di Eugenio Imbriani
Mi piace molto la scelta di aprire questa raccolta (Al mercato dell’usato (Catalepton), Agave Edizioni 2021) con E tricche ballacche, un testo folgorante, amaro, ironico, in cui si riversa un disincanto solo a tratti, apparentemente, giocoso, e invece carico di disappunto e condito con una manciata di rabbia. Il tempo e la vita scorrono tra malintesi e promesse non mantenute, attese non rispettate, governati dal gioco del fraintendimento: “ho pensato acqua / ma era fuoco”.
È la vita, giusto? Ma un conto è adattarvisi per abitudine, oppure con inquietudine, o con la sicumera di chi ritiene di saper cogliere le occasioni e calpesta ogni erba, un altro ancora è riconoscervi una condizione ingannevole, incerta.
Niente aurea mediocritas in queste righe, Vincenti preferisce la parole eccessive, non concilianti, pesca nella amata letteratura classica antica, sostiene che prestiti e debiti sono riconoscibili. La postura è sua, però, così come la scelta di oscillare tra registri linguistici differenti, per cui alto e basso te li ritrovi contigui in metafore concrete che ci sorprendono: “Io conosco metafore ardite e metonimie prepotenti, / che mi battono qui dietro i denti / ‘E si può sapere dove le hai trovate, Colturo?’ / Mentre un giorno aravo la mia terra, / la zappa batteva su qualcosa di duro”.