di Antonio Errico
Accade, a volte, che all’improvviso e forse anche inaspettatamente, si incontrino da qualche parte significati, o sintesi essenziali di significati, di cui da tempo si era alla ricerca. Per esempio: in un’intervista ad Antonio Gnoli su “Robinson” di “Repubblica”, Antonio Rezza – regista, attore, scrittore- propone una sintesi del senso dell’arte e dice così: “In fondo, l’arte che mi piace è quella che non capisco. Va dove non ti porta il senso. Vedo un film di David Lynch e non lo capisco. E questo mi seduce. Smarrirsi è anche una forma di comprensione. Forse Dante non avrebbe scritto la Divina Commedia se non si fosse smarrito”.
Ecco, allora, che in questa affermazione si ritrova la prevalenza del piacere dell’arte che non necessariamente deve combinarsi con la ragione. In principio e anche dopo il principio tutto può essere determinato dall’emozione. Il senso, forse, non è necessario. E’ necessaria invece l’attrazione, il richiamo irresistibile, la seduzione provocata dall’incompreso, da quello che è o può sembrare misterioso, sfuggente, indecifrabile. Può accadere, e accade anche spesso, che uno si ritrovi davanti a un verso di cui avverte l’armonia ma non riesce a stringere il senso.
Può accadere, e accade anche spesso, che uno si ritrovi davanti ad una tela, ad un affresco, di cui non conosce l’origine né la storia, eppure resta lì, con tutto il suo stupore, a contemplare quelle figure dal significato oscuro, coinvolto dalle loro forme o dall’abbaglio dei colori.