Ci si lavora da decenni ma i risultati sono scarsi e non esiste ancora un modo operativo per realizzare il sogno. Va benissimo continuare a provarci ma, nel frattempo, sarebbe bene sviluppare anche altre tecnologie. Una decina di anni fa si diceva che geotermico, solare, eolico, maree e correnti fluviali e marine non fossero in grado di soddisfare il fabbisogno energetico, e si fornivano “numeri” che mostravano come le potenzialità delle fonti alternative fossero illusorie rispetto ai fabbisogni. Il progresso tecnologico in questo campo è stato rallentato, probabilmente per soddisfare gli interessi di lobbies che volevano continuare a vendere carbone, petrolio, e nucleare a fissione. Ci fornirono moltissimi numeri quando cercarono di convincerci che non c’erano alternative al nucleare a fissione. Poi, quando il referendum bocciò per la seconda volta la proposta, qualcuno (Tremonti, se non ricordo male https://www.ecoage.it/debito-nucleare.htm) si accorse che le centrali nucleari hanno una durata di vita limitata e poi devono essere dismesse. E, guarda un po’, i costi di dismissione non erano stati considerati (https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/focus_energia/2020/03/06/decommissioning-nucleare-francia-allarme-della-corte-dei-conti_9afb21e8-ef07-47dd-9deb-15ce244749ee.html) quando si mostrarono i numeri che dimostravano l’economicità della scelta. Non parliamo dello stoccaggio delle scorie che, in Italia, sono ancora in cerca di un sito idoneo, ovviamente per colpa di ottusi ambientalisti che dicono no a tutto. Caso strano, però, nessuna Regione dice: bene, mettetele da noi, ce le prendiamo. Ci fidiamo dei vostri numeri che dicono che non ci sono rischi! Per attuare la transizione ecologica dovremo ridurre drasticamente i consumi, progettando tecnologie che ci permettano di muoverci meno (il telelavoro). Dovremo consumare meno per climatizzare le abitazioni, con tecnologie costruttive che permettano alle case di produrre energia invece che consumarne. Ovviamente l’energia elettrica dovrà essere prodotta senza combustione, altrimenti non faremmo che spostare i problemi. Le città non sono intelligenti se fanno tutto con elettricità che, fuori, è prodotta bruciando carbone o producendo scorie nucleari.
Poi c’è la produzione di cibo. Ne produciamo molto più di quanto ce ne serva (i numeri si trovano facilmente in rete) e lo distribuiamo in modo asimmetrico. Una parte della popolazione soffre di obesità e una parte soffre di malnutrizione. Alcune “diete”, poi, prevedono uno spropositato uso di acqua, suolo, fertilizzanti e pesticidi. Dietro questi sistemi di produzione di energia (incluso il cibo) ci sono lobbies potentissime che, evidentemente, pensano solo al profitto immediato. Influenzano l’opinione pubblica attraverso i media, “influenzano” i politici e anche gli scienziati che forniscono numeri parziali a supporto di scelte insostenibili. Risultato: il Programma Nazionale di Recupero e Resilienza, che dovrebbe realizzare la transizione ecologica, non investe in modo significativo in argomenti ecologici. Volete dei numeri? Su 204 miliardi, il PNRR prevede solo 400 milioni sull’integrità e il ripristino degli ecosistemi e degli habitat marini che, nel nostro paese, interessano 8.500 km di coste. A terra non ci sono misure analoghe.
[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online del 26 agosto 2021]