di Evgenij Permjak
Nei tempi più remoti dei tempi antichi accadde questo. Visse in quegli immemorabili tempi Markel Marchiovič Dassefacelov. Quest’uomo faceva tutto da sé. Arava i campi, forgiava il ferro, realizzava altiforni rudimentali, in cui fondere il minerale di ferro, andava a caccia, pescava.
Sua moglie, Markelovna Dassefacelovna, teneva tutto il lavoro femminile sulle sue spalle: filava il lino, tesseva la tela, salava-conciava le pelli fresche, per tutti cuciva vestiti e scarpe, friggeva, bolliva, lessava, infornava, educava i figli nel segno dell’operosità e dell’intelligenza.
Giudiziosi ed abili crescevano i figlioli, maschi e femmine. Al padre e alla madre somigliavano i giovani, Markelovici Dassefacelovici. Nessun lavoro temevano: spaccare la legna, arare la terra con l’aratro di legno, fucinare-forgiare il ferro, modellare il vasellame d’argilla e costruire le fornaci per la sua cottura. Seminare il grano, raccoglierlo, ventilarlo, macinarlo: sapevano fare tutto.
Ma cominciò ad accorgersi, Markel, che il figlio maggiore era incline, più degli altri, a lavorare nel campo e che la stessa terra a lui fruttava meglio di tutti gli altri.
Il secondo figlio, invece, non si spostava dall’incudine e forgiava il metallo così bene come Markel mai se lo sognava.
Il terzo figlio, Sazon Markelovič Dassefacelov, idem; era adatto ad ogni lavoro, ma era tanto bravo nel pescare e nel cacciare da insegnarlo a tutti gli altri.