Saturae V

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Saldi di fine stagione

Basta con questi poeti vacui e narcisi,

come mi intossica il veleno di certi vanesi!

Non per essere bastian contrario a tutti i costi,

ma preferisco davvero frequentare altri posti,

ormai scrivono tutti, scrivi anche tu,

quindi, avanti con i due stilisti fru fru!

Ma se proprio intossicato devo morire,

me ne vado, per non sentirvi applaudire,

e spompateveli voi, così bravi a succhiare,

tutti questi, con la fissa di pubblicare!

Poeti fru fru

Continua la polemica contro i poetastri, che seguono le mode e intossicano il mondo delle lettere con le loro vanità. Ancora una volta il Satirico si richiama a Catullo, carme 22, a quel Suffeno o a quel Varo, poetastri prolifici e uomini eleganti, dove l’eleganza dell’uomo serve a coprire la mancanza di valore delle poesie. Dalla poesia alla moda: si noti il riferimento ai “due stilisti fru fru” (Dolce e Gabbana? Ma nel mondo della moda ce ne sono anche altri che procedono a due a due). Il tutto sotto un titolo che richiama un celebre album di Roberto Vecchioni, Saldi di fine stagione (1972), rimasto indelebile nella memoria musicale del poeta. Stupisce la capacità del Satirico di tenere insieme riferimenti antichi e moderni, sempre funzionali alla polemica che anima il discorso poetico.

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Vanagloriosi

Cimmeria torma che somma del pianeta le brutture

quella dei vanitosi, che si danno arie di gran signori

ma sono invero buoni a nulla, mezze figure.

Si fingono esperti del mondo, grand’uomini e viveur

ma sono solo quaquaraquà, mediocri e pure saccenti,

molesti, con la loro spocchia e l’insopportabile grandeur.

Sanno perfino spacciare una sconfitta per vittoria,

si credono grandi managers ma sono pataccari,

fanno di un castello di sabbia il tempio della vanagloria.

Davvero fastidiosa la grandigia di questi vanterini,

si fanno passare per magnati e capitani d’industria

ma sono solo faccendieri, ciurmatori, “traffichini”.

Non hanno un euro e si gabellano per ricconi.

Più ancora che vanteria, la loro è iattanza;

li vedi tronfi, spregevoli cerretani, maneggioni,

accompagnarsi volentieri con l’adulatore,

perché ciò che il vanitoso vuole sentirsi dire

non fa altro che ripetere, lo sbafatore.

I Cimmeri

Efficace l’incipit di questa poesia (“Cimmeria torma che somma del pianeta le brutture”), nella quale il Satirico se la prende coi vanagloriosi, come da titolo. Bisogna dislocarsi fuori dal mondo, eppure esserne ancora coinvolti, per inveire contro una simile schiera di individui, una “torma” che invade ed infesta il mondo, assommandone “le brutture”.  L’aggettivo “cimmeria” (i Cimmeri erano un popolo mitico, abitante in una terra lontana, oltre l’Oceano, sempre immersa nella nebbia) vale oscura, sporca di caligine, dunque spregevole. Ma una volta disprezzata questa torma di magnati e capitani d’industria, faccendieri, ciurmatori, “traffichini, tronfi, spregevoli cerretani, maneggioni”, che il satirico elenca, bisognerebbe seguire il consiglio di Ennio Flaiano, La filosofia del rifiuto (1967): “Agire come Bartleby lo scrivano. Preferire sempre di NO. Non rispondere a inchieste, rifiutare interviste, non firmare manifesti, perché tutto viene utilizzato contro di te, in una società che è chiaramente contro la libertà dell’individuo e favorisce però il malgoverno, la malavita, la camorra, la partitocrazia, che ostacola la ricerca scientifica, la cultura, una sana vita universitaria, dominata dalla burocrazia, dalla polizia, dalla ricerca della menzogna, dalla tribù, dagli stregoni della tribù, dagli arruffoni, dai meridionali scalatori, dai settentrionali discesisti, dai centrali centripeti, dalla Chiesa, dai servi, dai miserabili, dagli avidi di potere a qualsiasi livello, dai convertiti, dagli invertiti, dai reduci, dai mutilati, dagli elettrici, dai gasisti, dagli studenti bocciati, dai pornografi, poligrafi, truffatori, mistificatori, autori ed editori. Rifiutarsi, ma senza specificare la ragione del tuo rifiuto, perché anche questa verrebbe distorta, annessa, utilizzata. Rispondere: NO! Non cedere alle lusinghe della televisione. Non farti crescere i capelli, perché questo segno esterno ti classifica e la tua azione può essere neutralizzata in base a questo segno. Non cantare, perché le tue canzoni piacciono e vengono annesse. Non preferire l’amore alla guerra, perché anche l’amore è un invito alla lotta. Non preferire niente. Non adunarti con quelli che la pensano come te, migliaia di NO isolati sono più efficaci di milioni di NO in gruppo. Ogni gruppo può essere colpito, annesso, utilizzato, strumentalizzato. Alle urne metti la tua scheda bianca sulla quale avrai scritto: NO. Sarà il modo segreto di contarci. Un NO deve salire dal profondo e spaventare quelli del SÌ. I quali si chiederanno che cosa non viene apprezzato nel loro ottimismo.”

Ma il compito del Satirico non è quello del moralista radicale, si ferma un passo indietro. Il Satirico – ricordiamolo – ha il compito di dir male, non di dar consigli di vita.

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Vot’Antonio!

Malnata teppa, sei Sindaco, guarda le fortune,

come nell’antica Roma, la forensis turba,

che in cerca di incarichi e prebende ti disturba,

si ammassa oziosa intorno al Comune.

Ora vogliono tutti da te qualcosa leccare,

tu distribuisci appalti, vai a braccio coi corruttori,

favorisci uno, punisci l’altro, largisci favori;

a me, invece, basta tua moglie da spompare.

Obiezione respinta

Totò presta il titolo. Il primo cittadino, il Sindaco, è bersaglio polemico. Ne abbiamo già avuto un esempio in L’onorevole La Minchia (rileggilo in questa raccolta), dove è in scena un sindaco che fa carriera e diventa deputato. Qui il Sindaco è al centro di tutti gli intrallazzi cittadini, assediato dalla forensis turba di romana memoria, ed è certo che il Satirico da lui non riceverà alcun beneficio. Di qui l’attacco personale, che punisce la distrazione del primo cittadino: la moglie insoddisfatta riceverà soddisfazione in sfregio al marito in tutt’altre faccende affaccendato. Il Satirico non è politicamente corretto? Già si sapeva e, dunque, l’obiezione è respinta.

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