di Ferdinando Boero

Nonostante Convenzioni come quella di Rio de Janeiro nel 1992, di Encicliche (Laudato Si’) e di programmi multimiliardari della Commissione Europea (il Next Generation EU che si prefigge la transizione ecologica) sono ancora moltissimi gli scettici che etichettano come ecologista, conservatore e fuori dalla realtà chi chiede che, finalmente, si rendano sostenibili i sistemi di produzione e consumo. Da una parte dicono che è troppo tardi per invertire la rotta, dall’altra chiedono, a chi pone i problemi, di fornire “numeri” che indichino le soluzioni. Di solito chi chiede “numeri” appartiene alla categoria di chi ha generato i problemi e ignora i “numeri” dei disastri causati dall’applicazione dei principi correnti. Le Nazioni Unite hanno calcolato che nei prossimi 50 anni un milione di specie sarà a rischio di estinzione (https://www.wired.it/scienza/ecologia/2019/05/06/milione-specie-viventi-rischio-estinzione-onu/). Abbiamo dato il nome a due milioni di specie, ma le stime sono che il pianeta sia abitato almeno da otto milioni di specie. Dietro i numeri ci deve essere la conoscenza del loro significato. Sarebbe utile sapere quante specie ci sono sul pianeta non attraverso una stima ma attraverso un progetto scientifico. E occorrerebbe anche capire il ruolo di ogni specie nel far funzionare gli ecosistemi. Le cifre, i numeri, non bastano. Soprattutto se sono stimati. Come si fa a gestire il capitale naturale (specie ed ecosistemi) se non se ne conosce l’entità? Ovviamente chi definisce ecologista (in senso dispregiativo), conservatore e nemico del progresso chi chiede che si cambi strada non ha una cultura che comprenda il funzionamento dei sistemi naturali, e reputa irrilevanti queste domande, come se vivessimo al di fuori della natura: per i talebani della tecnocrazia le tecnologie sono il rimedio salvifico al degrado, e la valutazione dei loro impatti viene vista come un miope ostacolo al progresso. La fede nel progresso tecnologico trasforma in realtà una tecnologia che, se fosse disponibile, sarebbe magnifica: la fusione nucleare.