La grazia

di Gianluca Virgilio

Bisognerebbe scrivere solo in uno stato di grazia, senza cercare gli argomenti, senza inventarsi storie, senza fini immediati o ultimi da raggiungere, come se non si avesse nulla da affermare e non fosse per nulla importante quello che forse si dirà. Non bisogna scrivere per un motivo e tanto meno bisogna avere un pretesto per farlo. Lo stato di grazia deve essere davvero gratuito ovvero sganciato da ogni logica di dare-avere, di causa-scopo. L’atto dello scrivere deve avvenire solo in questa dimensione sommessa, dimenticata, seminascosta, silenziosa …

Ho un esempio per dire che cosa sia questo stato di grazia, l’esempio di Dante, Paradiso XI, vv. 1-12, dove egli oppone alla condizione degli uomini in terra, giurisperiti, medici, ecclesiastici, politici, ecc., tutti intesi a far soldi e ad acquistare potere, la sua condizione paradisiaca,

quando, da tutte queste colse sciolto,

con Beatrice m’era suso in cielo,

cotanto gloriosamente accolto.

Dante nel Paradiso vola di cielo in cielo in compagnia di Beatrice, completamente svincolato da ogni affetto terreno. Questo è lo stato di grazia nel quale egli, uomo del Medioevo, si rappresenta; una grazia che Iddio gli ha concesso, e che egli incarna come scriba dei. Esiste però anche una grazia laica, che nulla ha a che fare con la religione e che l’uomo può acquistare da sé, se solo abbia un po’ di onestà e sappia riconoscere il momento. La grazia giunge inaspettata, per esempio nel momento in cui ci siamo fermati, stanchi, dopo aver lavorato a lungo: ci mettiamo a pensare a quel che si è fatto e a quel che si farà; poi, ci spingiamo oltre col pensiero, fino a visitare regioni remote, nelle quali non eravamo mai stati, ma nelle quali ci troviamo stranamente a nostro agio. Mi viene in mente la novella di Luigi Pirandello, Il treno ha fischiato, nella quale il protagonista, Belluca, non ne può più della vita stressante che conduce ed impazzisce: sente il fischio di un treno che immediatamente lo trasporta verso paesi lontani, dove la vita sembra promettergli la felicità. Qui vorremmo anche noi a lungo soggiornare come in un paradiso finalmente trovato; ma non siamo mai così saggi e allora ci pare di esserci attardati in inutili pensieri, di perder tempo, diciamo che la vita ci richiama alle cose da fare, alle scadenze improrogabili, ecc.; non esitiamo a barattare il nostro stato di grazia,  il nostro piccolo laico paradiso, con la normale vita di sempre, nella quale però rientriamo portandoci dentro il proposito, un giorno, di ritrovare quel nostro stato di grazia, contenti per ora di averne fatto una fugace esperienza. Sappiamo che quel luogo incantato esiste e d’ora innanzi tutto quello che faremo, lo faremo con desiderio segreto di ritornarci.

Penso che Dante, quando scriveva i versi sopra citati, non ce l’avesse con le persone che al suo tempo esercitavano le cosiddette attività lucrative, se non con quelle che eccedevano la misura sconfinando in comportamenti illeciti. Egli cercava nella sua mente un’altra strada, la strada della salvezza, proprio mentre nella realtà percorreva la difficile strada dell’esilio. Se è così, perché mai, oggi, prendersela con le persone che si danno da fare per guadagnare, avere potere, ecc.? Ognuna di queste persone avrà fatto almeno una volta nella vita l’esperienza della “grazia laica”, e se poi è stata trascinata via dalla corrente dei pensieri consueti, sono convinto che le sarà rimasta impressa nella memoria la dolcezza di quello stato, a cui qualche volta potrà ripensare, mentre si darà da fare per non perdere la corsa per la vita – come se la vita fosse davvero una corsa! -, ripromettendosi un giorno di tornarvi.

Siamo fatti tutti allo stesso modo, sono fatti così anche i sedicenti scrittori. Questi avrebbero il vantaggio di “sostare” più a lungo degli altri, di riflettere più a lungo, o almeno dovrebbe essere così, se non altro perché per scrivere bisogna star seduti. In realtà, anche i sedicenti scrittori non vedono l’ora di “sfondare“; e solo quando si accorgono che tutte le porte sono aperte, solo allora si calmano e ricercano, come tutti gli altri, quello stato di grazia che costituisce il nostro piccolo paradiso terreno. Ma è una cosa che accade molto raramente.

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