Akra Marias, il promontorio di Maria

La tradizione dell’arrivo a Leuca di S. Pietro, che avrebbe scacciato gli idoli del culto pagano, viene riportata anche da altre epigrafi presenti nella Basilica. All’ambiente umanistico salentino si deve attribuire la creazione di un racconto che trova il suo riferimento nel libro III dell’Eneide (versi 530-532), in cui viene descritto l’episodio del primo sbarco in Italia dell’eroe troiano, in un luogo della costa salentina in cui sorgeva, in arce, ossia sull’altura che dominava l’approdo, il tempio di Minerva. Nella competizione tra le varie città salentine che rivendicano il collegamento al testo virgiliano, Leuca ed il suo clero vollero valorizzare questa tradizione in chiave cristiana.

Le fortunate recenti campagne di scavo a Castro hanno finalmente fissato un punto fermo, con il ritrovamento del Santuario di Athena citato da Virgilio, famoso nell’antichità per le sue ricchezze, che diede poi al sito il nome di Castrum Minervae (il castello di Minerva). Qui, sulle rovine del santuario dedicato alla Vergine guerriera (i greci la invocavano con l’appellativo di Parthenos), si sviluppò il culto della Vergine Maria. Infatti l’attuale Cattedrale romanica di Castro, dedicata all’Annunziata, sta proprio nel punto in cui si alzavano le colonne del tempio dorico della dea. Sul lato verso la piazzetta essa ingloba una chiesa bizantina del X secolo. In questo edificio, tagliato a metà come una torta, sono riutilizzate colonne che appartenevano al Santuario di Atena e capitelli di una chiesa precedente. Dalla loro forma e decorazione si possono attribuire al V secolo, ossia ai primi tempi in cui il Cristianesino potè esprimersi liberamente e si iniziarono a costruire gli edifici di culto che, in questa zona, trovano a S. Maria di Casaranello il gioiello più prezioso. Dunque la Cattedrale di Castro conserva, nel culto della Madonna la memoria di precedenti culti femminili pagani. La tradizione presente a Leuca permette così di incontrare una sua verità nell’archeologia e ci fa capire che il culto di Maria, vittorioso sul precedente culto pagano di Minerva, va inteso cosiderando un ambito più vasto, ossia tutta la punta estrema della penisola salentina, che gli antichi chiamavano akra Iapyghias, promontorio iapigio appunto. In questa parte ancestrale della nostra regione, alla quale non guardiamo con l’attenzione che merita, tutti i cammini portano verso le bianche rocce del Capo di Leuca e sono costellati da numerosi punti dedicati al culto mariano, da Taurisano, dove sorge la chiesa di S. Maria della Strada, a Barbarano, dove si trova la cappella di Leuca Piccola, sosta obbligata dei pellegrini che si recavano al Santuario. La tradizione del sorgere del culto mariano sulle rovine pagane di Minerva coglie dunque nel vero solo se si considera tutto il territorio del Promontorio che possiamo, a buona ragione, indicare con il nome di akra Marias, promontorio di Maria, riprendendo l’appellativo antico.

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Il Convegno Internazionale “Fede, cultura e pellegrinaggi tra Atlantico e Mediterraneo. Da Finisterre a Santa Maria di Leuca de finibus terrae” si è tenuto presso il santuario di Leuca dal 13 al 16 settembre scorso. L’Incontro è stato promosso dalla Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, grazie all’impulso impresso dal suo vescovo Mons. Vito Angiuli, e dal Centro di studi micaelici e garganici dell’Università di Bari, diretto da Giorgio Otranto.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia, 20 settembre 2021]

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