di Francesco D’Andria
Vi sculse poscia un morbido maggese
Spazïoso, ubertoso e che tre volte
Del vomero la piaga avea sentito.
Molti aratori lo venían solcando
E sotto il giogo in questa parte e in quella,
Stimolando i giovenchi.
Iliade, XVIII, 541-543
(Lo scudo di Achille, traduzione di Vincenzo Monti)
Al momento di scrivere questa presentazione, ho preso dalla libreria due volumi che mi hanno riportato alle prime mosse di un più vasto Progetto del quale ora l’opera di Dimitris Roubis dispiega tutte le sue notevoli potenzialità. Il primo libro riguarda gli Atti di un Colloquio tenuto a Lecce nel giugno del 1992, dal titolo “Ricerche sulla casa in Magna Grecia e in Sicilia”, dove l’autore aveva presentato i primi risultati degli scavi archeologici a Difesa San Biagio; l’altro è Siris I, la rivista della Scuola di Specializzazione in Archeologia di Matera, pubblicato nel 1999, in cui un più ampio articolo, a firma di chi scrive e di Roubis, riguarda le successive campagne di scavo alla Difesa, che avevano ampliato in modo significativo la conoscenza di questo importante abitato, posto sulle alture in vista degli insediamenti greci sulla costa ionica. Le attività di ricerca nel sito nascevano dall’esigenza, che avevo richiamato in numerose occasioni, di una conoscenza sistematica degli insediamenti indigeni, in particolare in Basilicata, dove l’attenzione sembrava concentrarsi specialmente sulle necropoli. Queste esperienze si inscrivono nella straordinaria e creativa stagione in cui, grazie all’energia del suo fondatore e Rettore, Cosimo Damiano Fonseca, l’Università della Basilicata, con decreto ministeriale del 21 settembre 1990, vedeva riconosciuta la sede di Matera come suo secondo polo. Anche grazie alla presenza dell’Università fu possibile avviare, nella città dei Sassi, quel processo di crescita culturale che ha portato Matera, nel 2019, ad essere eletta Capitale Europea della Cultura. L’ultimo decennio del secolo scorso ha, senza alcun dubbio, rappresentato un periodo di grande vitalità per l’archeologia italiana; basti pensare ai cospicui finanziamenti assegnati al CNR per il Progetto finalizzato sui Beni Culturali. La stessa cosa non può dirsi per la situazione attuale in cui, in seguito ad alcune recenti, sciagurate, riforme del Ministero dei Beni Culturali, l’archeologia ha perso gran parte della sua visibilità e della capacità di incidere nel sistema della tutela e della conoscenza, in particolare nelle regioni dell’Italia meridionale.