Italia pensante 18. L’Alma Venus di Lucrezio ovvero come nasce la poesia

Ci sono uomini che hanno nella memoria un caotico guazzabuglio e uomini che sanno mantenere ordine nelle proprie conoscenze e nei propri ricordi. Un buon ordine può significare che nella nostra memoria ogni conoscenza si trova al suo posto e quando l’esaminatore pone una domanda, troviamo subito la risposta. Ma un tale ordine, che immobilizza i ricordi, non ci serve quando si vuole svolgere un’attività creativa. Ci sono scrittori capaci di trovare le parole giuste, una dopo l’altra, in tale ordine, quale regna nei libri classici, ma una tale capacità non basta per creare poesia. Nell’immaginazione del poeta le immagini, i suoni, i ricordi e le parole devono muoversi. Il movimento continuo delle parole è condizione indispensabile per poter avere gli incontri con le altre parole.

Nel mondo di Lucrezio gli atomi si trovano sempre in movimento, e perciò il mondo di Lucrezio può e deve essere chiamato un mondo di incontri. Da ciò si può trarre la conclusione, che il mio sistema filosofico di incontrologia ha gli strumenti concettuali più adatti per entrare in questo mondo ed investigarlo.

Per la filosofia incontrologica del linguaggio una sola parola, isolata dalle altre, è un recipiente vuoto, senza significato, perché il significato è creato dal contesto, cioè dall’incontro delle parole. Incontrandosi sempre con le stesse parole, la parola trattiene il significato ricevuto dall’incontro e non è capace di dirci qualcosa di nuovo. Per vivere ha bisogno sempre di nuovi incontri.

Alla domanda: come nasce la poesia? il poeta polacco Bolesław Leśmian (1878-1937) ha dato questa risposta: “La poesia nasce quando si incontrano due parole che prima non si sono mai incontrate”.

Per intendere il senso profondo di questa risposta bisogna ricordare che “poesia” significa capacità delle parole di suscitare gioia. È il momento di invocare la Dea di Lucrezio, Alma Venus come personificazione delle forze costruttive che hanno la capacità di darci la gioia.

Essendo filosofo devo andare oltre, devo porre una difficile domanda intorno al  s o g g e t t o  della creazione poetica. Conosciamo due risposte. Una moderna, l’altra molto vecchia. La prima risponde che la poesia è una creazione del poeta. La seconda che la poesia proviene dagli dei, dalle Muse, dall’ispirazione del Cielo. Tanto l’una quanto l’altra, entrambe ben radicate nella tradizione, possono contare sulla benevolenza dei lettori. Servendosi delle metafore Lucreziane si può dire che la poesia nasce dalla Forza Costruttiva della Dea, la quale abita nella Trascendenza, ma è presente – dispersa in molte scintille – nell’anima dei poeti. Parafrasando il detto di Giordano Bruno, “natura est deus in rebus”, si potrebbe dire che la Forza Poetica “est Venus in poetis”, e sperare che tale risoluzione (sintesi di due risposte) venga accolta dai lettori.

Per molti decenni ho pensato che esistono solo due risposte alla domanda sul soggetto creativo della poesia. Ma forse ne esiste una terza, nascosta nel “midollo” dell’atomismo lucreziano e nella psicologia di Herbart.

Nell’atomismo lucreziano il movimento degli atomi non è il risultato meccanico dell’azione di forze estranee, ma ha inizio nella forza interna di ogni atomo, nella loro  l i b e r t à  d i  s c e g l i e r e  l ‘ i n d i r i z z o  d e l  p r o p r i o  m o v i m e n t o . Per evitare possibili malintesi ricordo che libertà significa non indeterminazione ma autodeterminazione, cioè  s c e l t a  dettata da ragioni. Nel mondo delle parole il loro movimento non ha carattere meccanico, non dipende da leggi né dal caso, ma proviene dal loro bisogno di incontrarsi con altre parole. In tal senso, le parole sono soggetti che si incontrano, mentre il poeta è solo l’osservatore dei loro incontri.

Se la mia filosofia fosse una semplice ripetizione dell’atomismo lucreziano e psicologia herbertiana, mi fermerei qui. Ma nella mia incontrologia ce n’è una diversa, c’è una quarta risposta alla domanda sul soggetto della poesia.

Non Dea, non poeta, non le parole isolate sono la fonte della forza poetica ma un felice incontro. Non ogni incontro, non un qualsiasi incontro, ma un incontro “felice”. Anche la splendida osservazione di Leśmian deve essere corretta. Non tutti gli incontri tra parole che prima non si sono mai incontrate hanno la potenza di generare poesia, ma solo gli incontri tra parole che sono destinate all’incontrarsi per “esplodere”.

Lo stesso vale per il settore della filosofia, dove ogni nuovo pensiero nasce non “ex nihilo”, non per caso, non da un altro pensiero, ma sempre dall’incontro di due o più pensieri.

[“Presenza taurisanese” anno XXXIX – N. 329, Luglio-Agosto 2021, p. 10]

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