***
Voltagabbana
Il piddino volta la gabbana
e viene di qua
il forzitaliota invece si
butta di là
cosa non si fa per campare
anche il leghista deve
mangiare
il sel cambia casacca e si
dirige di là
l’fdi fa il salto della
quaglia fin qua
il parlamento fa la ola,
nel ballo dell’oilì oilà
“a chi mi dà da mangiare lo
chiamo papà”
Politically incorrect
il Satirico è politicamente
scorretto. Dice male di tutti, come s’è visto, e se parla dei partiti, non c’è
nessuno che si salvi: son tutti voltagabbana. Il Satirico non è un
qualunquista, ma un nichilista. E il nichilista, che non riconosce nessuna
paternità, è nemico giurato del qualunquista, che invece mangia il pane di
papà!
***
Margite
Compare, non possiedi arte
né parte
Eppure – com’è?- pretendi
di insegnare
per nostra malauguratissima
sorte
quando invece hai solo da
imparare
Vagliò, non sei cantante,
né scrittore
solo un damerino vanesio e
arrogante
fossi almeno un atleta o un
attore
eppure, con fare dispettoso
e supponente
ti ergi a maître à penser, grande
intenditore
Con i tuoi trucchi e i tuoi
incantamenti
sei solo un replicante, un copista,
un imitatore
non l’applauso per te, solo
uno sciacquadenti
***
Schiaffi
Ecco ritornare sulla
scena un personaggio antico, Margite, del quale, si diceva, stando alla
traduzione di Ettore Romagnoli, che «Molte arti conosceva; però, l’una peggio
dell’altra. / Non aratore, né zappatore lo fecero i Numi, / né d’alcun’arte
esperto: ché dove provava, sbagliava.» (Margite, frammento 3 A. Citato in
Pseudo-Platone, Alcibiade secondo 147b.) E’ l’incompetente,
la persona sbagliata nel posto sbagliato, un Homer Simpson al netto della sua
simpatia. Il Satirico lo prende a schiaffi, com’è giusto che sia.
Facciamo il punto. Il personaggio che alimenta la vena satirica è così definibile: un essere fasullo, millantatore, parasitus, qualunquista, incompetente. In una parole Margite (e così d’ora innanzi lo chiameremo) Il Satirico invece è poeta disilluso, maldicente, nichilista, Arlecchino bastonatore e bastonato, sempre politicamente scorretto. Il gioco è tra i due. Chi vincerà?
***
Origini
A che serve stare fra questa bella gente
scorciare deferenza, mantenere un contegno
se poi, appena uno senza riguardo o ritegno
mi apostrofa poco meno che gentilmente
e per di più so che di me usa straparlare
io vorrei saltargli addosso, investirlo di
insulti
e, imprecando, riempirlo di botte e cazzotti
e tutto mi spertico, pur di fargliela pagare?
A che
serve, fra accademici, assumere una posa
tenere a
freno gli impulsi, deviare i miei strali?
Non sono
aristocratico, riemergono i bassi natali
Dice
Teognide: dalla cipolla non può nascere una rosa
Il Satirico tra gli
accademici
Il Satirico tra gli
accademici non ci sta troppo bene! Direi anzi che soffre di questa compagnia
“aristocratica”, e, se qualcuno lo aizza, sente dentro di sé montare
l’aggressività e non sa proprio se riuscirà a mantenere una posa, come si
conviene. Contro un maldicente, il Satirico è tentato non più di usare la
maldicenza, che sarebbe troppo poco, ma addirittura la violenza. A stento si
trattiene dal prendere a pugni questo Margite travestito da accademico. Pensa a
Teognide (Thgn. I, 537-538: “Come da una cipolla non nascono rose o giacinti,
così da una schiava non può nascere un uomo libero”) e ad Orazio (Fortuna non mutat genus, Epodi,
4, v. 6) e con loro dà sfogo alla sua indignazione.
Saturae II
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Voltagabbana
Il piddino volta la gabbana e viene di qua
il forzitaliota invece si butta di là
cosa non si fa per campare
anche il leghista deve mangiare
il sel cambia casacca e si dirige di là
l’fdi fa il salto della quaglia fin qua
il parlamento fa la ola, nel ballo dell’oilì oilà
“a chi mi dà da mangiare lo chiamo papà”
Politically incorrect
il Satirico è politicamente scorretto. Dice male di tutti, come s’è visto, e se parla dei partiti, non c’è nessuno che si salvi: son tutti voltagabbana. Il Satirico non è un qualunquista, ma un nichilista. E il nichilista, che non riconosce nessuna paternità, è nemico giurato del qualunquista, che invece mangia il pane di papà!
***
Margite
Compare, non possiedi arte né parte
Eppure – com’è?- pretendi di insegnare
per nostra malauguratissima sorte
quando invece hai solo da imparare
Vagliò, non sei cantante, né scrittore
solo un damerino vanesio e arrogante
fossi almeno un atleta o un attore
eppure, con fare dispettoso e supponente
ti ergi a maître à penser, grande intenditore
Con i tuoi trucchi e i tuoi incantamenti
sei solo un replicante, un copista, un imitatore
non l’applauso per te, solo uno sciacquadenti
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Schiaffi
Ecco ritornare sulla scena un personaggio antico, Margite, del quale, si diceva, stando alla traduzione di Ettore Romagnoli, che «Molte arti conosceva; però, l’una peggio dell’altra. / Non aratore, né zappatore lo fecero i Numi, / né d’alcun’arte esperto: ché dove provava, sbagliava.» (Margite, frammento 3 A. Citato in Pseudo-Platone, Alcibiade secondo 147b.) E’ l’incompetente, la persona sbagliata nel posto sbagliato, un Homer Simpson al netto della sua simpatia. Il Satirico lo prende a schiaffi, com’è giusto che sia.
Facciamo il punto. Il personaggio che alimenta la vena satirica è così definibile: un essere fasullo, millantatore, parasitus, qualunquista, incompetente. In una parole Margite (e così d’ora innanzi lo chiameremo) Il Satirico invece è poeta disilluso, maldicente, nichilista, Arlecchino bastonatore e bastonato, sempre politicamente scorretto. Il gioco è tra i due. Chi vincerà?
***
Origini
A che serve stare fra questa bella gente
scorciare deferenza, mantenere un contegno
se poi, appena uno senza riguardo o ritegno
mi apostrofa poco meno che gentilmente
e per di più so che di me usa straparlare
io vorrei saltargli addosso, investirlo di insulti
e, imprecando, riempirlo di botte e cazzotti
e tutto mi spertico, pur di fargliela pagare?
A che serve, fra accademici, assumere una posa
tenere a freno gli impulsi, deviare i miei strali?
Non sono aristocratico, riemergono i bassi natali
Dice Teognide: dalla cipolla non può nascere una rosa
Il Satirico tra gli accademici
Il Satirico tra gli accademici non ci sta troppo bene! Direi anzi che soffre di questa compagnia “aristocratica”, e, se qualcuno lo aizza, sente dentro di sé montare l’aggressività e non sa proprio se riuscirà a mantenere una posa, come si conviene. Contro un maldicente, il Satirico è tentato non più di usare la maldicenza, che sarebbe troppo poco, ma addirittura la violenza. A stento si trattiene dal prendere a pugni questo Margite travestito da accademico. Pensa a Teognide (Thgn. I, 537-538: “Come da una cipolla non nascono rose o giacinti, così da una schiava non può nascere un uomo libero”) e ad Orazio (Fortuna non mutat genus, Epodi, 4, v. 6) e con loro dà sfogo alla sua indignazione.