Non c’è nulla di nuovo, in fondo, se non una dilatazione della condizione di incertezza ormai diventata strutturale nell’esistenza di ciascuno e in quella di tutti. Aveva perfettamente ragione Zygmunt Bauman quando diceva che la versione postmoderna dell’incertezza non si presenta come un semplice fastidio temporaneo che può essere mitigato o risolto: il mondo postmoderno si sta preparando a vivere una condizione di incertezza permanente e irresolubile.
Però, tutti noi vorremmo che la condizione di incertezza nella quale ci ritroviamo si trasformasse in energia di creatività e in impulso alla progettazione di situazioni sociali e culturali di più forte dinamicità, di maggiore flessibilità.
Forse l’incertezza su quali saranno i saperi di cui avremo bisogno in un prossimo futuro, potrebbe indurci a cominciare, adesso, una sperimentazione di riconfigurazione, di risemantizzazione dei saperi che abbiamo a disposizione. Perché, probabilmente, le conoscenze che verranno costituiranno l’esito di una integrazione e interazione di conoscenze vecchie e nuove.
Ma una riconfigurazione e una risemantizzazione delle conoscenze richiedono anche – o forse soprattutto – una direzione e una finalizzazione diverse da quelle che frequentemente attribuiamo ad esse. Quando per esempio si investe completamente su quelle che definiamo “spendibili”, probabilmente si commette un errore di prospettiva abbastanza grave, perché non si può sapere se potranno essere spese anche domani. Forse si deve investire sulle conoscenze trasversali, su quelle che si possono riconvertire, rielaborare, riformulare.
Quando, ancora per esempio, si investe su conoscenze e competenze nettamente settoriali, probabilmente si commette un errore altrettanto grave, perché non si tiene in conto che il settore al quale quelle conoscenze appartengono in modo esclusivo, potrebbe essere coinvolto da crisi profonde e strutturali. A volte accade che si aprano scenari in cui le conoscenze e le competenze settoriali diventano impedimenti. Per esempio accade quando il mondo del lavoro viene coinvolto, in qualche caso travolto, stravolto, da trasformazioni improvvise e radicali; accade quando le migrazioni diventano fenomeni costanti e strutturali, quando l’occupazione richiede un progetto da ideare e da realizzare con fantasia e determinazione; accade quando il benessere non si può considerare una conquista definitiva ma una realtà che si può disintegrare se non si protegge costantemente e se non si diffonde a livello sociale; accade quando la povertà assume altri profili, insospettati, quando gli interrogativi sul senso dell’essere e dell’esistere vengono formulati con un lessico antico ma con un senso nuovo. Accade in tutti questi e in molti altri casi.
Ecco, allora, che si rivela indispensabile predisporre le condizioni per un sapere che possa avere una funzione domani, domani l’altro. Perché oggi, a quest’ora, è già passato.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 29 agosto 2021]