Arrivarono i Picchi neri e scacciarono a beccate la femmina di Cuculo. Non rimase altro alla femmina di Cuculo che volare subito verso il nido dei Cardellini, in cui il suo pulcino di Cuculo era cresciuto tanto grande da diventare due-tre volte più grosso dei genitori adottivi, i Cardellini, che andavano e tornavano dal nido come impazziti per imbeccare questo loro voracissimo pulcino.
«Se le cose stanno così», – pensò la femmina di Cuculo, – «questi due mi restituiranno, eccome, il mio mangione!»
«Prendilo» – dissero i Cardellini, – «il tuo trovatello. Noi due siamo davvero sfiniti per sfamarlo.»
Non appena sentì questo il pulcino di Cuculo, si mise a tremare tutto, sbatté le alette e pigolò lamentosamente, pietosamente: «Cari miei genitori, per me è meglio morire di fame che andar via dalle vostre ali, sotto l’ala di questa estranea.»
Si impietosirono i Cardellini, piansero persino insieme al pulcino.
«Ma no, caro figliolo, abbiamo scherzato, a nessuno mai, mai ti daremo, stai tranquillo, magari riposeremo meno, ma cibo e cure non te le faremo mai mancare.»
Si precipitò la femmina di Cuculo dal giudice di pace per cercare di farsi restituire i figli con la legge. Il giudice di pace in questo bosco era un saggio Gufo. In un battibaleno riusciva a sbrigare tutte le cause. E la causa della femmina di Cuculo la giudicò molto rapidamente. Secondo coscienza: «Una madre come te» – disse il Gufo alla femmina di Cuculo, – «è peggio di una cattiva matrigna!»
Secondo una saggezza popolare, emanò il verdetto: «Per essere una vera madre non basta partorire i figli. I veri genitori sono quelli che fanno crescere i figli!»
[Traduzione dal russo di Tatiana Bogdanova Rossetti]