Ho partecipato come consulente scientifico a impostare la missione Stella di Mare e reputo che la cosa più importante sia proprio colmare le lacune emotive rispetto a mari e oceani. Ne ho avuto conferma quando ho contribuito alla redazione dell’ambito marino del Programma Nazionale della Ricerca 2021-2027. Il titolo proposto era “Gestione delle risorse marine”: il mare come fornitore di risorse da “gestire”, un supermercato. Lo abbiamo cambiato in: “conoscenza, innovazione tecnologica e gestione sostenibile degli ecosistemi marini.”, ribadendo le tematiche della Missione Stella di Mare e della Transizione Ecologica. Nel Piano Nazionale di Recupero e Resilienza, che in gran parte dovrebbe essere dedicato proprio alla transizione ecologica, c’è una sola voce dedicata agli obiettivi della Missione Stella di Mare, ed è stato necessario esercitare qualche “pressione”, attraverso audizioni in Senato, perché fosse inserita. Rispetto al budget totale, quello dedicato al mare è irrisorio: le tecnologie invece di essere un mezzo sono diventate un fine. Il PNRR ha abbracciato la politica delle Missioni, ma la Missione Stella di Mare non è stata presa in considerazione. Questa disattenzione conferma l’esistenza di lacune emotive riguardo al mare, persino in Italia. Il mare, per noi, significa vacanze. In vacanza si è spensierati, ci si allontana dalla serietà della vita lavorativa, dagli impegni. Finite le vacanze… si torna a lavorare, a fare cose serie che, nella gran parte dei casi, non hanno a che fare con il mare. La percezione è che il mare non sia una cosa seria. Al mare si dedicano molte trasmissioni televisive pomeridiane, di intrattenimento, ma il mare (e l’ambiente) non trova posto nel talk show in cui si affrontano gli argomenti veramente importanti. Ci scandalizziamo per la plastica sulle spiagge, ci commuoviamo se muore la tartaruga, o la balena, ma poi passiamo ad altro e il mare non è mai al primo posto, e neppure al secondo. Le Nazioni Unite dedicano agli oceani il decennio 2021-2030 e parlano di “restauro degli ecosistemi marini”. Si restaura quello che si è rovinato. Senza il mare la vita non è possibile, ma se è necessario ribadirlo ogni volta significa che stentiamo a capirlo. A dimostrazione di questo, nel PNRR il mare quasi non c’è, come se fossimo l’Austria. L’Italia ha un Istituto Nazionale per l’esplorazione dello spazio, ma non c’è un Istituto Nazionale dedicato al mare. Noi che studiamo il mare continuiamo a sbracciarci per ribadirne l’importanza, ma non riusciamo a colmare la lacuna emotiva. Dalla commozione per tartarughe e delfini bisogna passare alla consapevolezza.
[“Il Secolo XIX” del 17 giugno 2021]