Il libro da cui hanno preso le mosse queste riflessioni è un affresco storico e letterario di una cultura meridionale che possiamo considerare alle origini dell’odierno antifascismo. Parlo non solo di idee, ma anche delle persone che incarnarono quelle idee: Alba De Cespedes, per esempio, di cui si occupa Luigi Abiusi; e poi Francesco Jovine, uno dei maggiori interpreti letterari dell’emigrazione italiana, al centro dell’indagine di Roberto Derobertis; e ancora i salentini studiati da Franco Martina nei loro rapporti soprattutto con il pensiero di Benedetto Croce: Vittorio Pagano, Cesare Massa, Cesare Teofilato, Stefano Giordano e Pantaleo Ingusci, per citare solo alcuni. I soliti intellettuali senza seguito, si dirà. No, non è questo che importa, risponde Martina: “La novità era data dalla vastità di quella intellettualità, dalla ricchezza del dibattito che era in grado di sostenere, ma soprattutto dalla sua capacità critica… Questi nuovi intellettuali sono l’ossatura critica della società” (pp. 149-150). Il che conferma l’attualità del loro messaggio e della loro opera antifascista.
La prima parte del libro, quella più lunga (pp. 3-150) contiene anche la ricostruzione del dibattito culturale e politico in Puglia nella fase di passaggio dal fascismo alla Repubblica, che si focalizza intorno a Radio Bari, con il Congresso di Bari del CLN del gennaio 1944 e il Convegno di studi sulla questione meridionale voluto dagli azionisti baresi nel dicembre 1944, gli stessi che diedero vita poi al periodico “Nuovo Risorgimento” (ne parla Vito Antonio Leuzzi); e un’indagine di Luigi Marseglia sul radicalismo e il socialismo di Puglia negli anni Cinquanta. Da notare le pagine in cui lo studioso analizza il dibattito, oggi di grande attualità, sulla laicità dello stato e della scuola pubblica, accentuatosi dopo la vittoria delle elezioni politiche della Democrazia Cristiana il 18 aprile del 1948. I protagonisti qui sono Pietro Lacaita, Tommaso Fiore, Gabriele Pepe, Fabrizio Canfora. Leggendo queste pagine, continuamente viene da chiedersi: oggi, chi, nel nostro Meridione, potrebbe paragonarsi a costoro? Esiste l’eguale nel panorama culturale odierno, in cui l’omologazione di pasoliniana memoria sembra farla da padrone?
Ma mettiamo da parte le inutili querimonie, e avviamoci alla conclusione.
La seconda parte del libro, la più breve (pp. 153-216), contiene tre scritti di critica letteraria dedicati ad altrettanti scrittori del Novecento: Elio Vittorini (Bruno Brunetti), Elsa Morante (Florinda Fusco) e Carlo Emilio Gadda (Giuseppe Bonifacino). Il leitmotiv è sempre la cultura meridionale dei primi due, e l’antifascismo “umorale” e critico del secondo, il gran lombardo, che ebbe la ventura di partecipare e vincere la terza edizione del premio Taranto con un racconto composto nel 1950 dal titolo Prima divisione nella notte. Tre grandi scrittori di rango nazionale ed europeo che fanno della cultura meridionale e antifascista non l’oggetto di una rivendicazione attardata e retrograda, quanto la materia di una rappresentazione critica della realtà, l’unica degna di essere accolta ancor oggi, in un periodo in cui a dominare nella nostra società è il più assoluto conformismo culturale e letterario.
[Sud e cultura antifascista (recensione a Sud e cultura antifascista. Letteratura, riviste, radio, cinema, a cura di Raffaele Cavalluzzi, Progedit, Bari, 2009), “Il Galatino” di venerdì 10 settembre 2010, p. 4.]