,
volle
prendersi la soddisfazione
per potere
così restituire la pariglia
di
compromettere il suo padrone
mescolando,
per una raffinata vendetta,
ai titolati
De Pediis il sangue blu
con il nero
della sua miserabile schiatta,
quella da
cui, arrogante, vieni anche tu.
La vera
nobiltà, è una vecchia lezione,
è solo dei
sentimenti e dell’altezza
d’ingegno,
non la dà certo il blasone.
La tua
aristocrazia viene dall’uccello
di tuo padre,
il quale, abbindolato
da una
domestica, le ha dato l’anello.
La
vera nobiltà
Il Satirico
rievoca una storia di seduzione e di ascesa sociale quale ci ha tramandato la
fine della vecchia società contadina. La figlia di un colono seduce il nobile padrone,
con la complicità del padre che le fa da mezzano; nasce un rampollo che, a detta
del Satirico, non ha nulla di nobile, ma anzi rivela col suo comportamento
sprezzante (egli “guarda dall’alto in basso il poeta”) le sue origini
“mezzosangue”, come da titolo. E’ l’occasione per ritornare su “una vecchia
lezione”: che cos’è la vera nobiltà”? Come Dante, che in Convivio IV
parla della “verace nobilitate”, il Satirico dice che essa “è solo dei
sentimenti e dell’altezza / d’ingegno, non la dà certo il blasone”. Il cognome
della famiglia De Pediis è inventato, mentre reale è il riferimento a Totò, che
di miseria e nobiltà se ne intendeva. Sinopia è la terra rossa (dal nome della
città di Sinope sul Mar Nero da cui un tempo proveniva il colore rosso usato
dagli antichi), che si può vedere in alcune zone del Salento dove più diffusa è
la terra ricca di ferro.
***
Palinodia
Come a
Stesicoro, i dioscuri Castore e Polluce
avevano
sottratto gli occhi, per avere il poeta
straparlato
di Elena, restituendogli la luce
solo quando
quello ritrattò la improvvida sortita,
così ho
sognato che un fottuto grillino, assai adirato,
mi portasse
via il batacchio per avere, io malèdico,
sparlato del
suo cinedo in un discorso privato,
togliendomi
dall’inguine il piacere benefico;
e sebbene io
conosca per pruova una certa ruberia,
per
scagionare il suo amasio, mi tocca smentire,
e allora
pronto, mi accingo alla mendace palinodia,
così da
vedermi, perdonato, il prezioso bene restituire.
Castrazione
Satira politica e riferimenti mitologici e letterari si
mescolano nella poesia, che ha per tema la castrazione del poeta, reo di aver rivelato
una ruberia dell’amante omosessuale di un noto politico grillino; il quale, in
sogno, restituirà al poeta il maltolto (i suoi testes, i testicoli)
solo previa palinodia. Il poeta sa che il grillino castratore è un ladro, ma
non può farci nulla: questi è il potente di turno e gli conviene ritrattare. Da
notare il riferimento alla Palinodia di Stesicoro (il primo poeta della
Magna Grecia, vissuto tra la fine del 7º e la prima
metà del 6º sec. a. C.) nella quale questi ritratta quanto aveva affermato nell’elegia
Elena a proposito della sposa di Menelao, e cioè che era una donna
infedele. Il suo parlar male (che, ricordiamolo, è caratteristica
propria del Satirico) gli aveva attirato la punizione dei divini fratelli
Castore e Polluce, che lo avevano accecato. L’accecamento è figura della
castrazione e ottima similitudine. Ancora una volta il Satirico è costretto a
piegare la testa e a prendere le botte. Non è la prima volta. Ma ha la sua
rivincita: la palinodia in forma poetico-satirica, infatti, è una falsa
(“mendace”) ritrattazione perché non fa
che confermare le accuse al politico “infedele”.
Saturae VIII
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Mezzosangue
Ma quale nobili genere natus,
tu, che mi guardi dall’alto in basso,
figlio di un coitus non interruptus,
sei un mezzosangue a un dipresso!
Ti vanti di essere il discendente
dei De Pediis, illustre prosapia,
mentre io sarei un pezzente,
appena affrancato dalla sinopia:
ma “mi facci il piacere”, fannullone!
Si sa che tua madre circuì il signore,
spinta dal padre, colono e lenone,
e riuscì di quello a carpire il favore;
tuo nonno, da schiavo della famiglia,
volle prendersi la soddisfazione
per potere così restituire la pariglia
di compromettere il suo padrone
mescolando, per una raffinata vendetta,
ai titolati De Pediis il sangue blu
con il nero della sua miserabile schiatta,
quella da cui, arrogante, vieni anche tu.
La vera nobiltà, è una vecchia lezione,
è solo dei sentimenti e dell’altezza
d’ingegno, non la dà certo il blasone.
La tua aristocrazia viene dall’uccello
di tuo padre, il quale, abbindolato
da una domestica, le ha dato l’anello.
La vera nobiltà
Il Satirico rievoca una storia di seduzione e di ascesa sociale quale ci ha tramandato la fine della vecchia società contadina. La figlia di un colono seduce il nobile padrone, con la complicità del padre che le fa da mezzano; nasce un rampollo che, a detta del Satirico, non ha nulla di nobile, ma anzi rivela col suo comportamento sprezzante (egli “guarda dall’alto in basso il poeta”) le sue origini “mezzosangue”, come da titolo. E’ l’occasione per ritornare su “una vecchia lezione”: che cos’è la vera nobiltà”? Come Dante, che in Convivio IV parla della “verace nobilitate”, il Satirico dice che essa “è solo dei sentimenti e dell’altezza / d’ingegno, non la dà certo il blasone”. Il cognome della famiglia De Pediis è inventato, mentre reale è il riferimento a Totò, che di miseria e nobiltà se ne intendeva. Sinopia è la terra rossa (dal nome della città di Sinope sul Mar Nero da cui un tempo proveniva il colore rosso usato dagli antichi), che si può vedere in alcune zone del Salento dove più diffusa è la terra ricca di ferro.
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Palinodia
Come a Stesicoro, i dioscuri Castore e Polluce
avevano sottratto gli occhi, per avere il poeta
straparlato di Elena, restituendogli la luce
solo quando quello ritrattò la improvvida sortita,
così ho sognato che un fottuto grillino, assai adirato,
mi portasse via il batacchio per avere, io malèdico,
sparlato del suo cinedo in un discorso privato,
togliendomi dall’inguine il piacere benefico;
e sebbene io conosca per pruova una certa ruberia,
per scagionare il suo amasio, mi tocca smentire,
e allora pronto, mi accingo alla mendace palinodia,
così da vedermi, perdonato, il prezioso bene restituire.
Castrazione
Satira politica e riferimenti mitologici e letterari si mescolano nella poesia, che ha per tema la castrazione del poeta, reo di aver rivelato una ruberia dell’amante omosessuale di un noto politico grillino; il quale, in sogno, restituirà al poeta il maltolto (i suoi testes, i testicoli) solo previa palinodia. Il poeta sa che il grillino castratore è un ladro, ma non può farci nulla: questi è il potente di turno e gli conviene ritrattare. Da notare il riferimento alla Palinodia di Stesicoro (il primo poeta della Magna Grecia, vissuto tra la fine del 7º e la prima metà del 6º sec. a. C.) nella quale questi ritratta quanto aveva affermato nell’elegia Elena a proposito della sposa di Menelao, e cioè che era una donna infedele. Il suo parlar male (che, ricordiamolo, è caratteristica propria del Satirico) gli aveva attirato la punizione dei divini fratelli Castore e Polluce, che lo avevano accecato. L’accecamento è figura della castrazione e ottima similitudine. Ancora una volta il Satirico è costretto a piegare la testa e a prendere le botte. Non è la prima volta. Ma ha la sua rivincita: la palinodia in forma poetico-satirica, infatti, è una falsa (“mendace”) ritrattazione perché non fa che confermare le accuse al politico “infedele”.