Da questo punto di vista, il libro di Muci si segnala perché fa il punto sull’attuale indirizzo della Chiesa cattolica relativo ai rapporti con le altre religioni monoteistiche, ed in particolare con l’Islam. La dottrina cattolica appare stretta tra la necessità del dialogo con l’Islam (come non dialogare con i circa 24 milioni di islamici che vivono in Europa?) e volontà missionaria ed evangelizzatrice, che mal dissimula il suo intendimento egemonico in Europa ed altrove. Nella terza parte del libro, Aspetti socioculturali dell’Islam e presenza in Italia (pp. 235-408), Muci analizza il mondo islamico dal punto di vista socio-economico, e passa in rassegna le problematiche legate alla condizione di straniero dell’islamico immigrati, ai flussi migratori, alle condizioni giuridiche e allo status delle comunità islamiche. Si tratta di un nodo di problemi difficile da sciogliere, che Muci districa sempre a partire da “quel polo orientativo…. rappresentato dalla fede cristiana” (p. 10), come scrive Pisanò nella citata Prefazione. Muci oppone al neoliberismo imperante, che tutto riduce all’utile, l’etica della giustizia sociale, come quando affronta in questi termini il tema del terrorismo: “Nessun sistema di armamenti, nessuna strategia militare può fermare gli attacchi terroristici a cui si continua ad assistere. Nessuna strategia offensiva né difensiva risolverà il problema del terrorismo. L’unica soluzione sta nella giustizia sociale” (p. 269). Come realizzarla? Si sa, la fede muove le montagne, ma, in concreto, che fare? Muci non lo dice, limitandosi ad auspicare una “società che include le differenze… dove tutti si riconoscono uguali, ma, nello stesso tempo diversi per tradizioni, usi e costumi, insomma per cultura” (p. 324). A questo fine è essenziale il dialogo, il riconoscimento dell’altro, del suo punto di vista (viene citato Gadamer, p. 321). Al multiculturalismo, cioè alla coesistenza tra le culture, impraticabile secondo Muci, l’autore oppone la società interculturale come unica “prospettiva da perseguire” (p. 348), nella convinzione che “il problema non è più quello del mantenimento delle culture, quanto quello della loro evoluzione” (p. 349). Purché sia ben guidato, s’intende! Ed infatti, un ruolo di primo piano viene affidato alla scuola cattolica: “La scuola cattolica … non rinuncia al suo modello educativo globale, cioè all’educazione cristiana. L’approccio alla figura di Gesù non va sottaciuta o accantonata. Tuttavia, occorre insegnare a tutti il rispetto della religione altrui…” (p. 372); e alla scuola in generale, “che resta la via migliore per conoscere l’altro…” (p. 413), scrive Muci in Conclusione, confermando l’assunto principale del libro, ovvero la necessità di una “conversione etica”, “la conversione all’ospitalità” (p. 412). E in questo afflato moralistico, che conta su una coscienza religiosa e un senso di responsabilità individuali e collettivi di là da venire, è il senso della ricerca di Roberto Muci.
[Il dialogo delle religioni (recensione a Roberto Muci, L’Italia e l’Islam, Congedo Editore, Galatina, 2009), “Il Paese Nuovo” di giovedì 28 gennaio 2010, p. 7.]