di Evgenij Permjak
Una scapestrata femmina di Cuculo fece tre uova. Il primo nel nido del Rigogolo, il secondo nel nido del Picchio nero, il terzo nel nido de Cardellino. Depositò le sue uova la madre leggera, snaturata, e volò via a cuculiare nei boschi allegri, predire gli anni da vivere, abbindolando la gente, per solleticare l’amor proprio e compiacersi. Svolazzò senza sosta, cuculiò a più non posso e si ricordò tutto ad un tratto dei figlioli che aveva abbandonato nei nidi degli altri.
«E’ arrivata l’ora di riprenderli sotto la mia ala» – si disse la femmina di Cuculo. «Chissà, come saranno felici i miei figlioli ad incontrare la loro madre naturale!»
Si avvicinò la femmina di Cuculo al nido dei Rigogoli, ma il piccolo Cuculo non rivolse neppure uno sguardo alla madre. Chiamava la madre e il padre dei Rigogoli. Accettava il cibo dal loro becco, riconosceva le loro voci e rispondeva soltanto a loro.
«Ahi, ecco come sei, ingrato! Sei uscito dal mio uovo e non vuoi neppure riconoscermi» – disse stizzosamente la femmina di Cuculo e volò al nido dei Picchi neri. Vide dentro al nido un pulcino di Cuculo e si precipitò verso di lui: «Ciao! Caro figliolo! Mi riconosci? Sono io, la tua vera madre!»
Il pulcino di Cuculo fu spaventato da quell’uccello mai visto prima, si mise a pigolare per tutto il bosco, chiamando a squarciagola i Picchi neri: «Mamma, babbo, volate qui, presto! Una signora estranea vuole portarmi via dal nostro nido!»