Saturae VII

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Mala tempora currunt

Che cosa di peggio mi devo aspettare?

Mi colgano tremende coliche renali!

Quali turpi peccati dovrò scontare?

I Cinque Stelle sono andati al potere:

ratapierni e fistole mi perseguitino

se bel bello, col suo morbido sedere,

a Palazzo Chigi, un abietto grillino,

slombato se ne sta, molle e proclive,

come un antico romano sul triclino.

Quid est, Catulle, quid moraris emori?

Il Satirico entra nell’agone politico contemporaneo e se la prende coi Cinque Stelle, considerati come i parvenu della politica nostrana. Sembra di leggere Catullo che vorrebbe morire (vedi il titolo di questo commento tratto da Catullo, carme 52: Che c’è, Catullo, che aspetti a morire?) piuttosto che vedere certe scene: una nullità seduta su uno degli scranni più alti del potere civile. Da notare quel ratapierni, sostantivo dialettale che indica i guai (es.: m’hai dati nu saccu te ratapierni! che equivale a Mi hai dato un sacco di guai!).

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  Diffututa mentula

Vedi il mio numero ma non è carino:

perché non rispondi al telefonino?

Ti senti un grande, intoccabile e forte?

Minchia smidollata, ti auguro la morte!

Minchia smidollata

Minchia smidollata va bene come traduzione del titolo di questa poesia, essendo la mentula termine latino che designa l’organo sessuale maschile e l’aggettivo latino  diffututus significando lo stato di chi è stanco e sfinito da una smodata attività sessuale. Il riferimento a Catullo e alle poesie che riguardano Mamurra (Carmi 94, 105, 114, 115) si adatta bene a quei personaggi che si credono importanti e non rispondono al cellulare per attestare la loro importanza. Da me intervistato, l’autore, nelle vesti del Satirico, se ne è uscito con un’espressione dialettale davvero icastica, che mi piace riportare: “Suntu sulu cazzi chini te acqua!”. A costoro il Satirico non si perita di augurare la morte! Non sarei arrivato a tanto, mi sarei limitato a non cercare certi soggetti al telefono né altrove. Ma io non sono il Satirico, ma solo il suo commentatore e quindi mi scuso per il commento improprio.

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Mena, Nena, Lena

Nomina sunt…ti ha tradito il tuo nome, Lena,

ché Filomena in vari modi si può accorciare

ma tu hai scelto proprio quello della mezzana.

Con arti magiche, come la Canidia oraziana,

spergiura, pendaglio da forca e meschina,

ti sei insinuata viscida, da vera ruffiana,

fra il letto e la mia sgualdrina, ch’è troppo buona,

e con abboccamenti, menzogne e allettamenti,

alfine l’hai spinta a tradirmi, trista battona.

Quanto ti paga, dimmi, quel fottuto Gastone

perché tu mi rapisca la preda, corrotta lenona,

e la porti disarmata da quel minchione?

Ma, da che è mondo, c’è un prezzo su ogni cartello

e io ti darò di più, Sàgana, perché con veleni colchici

faccia fuori lui e mi restituisca lei con un tranello.

Una mezzana

Nomina sunt consequentia rerum, come volle Giustiniano nelle sue Istitutioni II, 7, 3, sì, ma bisogna stare attenti. Il nome Filomena non significa solo “colei che ama il canto”, ma si può accorciare in Mena, Nena, Lena, come da titolo. Qui Filomena è Lena (leno, lenonis in latino vuol dire magnaccia), una mezzana, che ha portato via al Satirico la sua donna per consegnarla ad un “minchione”, un Gastone di petroliniana memoria (rivedilo nell’ottima interpretazione di Gigi Proietti: https://www.youtube.com/watch?v=DrnC_Om_u0s). Il Satirico è infuriato ed è disposto a pagare di più la lenona pur di riavere la sua donna. Chiari i riferimenti ad Orazio, Epodo V (Canidia e Sàgana, due streghe).

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